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“Ti emozioni tra spazi lunghi e tempi lenti, odori e sapori, terre, acque e nebbie dorate, estensi, legati, ville e parchi, eventi e accoglienza”.
Questa la scritta impressa in ben sette manifesti di immagini e nella home page di un corposo dvd che quando lo vedi ti pare di stare immerso, come in un 3d, dentro una cornice di un mosaico variopinto, in uno dei tantissimi localismi che i segni di tanti tempi hanno lasciato alle generazioni.
Patrimonio dell’umanità, una geografia con pezzi a milieux, volti di comunità, borghi, piazze, angoli, che puoi ritrovare con percorsi incoming, messi però a rischio da politiche che debbono ancora sciegliere come procedere nel binomio inscindibile di cultura e turismo.
Che il nostro Paese sia, tra i pochi al mondo, ricco di mille culture e la culla della storia dei popoli, è un riconoscimento diffusissimo, ma, da almeno un decennio, ha comportamenti pigri e organizzazioni fragili per l’accoglienza e la diffusione di tante bellezze invidiabili da più parti.
Manca, quindi, qualcosa per un rilancio dell’Italia: dalle sue coste, dai suoi beni artistici alle biodiversità, dalle sue montagne ai suoi laghi; di quanto lo stivale rappresenta nei suoi molteplici saperi e conoscenze: dall’Impero romano, al Medioevo, al Rinascimento, fino all’ultimo secolo breve, il ‘900.
E su questi tantissimi lembi dei territori, la presenza costante di volti che ti accolgono e di accompagnano per stare, per un po’, nella storia delle comunità, una modalità includente a quei contesti d’ambiente.
Basterebbe citare alcuni luoghi conosciutissimi come: il Garda, le Dolomiti, Venezia e la sua laguna, la Maremma aretina, le Cinque terre, il Salento, la Costa amalfitana, il Gargano, il Cagliaritano, la Sicilia orientale, itinerari di bellezze dove ritrovi te stesso e ti danno senso.
Poi vai a ricercare i piccoli turismi, siti sconosciuti ma incantevoli, piccole storie piene di sentimenti e passioni, un muretto, una chiesetta, un piccolo castello, una portualità minuta, un prodotto tipico, un particolare presepe vivente, alcuni sbandieratori e figuranti del tardo Medioevo, una vallata, una piccola laguna ed alcune valli, tantissima flora e fauna.
Certamente questa è l’Italia tutta, con i suoi diecimila specchi, con non pochi mozzafiato ma, spesso, abbandonata e lasciata nell’incuria, fuori dai grandi circuiti internazionali ed anche dei fuori porta di fine settimana.
Cosa serve allora? Serve, subito, una legislazione nazionale quadro sul turismo e sulla cultura con un articolato che precisi, ruoli, funzioni, decentramento, soggetti attuatori e gestori: dal pubblico al privato al terzo settore ma con criteri a reti e a sistemi territoriali, là dove le bellezze di un paese affiorano con forza e possono, nell’organizzazione, accogliere.

Una necessità legislativa sentita ovunque e che viene richiamata con forza anche nel ferrarese, a fronte di un contesto di modifiche costituzionali ed istituzionali ormai vicino ma che lascia però spazio ad una imprecisa transizione nelle funzioni, soprattutto sul turismo e la cultura nei territori e nelle aree vaste.
E sul futuro a breve c’è già chi si sta muovendo: dagli operatori del turismo all’associazionismo organizzato, dalle proloco ad alcuni sindaci, da Campagna amica al circuito delle sagre, dalle associazioni dei musei, al turismo religioso, alle feste rosa ai percorsi d’arte, a quelli rurali e delle vie d’acqua.
Quindi una nuova legislazione, che punti al fare reti, filiera e sistema nei territori, unico progetto vincente per le cento città, i tantissimi comuni, le moltissime comunità locali.
Una risorsa da rimuovere dalla sua lunga stagnazione e far correre verso una nuova economia dei distretti, dei territori, delle tante terre a milieux che aspettano un segnale politico forte.
Aspettiamo ed attendiamo che scendano i palazzi della politica da Roma fino alle più lontane periferie del nostro ben stivale, isole comprese.

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Enzo Barboni


PAESE REALE

di Piermaria Romani

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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