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Joan Mirò, massimo esponente del surrealismo e tra i più affascinanti della storia dell’arte moderna, già ospitato a Ferrara a Palazzo Diamanti nel 2008, sarà a Bologna dal prossimo 11 aprile a Palazzo Albergati.

Il “catalano” Mirò non è un artista facile, però piace a tutti.
Non bisognerebbe mai dimenticare che il patrimonio artistico è la testimonianza della genialità di chi ci ha preceduti, e così con una decisione a sorpresa, la Casa d’Aste Christie’s, alcuni anni fa, ha cancellato la vendita di circa 85 opere di Mirò, stimate 36 milioni di euro, che il governo portoghese intendeva mettere all’asta per rattoppare i conti.

Mirò nasce a Barcellona nel 1893 e non ha mai nascosto il profondo attaccamento alla sua terra, alle sue origini, alla sua gente, dando così molta importanza all’arte popolare. “Più una cosa è locale, più è universale”, dichiarava.
Carattere incredibilmente caparbio, esigente, insoddisfatto; un provinciale taciturno, che ogni sera, dopo il lavoro, riordina sempre il suo studio con una meticolosità da artigiano e che si ravvia e veste con cura, come è solito fare in campagna la domenica.

La pittura di Mirò è un intreccio di linee, una superficie a profili incisi con un’impostazione grafica; è chiaramente ludica poiché per il maestro creare è gioco.
Egli conferisce alla realtà una dimensione fantastica e fiabesca calibrando segni grafici, colori e figure elementari; difatti, egli possiede un suo alfabeto personale che consiste in una particolare chiazza rossa, una linea nera, un punto bianco. Benché il punto di partenza della sua pittura rimanga “la scrittura automatica” dei surrealisti, il risultato è un’estrema eleganza decorativa tanto nell’accostamento dei colori quanto nel ritmo delle linee.

Mirò amerà per tutta la vita la musica, soprattutto Bach e Mozart, che gli darà un grande senso del ritmo trasmettendo un’intensa musicalità ai segni e alle linee “che si muovono sinuosi come una danza” in moltissime sue opere.
Era solito affermare che “un quadro deve essere fecondo, deve far nascere il mondo“.
Come tanti altri grandi artisti, anche Mirò attraverserà situazioni di estrema povertà, e poiché la fame può portare alle allucinazioni, a tal proposito raccontava: “Mi è difficile parlare della mia pittura, quando all’epoca (si riferiva agli anni 1925/26 a Parigi) vivevo di un paio di fichi secchi al giorno, ormai ero giunto a disegnare esclusivamente sotto l’influsso di allucinazioni”.

Nella fase finale della sua vita, ha saputo mantenere costante, se non intatta, la forza, l’operosità e la qualità del suo lavoro artistico. Morirà a Palma Di Maiorca nel 1983.
“La semplicità può essere profondità, perché è sintesi di tante esperienze precedenti, fusione di pensiero e di storia e perché nasce dall’eliminazione del superfluo, dalla ricerca essenziale: una lezione, forse ancor più importante, su cui la cultura di oggi farebbe bene a riflettere.”

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Laura Rossi

Curatrice e insegnante d’arte. Ha recensito vari libri e ha collaborato con alcuni mensili curandone la pagina dell’arte come “la cultura e l’arte del Nord-est” e la pagina dell’arte di Sport-Comumi. Ha curato la Galleria Farini di Bologna e tutt’ora dirige e cura a Ferrara la Collezione dello scultore Mario Piva. Ha ricoperto per circa dieci anni la carica di presidente della Nuova Officina Ferrarese, con decine di pittori e scultori fino agli inizi degli anni duemila. Sue critiche d’arte sono pubblicate sul “Dizionario enciclopedico internazionale d’arte contemporanea” 1999/2000

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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