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Una ragazza che fa scuola. E’ quella “con l’orecchino di perla” di Jan Vermeer in mostra a Bologna, palazzo Fava, fino al 25 maggio. Un capolavoro di uno dei pittori fiamminghi più conosciuti e riconoscibili. Un’occasione per vedere a distanza ravvicinata questa tela così nota. E anche un’occasione – per chi ama gli accostamenti, le divagazioni e i rimandi – per un piccolo viaggio tra le seguaci di questa fanciulla dipinta o, per usare un linguaggio più attuale, tra le sue follower…

Locandina del film "La ragazza con orecchino perla"
Locandina del film “Girl with pearl earring” in versione originale con Scarlett Johansson e Colin Firth

Come tutte le opere che riescono a raggiungere una fama e una popolarità così vasta, la “Ragazza” diventa icona, prototipo sul quale esercitare fantasia, sogno, indagine e magari anche gioco. Sul suo viso non è arrivato il pennello dadaista di Marcel Duchamp a dissacrare il mito trasformandolo nel simbolo di un movimento artistico di rottura, come è successo con i baffi sulla Gioconda. Ma ci sono tanti lavori e citazioni interessanti, che fanno spaziare i nostri occhi e la nostra immaginazione.

Primo fra tutti i rimandi di questa lista che sarà di per sé parziale e soggettiva è quello doveroso che porta al film intitolato come il quadro, con Scarlett Johansson che incarna la ragazza stessa a distanza di 338 anni (dal 1665 al 2003) impressionando con le sue fattezze la pellicola di Peter Webber. Certamente una ripresa – quella cinematografica, basata sul romanzo omonimo di Tracy Chevalier – che è stata anche fonte di divulgazione tra un pubblico più ampio, che ha esteso il fascino di quel quadro tra tanti spettatori non necessariamente appassionati d’arte e con la capacità di coinvolgimento di massa che solo il cinema sa trasmettere grazie alla sua commistione di immagine, musica, narrazione.

Anomala nella sua forma espressiva e proprio per questo notevole, è la versione commestibile della “Ragazza”, resa dalla blogger norvegese Ida Skivenes. Attraverso Instagram e il suo blog, IdaFrosk si fa conoscere per la sua passione: raccontare i quadri utilizzando il cibo tagliato ad arte sopra una fetta di pane.

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La “Ragazza con l’orecchino di perla” in uno dei panini ad arte della norvegese Ida Skiveness

Ecco quindi il turbante reso con una striscia di formaggio con le tartine usate come se fossero tele, dove gli asparagi possono diventare alberi di Van Gogh e i filetti di peperone rosso, giallo e verde le pennellate dell’Urlo di Munch.

Un’artista-fotografa che parte dai capolavori pittorici per fare una riflessione sugli stereotipi legati alla differenze etniche è invece Elizabeth Kleinveld, che la “Ragazza con l’orecchino” ha voluto re-immaginarla con i lineamenti di una giovane asiatica. Sotto a turbante e velluti assolutamente simili a quelli dell’epoca, il ritratto mostra spiazzanti occhi a mandorla. Questa e altre tele fotografiche sono state esposte in novembre dall’artista statunitense nella galleria Rizzoli di Bologna, quindi a poca distanza dal palazzo che ora ospita la sua illustre antenata.

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La versione fotografica della “Ragazza con l’orecchino di perla” dell’artista statunitense Elizabeth Kleinveld

Da non tralasciare per l’originalità della materia espressiva è infine il lavoro di Marco Sodano, che utilizzando i mattoncini Lego ha fatto ricomparire quella “Ragazza” con una tecnica che esplicita le modalità descrittive del digitale usando le tessere del gioco come macroscopici pixel. Il famoso quadro si riconosce per le forme, ma ovviamente i particolari si perdono nei pezzettini da costruzione. Un lavoro apprezzabile anche per il messaggio che lancia, che è quello che dietro al gioco si nasconde l’anima dell’arte. Perché il divertimento può essere il motore della creatività, la passione e il sogno piccole tessere che danno senso al mosaico della vita.

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Giorgia Mazzotti

Da sempre attenta al rapporto tra parola e immagine, è giornalista professionista. Laurea in Lettere e filosofia e Accademia di belle arti, è autrice di “Breviario della coppia” (Corraini, Mantova 1996), “Tazio Nuvolari. Luoghi e dimore” (Ogni Uomo è Tutti Gli Uomini, Bologna 2012) e del contributo su “La comunicazione, la stampa e l’editoria” in “Arte contemporanea a Ferrara” sull’attività espositiva di Palazzo dei Diamanti 1963-1993 (collana Studi Umanistici Università di Ferrara, Mimesis, Milano 2017). Ha curato la mostra “Gian Pietro Testa, il giornalista che amava dipingere”

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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