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da: ufficio Comunicazione ed Eventi Unife

Che cosa succede quando un genetista lavora con storici, filologi, archeologi, e persino con un vescovo? Quando, per fare il suo mestiere, deve rischiare la vita nel deserto siriano? L’avventura di uno scienziato alle prese con un caso eccezionale: la ricognizione delle reliquie di San Luca evangelista.

Un enigma tutto da risolvere, attraverso il resoconto di una ricerca storico-genetica molto particolare, ovvero cercare di capire se le reliquie, conservate a Padova in un antico sarcofago da oltre 800 anni, possano almeno ipoteticamente essere o meno quelle di San Luca evangelista, morto a Tebe in età avanzata intorno al 150 d.C. come vuole la tradizione.

Ci svelerà solo alcuni dei tanti passaggi di mistero di questa straordinaria avventura, avvolta in un alone misto di suspense, curiosità e scienza, Guido Barbujani, genetista e docente del Dipartimento di Scienze della vita e biotecnologie di Unife, sabato 29 marzo alle 18, nella libreria ibs.it (p.zza Trento e Trieste – Ferrara), nel corso della presentazione del suo ultimo libro Lascia stare i santi. Una storia di reliquie e di scienziati (Einaudi, 2014), dialogando con Paola Spinozzi, docente di Letteratura inglese di Unife.

Eccone alcuni assaggi.

Il 17 settembre del 1998, nella basilica di Santa Giustina a Padova, un piccolo gruppo di studiosi assiste all’apertura di una cassa di piombo, sigillata da oltre 500 anni. Dentro ci sono i resti di uno scheletro senza testa, di un uomo vissuto nel I secolo. La sua identità, attribuita dalla tradizione va verificata dalla scienza: sono davvero i resti di San Luca evangelista? O la reliquia autentica è custodita altrove? La risoluzione dell’enigma è affidata dal vescovo a storici, filologi, archeologi, e infine – fra pochi scienziati in un mare di umanisti – al professor Guido Barbujani, chiamato ad analizzare il Dna dello scheletro e a sancirne la compatibilità con le tramandate origini del santo.

Un’avventura inconsueta e, al tempo stesso divertente: un lungo viaggio, non soltanto intellettuale, che porterà Barbujani – e i lettori con lui – fino in Siria, ad Aleppo, città millenaria, tra colonnelli corrotti, campioni di sangue clandestini e inconvenienti climatici. Ma anche nei recessi, a volte prosaici, a volte entusiasmanti del lavoro dello scienziato, tra congressi e luminari geniali.

Una vicenda affascinante, sul confine tra Oriente e Occidente, ma anche su quello tra cultura umanistica e scientifica, ove la penna del Barbujani scienziato si confonde con quella, estremamente abile, del narratore.

LASCIA STARE I SANTI. UNA STORIA DI RELIQUIE E DI SCIENZIATI

Sabato 29 marzo a ibs.it l’autore Guido Barbujani
dialoga con Paola Spinozzi

L’evento si configura come il quarto appuntamento di “Unife in libreria”, il nuovo ciclo di incontri con l’autore a cura dell’Ufficio Comunicazione ed Eventi di Unife, rivolto a tutta la comunità universitaria e non solo, che prosegue e consolida un già avviato rapporto di collaborazione con le librerie cittadine, con l’intento di valorizzare le relazioni tra Università e sistema- città, nell’ottica di Ferrara città universitaria.

“Unife in libreria” proseguirà con:

Venerdì 18 aprile, ore 18, presentazione del volume di Chiara Ceci, Emma Wedgwood Darwin. Ritratto di una vita, evoluzione di un’epoca (Sironi Editori). Dialoga con l’autore Maria Grazia Campantico (nell’ambito del ciclo di appuntamenti scientifici I Venerdì dell’Universo).

Guido Barbujani, genetista delle popolazioni, è Ordinario del Dipartimento di Scienze della vita e biotecnologia dell’Università di Ferrara. Nei suoi studi piú recenti, si è occupato di Dnaantico nell’uomo di Cro-Magnon, negli etruschi e nei nuragici. Ha pubblicato i romanzi Dilettanti (Marsilio, 1993), Dopoguerra (Sironi, 2002), Questione di razza (Mondadori, 2003), Morti e sepolti (Bompiani, 2010) e i saggi L’invenzione delle razze (Bompiani 2006), Europei senza se e senza ma (Bompiani 2008) e, con Pietro Cheli, Sono razzista e me ne vanto (Laterza, 2008).

Paola Spinozzi è docente di Letteratura Inglese del Dipartimento di Studi umanistici dell’Università di Ferrara. I suoi interessi di ricerca includono le teorie e le metodologie di comparazione fra la letteratura e le arti visive; la retorica della scienza; le rappresentazioni letterarie, la narrazione e la divulgazione di teorie scientifiche; l’utopia come genere letterario e l’utopismo. È autrice di Sopra il reale. Osmosi interartistiche nel Preraffaellitismo e nel Simbolismo inglese (2005) e di The Germ. Origins and Progenies of Pre-Raphaelite Interart Aesthetics (2012, con E. Bizzotto). É curatrice di Origins as a Paradigm in the Sciences and in the Humanities (2010, con A. Zironi), Discourses and Narrations in the Biosciences (2011, con B. Hurwitz), Histoire transnationale de l’utopie littéraire et de l’utopisme (Paris: Champion, 2008, con V. Fortunati e R. Trousson

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UNIVERSITA’ DI FERRARA


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

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