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SEGUE – ‘L’unica cosa che vorremmo sarebbe un ritorno al passato’, dice Ariberto Felletti, presidente della cooperativa Piccola e Grande Pesca di Porto Garibaldi, che gestisce il mercato ittico. Nella primavera del 2013 Felletti aveva segnalato con una lettera alle associazioni ambientaliste e a quelle di categoria, alla Procura di Ferrara, a Ispra, alle istituzioni (dai ministeri fino agli assessorati regionali e al Comune di Comacchio), la difficile situazione: un calo vertiginoso del pescato, a suo avviso connesso all’attività del rigassificatore.
La colpa? ‘Acqua troppo fredda ributtata in mare, inconciliabile con le abitudini dei pesci’. Conclusioni smentite da Adriatic, forte dei dati certificati e dal fatto che in un centinaio di metri la temperatura ritorna come prima della lavorazione. Felletti si trincera dietro i numeri: nel 2005 le catture ammontavano a 822 tonnellate per passare alle 431 del 2012. Risultato: fatturato in discesa e guadagno netto passato da 3 a 2 milioni di euro. ‘Senza contare – dice – la cassa integrazione per una parte del personale’. Da allora le cose sono immutate.

Felletti: “Silenzio dalle istituzioni su quanto sta accadendo”

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La segnalazione dei rischi connessi alle attività del rigassificatore è partita dalla coop Piccola e grande pesca di Porto Garibaldi

‘Il pesce continua a non esserci, l’unica eccezione sono le canocchie, non è cambiato nulla – spiega – Ma soprattutto non abbiamo avuto risposte istituzionali sulle ragioni di quanto sta accadendo’. D’altra parte sui guai del mare galleggiano un bel po’ di interrogativi, sostiene, non ultimo quello legato alla moria di pesci e granchi e al conseguente divieto di balneazione dei primi di agosto. Ci sono stati prelievi immediati di Arpa e Ausl. Si è parlato di anossia, di fughe dal depuratore, di scarichi a cielo aperto. Ma la causa di quanto è accaduto resta un mistero. Che preoccupa anche gli imprenditori del turismo.

Anche Goletta Verde invoca chiarezza
Il 26 giugno del 2013 Goletta Verde, storica imbarcazione di Legambiente ha fatto tappa a Porto Garibaldi. Si è parlato della crisi della marineria comacchiese e delle preoccupazioni dei pescatori sul rigassificatore tanto che il 19 luglio Legambiente ha scritto alla Regione Emilia-Romagna e a Ispra per saperne di più. ‘E’ evidente che il problema del forte declino del pescato ha molte cause, a cominciare dall’eccessiva pressione ittica del passato –  precisava Lorenzo Frattini, presidente di Legambiente Emilia Romagna – La questione richiede prima di tutto una riforma del settore e una maggiore consapevolezza dei consumatori. Tuttavia è bene verificare i possibili effetti negativi derivanti dall’entrata in funzione dell’impianto di Porto Viro, non solo sul comparto ittico ma sugli ecosistemi marini in generale.  Attendiamo quindi i risultati di queste indagini’. I dati, difficili da interpretare per i non addetti ai lavori, sono pubblicati sul portale della Provincia di Rovigo…

Un progetto accompagnato da investimenti sul territorio
Sul caso del rigassificatore Vanni Destro del Movimento 5 Stelle del Polesine, ambientalista convinto, ricorda. ‘Poco dopo la metà degli anni ’90, quando si è cominciato a parlarne si faceva riferimento a una produttività di 4 miliardi di metri cubi l’anno, solo in un secondo momento è stata raddoppiata la posta’. L’accoglienza al progetto non era stata delle migliori. ‘In quel periodo ci fu una protesta civile ma più avanti, quando sono andate abbozzandosi le compensazioni finanziarie, il fronte del no di cui facevano parte alcune pubbliche amministrazioni, si è sciolto insieme a dubbi e paure dei rischi ambientali’. L’idea di ospitare il terminal risale al 1995 e si rispecchia nel Patto Territoriale ‘Progetto impresa Rovigo – Europa’, approvato e coofinanziato con decreto ministeriale a gennaio 1999, si legge nel sito del Consorzio di Sviluppo del Polesine il trait d’unione tra Adriatic, i Comuni, gli enti e le associazioni di categoria. Ci fu la volontà di favorire l’insediamento dell’impianto per l’importanza dell’investimento e per collegarsi alla riconversione della centrale termoelettrica di Polesine Camerini.pesca-comacchio
Nel 2005 il titolare del progetto del terminal, dapprima Edison poi Adriatic Lng, dopo aver ottenuto altri contributi dal Ministero delle Attività Produttive nell’ambito di un contratto di programma, intraprese la fase delle autorizzazioni.

Un consorzio distribuisce il denaro
Dalla fase delle autorizzazioni all’accordo con cui sono previste anche le compensazione per chi è stato interessato dalle necessità del terminal sono passati tre anni. Nel 2008 ConSviPo, Provincia di Rovigo e Edison – Adriatic Lng firmano il documento davanti al notaio. Ne scaturisce un fondo del valore di 12milioni e 100 mila euro gestito dal Consorzio cui spetta il compito di gestire il denaro per coprire le compensazioni, le esigenze di riequilibrio ambientale, favorire lo sviluppo socio economico e la promozione dell’area di Adria, dei Comuni di Papozze, Porto Viro, Rosolina, Porto Tolle e Taglio di Po. L’accordo prevede inoltre l’impegno di Adriatic di presentare sul monitoraggio ambientale nei cinque anni successi all’apertura dell’impianto.
Tra gli altri 174mila e 410mila euro, sono andati a Loreo e Porto Viro, dentro i cui confini passa il gasdotto di collegamento tra il terminal e Cavarzere, da dove il gas riparte per l’impianto di stoccaggio di Minerbio in provincia di Bologna, il più capiente del nord Italia. A distribuire il denaro ci pensa il consorzio al quale vanno 1 milione e 500 mila euro per cofinanziare iniziative sostenute dalle istituzioni, dal peso sociale significativo per le comunità. Un milione di euro, tanto per fare un esempio, è riservato al Parco del Delta del Po per contribuire alla sua valorizzazione con progetti sposati soprattutto dall’Europa. Adriatic in questi anni ha stretto un rapporto con le comunità sponsorizzando manifestazioni culturali, sportive, scientifiche per 700 mila euro, lavora con 59 imprese locali e ha investito in Veneto 250 milioni di euro grazie ai contratti sottoscritti con le aziende del posto. Per il terminal lavorano 125 persone il 60 per cento delle quali è veneta.

“Il ‘terminal’ ha dato impulso all’economia locale”

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Angelo Zanellato, presidente del consorzio ConSviPo

‘Il terminal ha rimesso in moto l’economia’, dice Angelo Zanellato presidente del ConSviPo. ‘Noi siamo la garanzia tra l’impresa e il territorio – spiega – Siamo stati i primi a segnalare le schiume, non abbiamo alcun interesse a che l’ambiente si deteriori, bensì il contrario’. Il terminal ha portato dei miglioramenti anche per i pescatori. ‘Faccio un esempio, si è potuti intervenire sul costo del gasolio facendoli risparmiare qualche euro, il che non guasta, almeno li mettono in tasca – continua – siamo intervenuti per sostenere il ristoro dei danni da mareggiate e far fronte a quelli da asfissia in laguna e finanziamo tanti altri progetti utili al mondo della pesca a cui sono riservati 250mila euro’. Fare di più e di meglio si potrebbe, ne è convinto, se solo si disponesse di una struttura locale per le analisi marine, più vicina alle esigenze del mondo della pesca. ‘Si sarebbero risparmiati soldi, lungaggini e in caso di problemi si interverrebbe con una maggior celerità. Anche nelle risposte’.

Milioni di euro per il piano di monitoraggio
Il piano di monitoraggio di Ispra autorizzato dal ministero dell’Ambiente, in acqua quanto in aria, richiede alla multinazionale un impegno economico milionario. ‘Sono due milioni l’anno – dice Zanellato – Sarebbe forse meno dispendioso e più vantaggioso creare una squadra di ricercatori delle Università di Padova, Venezia e Ferrara’. L’obiettivo è fare chiarezza sui problemi di mare, lagune e ‘magari maturare qualche idea migliorativa per affrontare il futuro. Invece siamo un ente che rischia di sparire’. Apre il computer e sulla carta marittima appaiono due puntini cerchiati a una distanza a metà tra il terminal e la costa. ‘Sono una stazione merci e una centrale off shore di Enel – dice – potrebbero rosicchiare altre miglia di mare alla pesca, senza contare che il traffico di navi sarebbe inconciliabile con l’attività delle imbarcazioni da pesca. Abbiamo suggerito di allineare la stazione al terminal, così da liberare spazio’. Come dire, ConSviPo conosce i problemi del Polesine e media con i gruppi imprenditoriali autorizzati dallo Stato perché il territorio benefici della loro presenza. Cosa succederà se dovesse decadere?

Un polo industriale marino di fronte al Delta del Po

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Il sindaco di Comacchio, Marco Fabbri

Il mare sui cui affacciano i comuni del Delta sembra sul punto di trasformarsi in un polo industriale off shore. E’ questione di programmazione. Ma cosa ne pensa il Parco del Delta del Po Veneto per il quale si sta chiedendo da più parti l’unificazione all’altro versante? ‘Non è nostro compito dare alcuna valutazione, per tanto neppure ci esprimiamo – taglia corto Marco Gottardi direttore dell’ente regionale – Quanto al rigassificatore la legge non ci dà alcuna competenza sul mare’.
E’ cauto ma convinto dell’importanza di un supplemento d’indagine sulla relazione tra ecosistema e rigassificatore, Marco Fabbri sindaco Cinque stelle di Comacchio. Da tempo la città lagunare attende risposte ufficiali sull’impatto ambientale del rigassificatore, le aspetta dall’assessore regionale dell’Emilia-Romagna all’Agricoltura e alla pesca, Tiberio Rabboni, che a sua volta le attende dal Ministero dell’Ambiente. Mentre non le avrà più l’ex parlamentare radicale Elisabetta Zamparutti, promotrice durante la precedente legislatura di un’interrogazione sul rigassificatore a tre ministeri, Agricoltura e pesca, Sviluppo economico e Ambiente allora retto da Clini. Le domande, sempre quelle, opportunità di approfondire lo spettro delle analisi e di valutare la lavorazione a ciclo chiuso nell’interesse del mare e, di conseguenza, dei pescatori che ne traggono il proprio sostentamento. ‘Ho presentato cinque solleciti, ma non ho avuto alcuna risposta’, ricorda.

“Il problema è l’ammanco di uova di pesce. Bisogna capire da cosa dipende”
Comacchio le risposte istituzionali le ha cercate in ogni direzione. Anche a Roma. Nel frattempo i dati settembrini dell’ultimo monitoraggio di Ispra sono comparsi sul sito della Provincia e, per un po’, sono rimasti confinati nel Veneto. ‘Oggi abbiamo degli indizi, degli elementi e degli eventi correlati che rimarcano la necessità di un chiarimento scientifico. Per la nostra salute e l’economia del Comune centrata su pesca e turismo, ma anche per il Parco del Delta del Po della cui interregionalità si sta ragionando – dice il sindaco Fabbri – L’impianto di Porto Viro è fuori dai confini della biosfera protetta, ma non è lontano. Non si può dimenticare la delicatezza di un’area unica d’importanza Unesco’. Carla Ferrari, direttrice di Daphne la struttura oceanografica di Arpa Emilia-Romagna è a sua volta in attesa di risposte ufficiali. ‘Ancora oggi continuo a non avere conoscenza degli effetti del rigassificatore sull’habitat marino. Non ho visto alcun numero – dice – Sono convinta dell’importanza di conoscere le cose, perché l’impianto opera in un’area dai livelli trofici elevati, è quindi indispensabile verificare eventuali impatti che potrebbero avere riflessi negativi sulla produttività’.
pesca- comacchioDice qualcosa di più il biologo Carlo Franzosini del Wwf di Trieste: ‘La questione non è quanto si spende per i monitoraggi, ma cosa si cerca e in che modo – dice – tra i tanti dati messi a disposizione finora c’è l’indicazione di un ammanco di uova di pesce, è li che vanno approfondite le indagini per sapere quante ne ne vengono ingoiate e distrutte durate la rigassificazione. Ad approfondire la ricerca è bene sia un ente super partes, pagato da Adriatic e scelto di comune accordo con i pescatori. A quel punto Ispra potrà, in un secondo momento, convalidare i dati’. E ancora: ‘Nelle valutazioni di Ispra, confrontando le concentrazioni delle uova di pesce con la posizione delle stazioni si rileva che nei campioni delle stazioni TE138 e TE140, poste a 100 metri rispettivamente a nord ed est della struttura, si rilevano 119,36 e 298,80 uova/100 m3, mentre si rilevano i valori di 40,66 e 81,02 uova/100 m3 nelle analoghe stazioni TE131 e TE136 situate a 100 metri rispettivamente a sud sotto corrente dello scarico e ad ovest sul lato dell’aspirazione dell’acqua. E’ assurdo continuare a chiedere all’oste se il suo vino è buono’. A questo punto, solo il Ministero dell’Ambiente, può prendere nuove decisioni e avere l’ultima parola.

Corsa al petrolio nell’Adriatico
Oggi è il rigassificatore, o sarebbe meglio dire i rigassificatori a ciclo aperto, ma domani lo scenario potrebbe peggiorare. Né è convinto l’eurodeputato Zanoni, intimorito dalla corsa al petrolio nell’Adriatico orientale, dove a settembre la società norvegese Spectrum su richiesta della Croazia ha esplorato i fondali con la nave da ricerca Northern Explorer, una cannoniera che, racconta Francesco Battistini sul Corriere della sera del 2 febbraio, spara onde sonore da 300 decibil sul fondo. Il motivo sarebbe la scoperta di un giacimento di 12 mila chilometri quadrati: una miniera di barili. Un sollievo per il Pil croato. E un business per una ventina di compagnie petrolifere tra cui Exxon Mobile ed Eni ‘Dovessero fiorire delle piattaforme esporremmo un mare chiuso come il nostro a dei pericoli irreparabili, allora altro che rigassificatori. I pericoli aumenterebbero in modo esponenziale’.

3 – FINE

LEGGI LA PRIMA E LA SECONDA PARTE DELL’INCHIESTA

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Monica Forti


PAESE REALE

di Piermaria Romani

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