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di Linda Ceola

Si può mentire con le fotografie. Si può persino dire la verità, per quanto ciò sia estremamente difficile. Il luogo comune vuole che la fotografia sia specchio del mondo ed io credo occorra rovesciarlo: il mondo è lo specchio del fotografo. (Ferdinando Scianna)

C’è un nuovo festival di fotografia a Ferrara: il suo nome è ‘Riaperture’. Riapriranno, infatti, sette spazi chiusi da lungo tempo per far entrare una ventata di progetti fotografici di rilievo realizzati da fotografi italiani e non. L’intento è risvegliare questi luoghi assopiti attraverso una tecnica d’indagine della realtà come la fotografia. Dal 17 al 19 marzo il pubblico avrà la possibilità non solo di vivere un weekend fotografico, arricchito da workshop, letture portfolio, reading, visite guidate e laboratori per bambini, ma anche di esplorare con altri occhi, posti visti sempre chiusi o dismessi, ribaltandone la prospettiva d’osservazione, fra cui il giardino segreto di casa Romei, l’auditorium Frescobaldi, il palazzo Prosperi Sacrati… L’associazione Riaperture e l’omonimo festival attivano così un processo possibile di rigenerazione urbana, sollecitando nel pubblico uno sguardo d’insieme. Prima che questi ‘luoghi comuni’, tema di questa edizione d’esordio, vengano sovvertiti dalla fotografia è doveroso soffermarsi sulle spoglie del loro passato, a cominciare dalla fucina in cui il festival è stato forgiato.

Si tratta dell’Ex Comando dei Vigili del Fuoco di Ferrara, situato nell’area compresa tra via Ortigara e via Poledrelli a ridosso delle mura cittadine, inaugurato nel 1930 e sorto su un’area fino al 1859 occupata da una fortezza. Nel 2004 a seguito della costruzione di una nuova caserma, viene abbandonato senza suscitare più grande interesse, finchè un giorno la Provincia incontra l’Associazione no profit Grisù e, fiera del progetto proposto da quest’ultima, rinuncia alla vendita e stipula un contratto di comodato d’uso gratuito e precario di cinque anni. Il nome, chiesto in prestito ai fratelli Pagot, cela la storia del draghetto progressista Grisù che, ultimogenito di una lunga stirpe di avvampatori, sogna di fare il pompiere. Il fuoco creativo di Grisù spinge così le aziende associate e quelle che verranno, a prendersi cura degli spazi occupati, nell’intento di dare vità ad un coworking aperto all’organizzazione di workshop formativi e dialogante con il mondo universitario, nonché in grado di innescare rapporti tra eccellenze locali e internazionali. Lunga vita alla Factory Grisù dunque, che in questa occasione ospiterà i progetti fotografici di Francesca Iovene e Massimo Mastrorillo, rispettivamente ‘Il profilo dell’intorno’ e ‘Aliqual’, nonché le fotografie dei vincitori del concorso nazionale, selezionati da una giuria guidata da Mustafa Sabbagh, fotografo e artista di origini italo-palestinesi che vive a Ferrara.
All’incrocio tra Corso Isonzo e via Cassoli si trova il secondo spazio espositivo, che affonda le proprie radici nel 1920, anno in cui il Consiglio Comunale approva lo Statuto dell’Istituto Autonomo per le Case Popolari ed Economiche di Ferrara, riconoscendolo come Ente Morale. L’attività, inizialmente concentrata nel capoluogo di Ferrara, aveva originariamente sede proprio in Corso Isonzo 10. A partire dal 1938 si estende alla provincia e assume proporzioni più vaste dopo la guerra, impegnandosi a ricostruire il patrimonio immobiliare danneggiato e provvedendo alla costruzione di abitazioni per i senza tetto e i sinistrati. Nel 1970 l’ufficio principale viene svuotato e spostato in Corso Vittorio Veneto 7. L’edificio di fatto non ha un valore storico, che richiederebbe una diversa tutela, ma resta il simbolo dell’impegno dello Iacp nel dare alloggio a chi ne aveva maggiormente bisogno in accordo con la pubblica amministrazione. Attualmente lo spazio di Corso Isonzo 10, che sarà accessibile al pubblico di ‘Riaperture’, è di proprietà di Acer, Azienda Casa Emilia Romagna, ed è in vendita. Qui i fruitori del festival troveranno ben quattro mostre fotografiche: ‘I must have been blind’ di Simone D’Angelo, ‘Per Strada’ di Luis Leite e ‘Sempre si vince’ di Barbara Baiocchi. Saranno inoltre presenti le foto vincitrici del concorso che ha coinvolto le scuole superiori di Ferrara il quale, organizzato in collaborazione con EmilBanca, prevedeva l’invio di scatti esclusivamente fatti con il cellulare.

Proseguendo il nostro cammino verso il centro della città si giunge in via Garibaldi 1, questa volta un semplice spazio che ha visto il susseguirsi nel tempo di molteplici attività commerciali senza esiti a lungo termine. Nonostante sia collocato in prossimità di piazza Municipale, quindi pienamente inserito nel contesto urbano del centro storico, risulta attualmente sfitto. ‘Riaperture’ gli darà una visibilità tutta nuova attraverso ‘What?’ di Danilo Garcia Di Meo e ‘Perdita d’identità’ di Luana Rigolli. Il progetto fotografico di Danilo, dedicato ad una ragazza pugile sorda, ha suscitato nell’associazione organizzatrice il desiderio, degno di nota, di coinvolgere l’Acis, a sua volta Associazione Culturale d’Integrazione dei Sordi che presenzierà in sede espositiva. Questa e la Factory Grisù saranno le due biglietterie del festival.

Dirigendosi verso il Castello, aldilà di Corso Giovecca ci si imbatte nell’Auditorium del Conservatorio Frescobaldi, accessibile da piazzetta Sant’Anna, il cui nome subito riporta a galla le origini di questo luogo ideato dall’ingegnere comunale Carlo Savonuzzi ed eretto tra il 1935 e il 1939 sui resti dell’ex ospedale cittadino Sant’Anna. Risale al 1440 la bolla pontificia di Papa Eugenio IV che incarica il vescovo Tavelli della costruzione di un ospedale. Ma facciamo ancora un passo indietro. Nel lontano 1304 un gruppo di frati francescani costruisce un convento dedicando un oratorio a Sant’Anna. Successivamente l’antico monastero viene occupato da frati agostiniani provenienti dall’Armenia che pare non si siano comportati bene, dando l’opportunità al vescovo Tavelli di sopprimere l’ordine religioso erigendo il nosocomio richiesto. Ecco che nel 1445 Ferrara vede la nascita di un ospedale che acquisisce di lì a poco grande importanza. Nel 1927 lo spostamento di quest’ultimo nella nuova sede ubicata in Corso Giovecca, porta alla demolizione degli edifici ad esso appartenenti, ad esclusione della facciata monumentale con l’annesso portico in Piazzetta Sant’Anna e dei sotterranei, nei quali si trova la cella del Tasso, in cui pare che il poeta sia stato rinchiuso per volere del Duca Alfonso II d’Este dal 1579 al 1586 per aver inveito contro la Corte Ducale alle nozze dello stesso in uno scatto d’ira. L’azione in realtà premeditata aveva come obiettivo quello di proteggere il Tasso dall’Inquisizione. Nel 1977 l’Auditorium del Savonuzzi, che come abbiamo detto riporta ancora tracce dell’antico ospedale, viene chiuso in quanto vengono rilevate cospicue quantità di amianto, mescolate alla malta per l’intonaco, di cui allora si conoscevano solo le grandiose capacità fonoassorbenti ma non i cancerogeni effetti. Oggi si presenta privo di danni strutturali, ma bisognoso di un serio intervento di messa a punto per poterne sfruttare le potenzialità. In collaborazione con Spazio Gerra, ‘Riaperture’ ospita qui ‘Disco Emilia’, un viaggio nelle discoteche emiliane attraverso gli scatti di Gabriele Basilico, Andrea Amadasi, Hyena e Arianna Lerussi.

Non gode di altrettanta salute strutturale un luogo espositivo di grande fascino, che verrà aperto in via eccezionale: Palazzo Prosperi Sacrati, in Corso Ercole I d’Este 23. Dirimpettaio di Palazzo Diamanti rientra nell’area dell’Addizione Erculea, ossia un intervento urbanistico messo in atto in città tra la fine del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento. Costruito per volere di Federico da Castello, archiatra di Ercole I d’Este, assume presto l’aspetto di una dimora principesca e vede anche la partecipazione del noto Biagio Rossetti, il cui imponente portone d’ingresso è continuamente oggetto di attenzioni non solo per i ferraresi ma anche per i turisti di passaggio. La sua bellezza è inconfondibile. Innumerevoli stampe e documenti attestano la vastità originaria dello spazio, arricchito da orti ed estesi giardini, purtroppo sacrificati nel tempo nel susseguirsi di numerosi proprietari. Ultimi i conti Prosperi, di antiche origini lucchesi, che al principio degli anni Trenta del Novecento cedono allo Stato il palazzo rinascimentale riscattato dal Comune di Ferrara nel 1997. Tra il 2007 e il 2009 la Soprintendenza ai Beni Culturali si è impegnata nel restauro dei piani nobili, che erano stati adibiti ad alloggi per gli ufficiali dell’aviazione durante la guerra. Interventi rilevanti che non hanno ciononostante reso agibile lo spazio. ‘Riaperture’, auspicando una futura rianimazione di questo posto spettacolare, colloca qui ‘Le Ville Noire’ di Giovanni Troilo, progetto fotografico suggestivo, vincitore nel 2015 del Sony World Photography Awards.

Foto di Giacomo Brini [Clicca sulle immagini per ingrandirle]

Tornando verso il centro della città il festival ci conduce in via Ragno 37, storico punto di aggregazione giovanile situato nel ghetto ebraico di Ferrara, che per anni fu sede del Clandestino Pub, legato al Cinema Apollo per la vicinanza. Da qualche tempo l’attività si è spostata di qualche civico più in là, attivando nel frattempo una serie di lavori di trasformazione dello spazio abbandonato per renderlo utilizzabile come satellite della sede principale, nell’intento di rigenerare una delle vie storiche del quartiere ebraico. L’ospite di ‘Riaperture’ sarà in questo caso Sara Munari, docente presso l’Istituto Italiano di Fotografia che non a caso darà visibilità all’invisibile attraverso ‘P|P|P| Place Planner Project’.

Ultimo ma non ultimo è il giardino segreto di Casa Romei, esempio di architettura collocabile a cavallo tra il Cinquecento e il Seicento, che coniuga elementi medievali e rinascimentali. Voluta dal mercante Giovanni Romei, viene successivamente ampliata e abbellita per celebrare le sue nozze con Polissena d’Este, figlia naturale di Meliaduse, il primo dei numerosi figli illegittimi di Nicolò III d’Este. La futura sposa è nipote del duca Borso d’Este e suo padre costretto, suo malgrado, alla carriera ecclesiastica è un personaggio di spicco della corte. Giovanni Romei attratto dall’ambiente aristocratico, si impegna così nella predisposizione di un ambiente raffinato, affinchè Polissena possa trovarsi a suo agio. Compaiono così gli affreschi della Sala della Sibille, dodici profetesse in piedi all’interno di un roseto che mostrano i cartigli con le profezie sulla venuta di Cristo, lo Studiolo, nonché decorazioni fiorite correnti lungo le pareti dei loggiati del piano nobile. L’edificio incorpora in seguito anche l’attiguo Convento del Corpus Domini strettamente legato agli Estensi, il cui emblema compare visibilmente nel Salone d’Onore. Soppresso il convento nel 1898 l’edificio diventa proprietà demaniale. Abbandonato per lungo tempo torna a fiorire con la nascita del museo nel 1953, custode di numerose raccolte di resti lapidari e affreschi, staccati da alcune chiese demolite a Ferrara, come Sant’Andrea e Santa Caterina Martire. ‘Riaperture’ spalanca le porte del chiostro privato dei Romei (di recente reso sporadicamente visitabile grazie al Gruppo Archeologico Ferrarese), usato come ambiente esclusivamente familiare, non appartenente al consueto percorso museale, perciò eccezionalmente fruibile. L’intimo progetto fotografico di Giovanni Cocco, ‘Monia’, dedicato alla sorella disabile trova l’atmosfera perfetta proprio in questa sede.

Si chiude qui il cerchio di una ricca e feconda serie di riaperture. Attraverso il ri-utilizzo temporaneo di questi spazi l’associazione organizzatrice non si limita a ‘contaminare’ il contesto urbano, esportando progetti artistici in luoghi di natura non espositiva, bensì attribuisce un valore potenziale di rinascita non solo all’immobile in sé, ma al luogo in cui è inserito e alla comunità che lo vive e lo attraversa.
Mancare a questo appuntamento sembra proprio essere un peccato. Le attività aggiuntive, numerose e accattivanti sono disponibili sia sul sito web di ‘Riaperture’ sia sull’omonima pagina Facebook.

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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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