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Venerino durante un allenamento vicino a Livorno
Venerino durante un allenamento vicino a Livorno

“I marziani siete voi, non io!”. Venerino Tosini, è un arzillo quasi 64enne veneto, incantato dalla vita. “Per la società di oggi, io dovrei stare tutto il tempo in casa a fare il nonno vista l’età che ho: sarebbe il primo passo verso la mia morte… non mi vedo fare il pantofolaio”. La stufa, un grande cavalletto con i suoi prossimi progetti, Venerino è emozionato nel raccontarmi le sue avventure sportive: “Io non sono conosciuto dai giovani, ma nell’87 venne perfino la Rai a seguire le mie imprese”.
Venerino ha una passione smodata per il mare, verso cui sente un richiamo, un impulso che sa che lo porterà in acqua prima che possa pensare di smettere per sempre. “Non c’è posto nel Mediterraneo in cui non abbia nuotato. Ho rispetto per il mare e sono convinto che se lo assecondi possa ‘darti’ più di quanto pensi. Ho potuto ammirare tutte le creature magnifiche che lo popolano e ho anche salvato una murena che, probabilmente su suggestione personale, mi è sembrata girarsi prima di riprendere il largo quasi per ringraziarmi. Le cicatrici di quel salvataggio ancora le porto sulle mani. Durante l’ultima traversata poi ho avuto la fortuna di nuotare ‘scortato’ dai delfini: lì per lì non me ne sono accorto, ma rivendendo le immagini (ogni sua impresa viene documentata, ndr) mi viene la pelle d’oca. Mentre sto nuotando non penso a niente, cerco solo di salvaguardarmi dalle insidie che, comunque, il mare mi porta. Mi sento a mio agio in maniera totale, sono più sicuro di quando attraverso un passaggio pedonale”, scherza.

Tutto cominciò quando aveva 6-7 anni e, avendo meno vantaggi di adesso, l’unica opportunità di nuotare era uno scolo vicino casa sua, uno dei tanti canali che innervano le campagne della Pianura Padana. In particolare, è ancora nitido un ricordo con i suoi genitori: “come ogni bambino ero molto curioso di ciò che mi circondava, così chiesi a mia madre cosa ci fosse dopo il mare. Lei mi rispose “mare!”, io incalzai: “e poi?” e lei: “ancora mare, ma molto più in là c’è la terra”. Probabilmente quella fu la scintilla che innescò in me la voglia di voler raggiungere quella terra.” Con il tempo si è talmente appassionato che si è ritrovato ad allenarsi nel Po due-tre volte la settimana.
Le traversate compiute sono tantissime, in particolare l’ultima, ricca di esperienze altalenanti: “Il 29 agosto ho nuotato per più di 23 ore da Bastia (Corsica, ndr) fino a Chiessi (LI). l’impresa è stata finanziata interamente dal sottoscritto, facendo anche accordi con la capitaneria di porto francese per farmi partire e con un medico affinché mi seguisse per le prime cinque miglia: di lì in poi saremmo stati io e il mare. Con una barca di appoggio ha  partecipato anche Raffaele Veneziano. l’ex skipper di Mascalzone Latino”. “E’ indescrivibile ciò che si prova stando per tutto quel tempo con la testa sott’acqua – continua Venerino – nuoto con la musica nelle orecchie a volume da discoteca, con cuffie stagne fatte su misura per me e non sento nessun altro rumore. Bisogna idratarsi spesso perché si suda molto e, ogni ora e un quarto, mangiare qualcosa. A molti dei ragazzi di oggi, come me molto tempo fa d’altronde, credo manchino le motivazioni. Il desiderio di lasciare è passato per la testa anche a me: sei stanco, ti chiedi se non sia meglio tornare all’altra sponda in barca, molto più comodamente. Poi però ti ricordi chi sei e decidi di andare fino in fondo con lo spirito vincente che mi contraddistingue. Una traversata del genere la si porta a termine con la testa ancor di più che con il fisico: momento dopo momento sai che ti stai avvicinando al traguardo.” Momenti di sconforto e paura ce ne sono stati comunque, come quando a un certo punto si è ritrovato da solo in mezzo al mare: “la barca di appoggio aveva spento il faro che illuminava nelle vicinanze poiché mi dava molto fastidio durante le bracciate. In quel momento, prendendo fiato, ho capito che ero da solo: le pulsazioni del mio cuore erano a 200 e la paura era senz’altro tanta. Sapevo che se non mi avessero ritrovato subito, sarei morto sicuramente. Come fai a ritrovare una persona in piena notte in mare aperto? Sono stati i due minuti più lunghi della mia vita”. Sensazioni negative che si sono riproposte per ben due volte, per fortuna conclusesi con il ritrovamento del natatore.
Il mare come una seconda casa, le traversate le sue sfide più grandi: “La gente non classifica le traversate in mare come uno sport e quindi tende a snobbarmi, a darmi del marziano per quello che faccio. Per me i marziani sono coloro che non conoscono le meravigliose isole del nostro Paese. L’unico pubblico che ho sono le navi che passano a pochi metri di distanza da me. Anche la stampa italiana già da un paio di anni non mi considera più, mentre all’estero le mie imprese hanno avuto risonanza. Sono uno dei più vecchi nuotatori in circolazione al mondo, per quello che per me è un hobby quest’anno ho fatto 1200 km d’allenamento a nuoto più 18 mila in bicicletta. Che dici, sono vecchio? Come dico ai ragazzi che incontro e mi conoscono: nel mare e sulla bici non si spende niente e ci si tiene in forma”.
In quest’excursus di emozioni positive ci sono stati anche momenti di sconforto: “la morte l’ho conosciuta un paio di volte, son sincero. Una volta mi sono ritrovato da solo con mare forza 3, senza una pinna, totalmente in balia delle onde poiché avevo deciso di fare la traversata senza nessun supporto. Ritrovare la strada verso l’altra sponda è stato veramente complicato. Un’altra volta, invece, facendo allenamento lungo la costa dei lidi ferraresi, è calata di colpo la nebbia e avevo perso il senso dell’orientamento: quando mi hanno ritrovato ero messo male. Altre quattro o cinque ore e sarei morto disidratato”. L’esperienza per eccellenza però è stata quella che ha  portato Venerino sulle coste croate: “La traversata è durata 41 ore. Tutto procedeva bene, quando all’improvviso due tonni si sono schiantati contro la mia spalla. Dolore fortissimo e successivo collasso per le tre ore successive. Dopo essermi ripreso, spronato dai medici che mi seguivano – quella volta avevo la sensazione di essere in piscina per quanto era sicura quella traversata – ho raggiunto la meta”.
In un futuro prossimo gli piacerebbe accompagnare i nipoti o altri ragazzi a percorrere qualche distanza in acqua o in bicicletta, altra passione smodata: “Con 10% di pendenza ho raggiunto i 107.5 km/h!”. La sua famiglia non è convinta di queste sue scelte: “mia figlia non vuole che faccia le traversate, infatti l’ultima l’ho fatta di nascosto e si è arrabbiata molto quando l’ha saputo, mentre mia moglie sa i fatti prima degli altri e manda giù diversi bocconi amari. Soffre in silenzio, ma sa che non sarei contento senza fare nulla”.
Durante l’ultimo arrivo, la musica che lo spingeva verso il traguardo era la storica “Who wants to live forever” dei Queen. A questa domanda, Venerino Tosini, sembra rispondere “presente” e aggiunge “è stata una sensazione planetaria”.

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Alessio Pugliese


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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