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Da Paolo Giardini

Passeggiando per piazza nei pressi del Palazzo Ducale incontro una mia cugina mentre esce da un negozio. Saluti, effusioni (oltre che simpatica, la cugina è di pregevole fattura), scambio rituale di informazioni familiari e climatiche (l’avvisare chi vive in città, come te, che c’è caldo o freddo).
Il perdurare delle chiacchiere offre alla commessa del negozio l’opportunità di chiedere la cortesia di tener d’occhio la bottega e avvertire eventuali clienti della sua breve assenza, che doveva correre al vicino parcheggio per l’auto dimenticata aperta.
Favore subito concesso. Altrimenti la ragazza sarebbe stata costretta a chiudere l’ingresso ed esporre l’irritante cartello “Torno Subito”, ammesso che ciò sia consentito dalle regole vigenti in quel elegante negozio. Regole comunque diverse da quelle dell’adiacente Palazzo, i cui numerosi dipendenti possono assentarsi per andare con calma in bagno o alla macchina del caffè (e se rovesciano il caffè non sono obbligati a ripulire, che per quel compito c’è la Copma).
Le considerazioni sui lavoratori pubblici richiamano inevitabilmente alla memoria il fenomeno degli assenteisti seriali fra i dipendenti comunali italiani. Ieri i media annunciavano il 50% di assenteisti nel Comune di Frignano, due settimane fa si parlava dei 50 dipendenti del Comune di Piacenza con l’abitudine di timbrare il cartellino ed andarsene per i fatti propri.
Nessuno però nota che il fenomeno dell’assenteismo radicale dimostra che riguarda posti di lavoro fittizi. C’è da scommettere che sia una finzione il “lavoro” assegnato ai 50 impiegati di Piacenza (su 600 complessivi a libro paga in quel Comune), una messinscena, perché in qualsiasi “vero” posto di lavoro l’assenza del lavoratore blocca un processo subito constatato, come per ogni commessa che lascia chiuso il negozio in orario d’apertura.
In tutta evidenza i Comuni hanno troppi impiegati rispetto alle necessità. Piacenza, s’è visto, su 600 dipendenti comunali ne ha almeno 50 in eccesso.
Ferrara invece ha circa 1.300 impiegati comunali, più del doppio di Piacenza. Ma con 30.000 abitanti in più di Piacenza si è certamente superata una soglia critica che obbliga a moltiplicare gli uffici per amministrare l’equivalente di un monopolio nella grandiosità appropriata ai demiurghi finora eletti. Impensabile poi che si sfugga dai lavori fittizi se fuori dal Comune s’estende il deserto.
Per fortuna Ferrara non raggiunge ancora la popolazione di Milano (occorre tempo a Camelot), sennò il Gabinetto del Sindaco invece degli attuali 12 impiegati conterebbe almeno 120 addetti. E 10 dirigenti in più per gestirli.
È ovvio che per le pressanti condizioni di lavoro ci sia assenteismo anche nel Comune di Ferrara, ma fisiologico, sempre provvisto di certificati medici. Sarebbe bene che al raggiungimento di almeno 5 certificati si abiliti il dipendente comunale ferrarese a portare un nastrino analogo a quelli delle uniformi dei distintivi d’onore per ferita di guerra. Perché non si vive di solo pane.
Purtroppo il Tagliani non potrà più ricandidarsi. Peccato! L’età anagrafica gli consentirebbe tranquillamente di arrivare saldo in sella almeno fino al 25 luglio del XXI E.T.

FERRARA 7 luglio 2017 – VIII E.T. (*)

(*) Ottavo Anno dell’Era Tagliani

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Riceviamo e pubblichiamo


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di Piermaria Romani

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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