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Erik Zattoni è una persona coraggiosa che sta sostenendo una battaglia non ‘privata’, perché la vicenda drammatica che ha deciso di denunciare pubblicamente riguarda il senso di giustizia e il rispetto della dignità di ogni individuo. I fatti li conosciamo, perché la stampa quotidiana ne ha parlato in modo esauriente. Riassumiamo l’essenziale. Nel settembre del 1980 don Pietro Tosi (54 anni) parroco di una frazione di Migliarino, abusa sessualmente di una ragazzina di 14 anni. La ragazza rimane incinta e da quel momento comincia il suo calvario: il prete che nega; le autorità ecclesiastiche che coprono e proteggono; la comunità locale che non crede alla verità della ragazza… Sono stati necessari la volontà, il coraggio e l’intelligenza di Erik perché la verità venisse a galla: una sentenza del Tribunale sulla base del test del dna ha provato in modo inequivocabile la paternità di don Tosi. Ma, nonostante ciò, il silenzio, le calunnie, le coperture, le omertà continuavano. E’ a questo punto che Erik ricorre ad una trasmissione televisiva popolare per imporre all’attenzione dell’opinione pubblica la storia drammatica di cui era stata vittima la sua famiglia. E così scoppia il ‘caso’! Nessuno può più far finta di niente: neanche la Curia ferrarese. Dopo un primo comunicato dell’attuale vescovo, Monsignor Negri, vergognosamente inadeguato rispetto alla gravità dell’evento; poi ha posto rimedio sia incontrando Erik, sia promettendo di fare da intermediario con il Vaticano per farlo ricevere dal Papa. L’altra richiesta che ha sempre formulato Erik è di ridurre allo stato laicale don Tosi. A che punto siamo? Monsignor Negri ha dichiarato: “Ho compiuto tutti i passi e anche di più. Bisogna poi vedere se questo colloquio con il Papa si farà”. Poiché, come ho precisato all’inizio, non si tratta di una partita a due (tra Erik e le gerarchie ecclesiastiche); non è opera di invadenza impropria in una vicenda privata se l’opinione pubblica ne segue gli sviluppi e formula le sue domande. Ecco le mie personali.
Sì, è vero, la risposta del Papa si sta facendo attendere troppo… Eppure papa Francesco si è presentato con l’immagine e il fare di una grande novità per apertura e sensibilità verso i drammi delle persone. Perché questo ritardo nel dare una risposta alla richiesta di Erik sostenuta anche dal Vescovo di Ferrara? Ma la Curia ferrarese non può nascondersi dietro al Papa. Cosa potrebbe fare (e che finora non ha fatto) per ridurre allo stato laicale un sacerdote che si è mostrato indegno nell’assolvere alla propria importante e delicata missione? E la comunità dei sacerdoti della diocesi ferrarese non ha niente da dire al riguardo? Non si rende conto quanto sia importante un atto di (parziale) risarcimento verso l’ingiustizia subita per trent’anni da una madre e da suo figlio? E non ne risulterebbe un vantaggio ‘morale’ e religioso per la stragrande maggioranza dei sacerdoti perbene ed onesti che svolgono con rettitudine e carità la loro missione? E non diventerebbe più credibile il discorso sulla famiglia che è centrale nell’operato della Chiesa? E la comunità dei credenti, perché non si fa promotrice di una pressione verso le proprie autorità religiose affinché prendano delle misure che simbolicamente rappresentino una svolta rispetto ai decenni di colpevole omertà che hanno alle spalle? E non sarebbe importante per l’intera Chiesa cattolica dimostrare che un sacerdote che si macchia di un così terribile reato non può farla franca impunemente dopo decenni di negazione delle proprie responsabilità? O si pensa di far leva su uno dei ‘caratteri nazionali’ equamente presente sia fra i credenti e i non credenti: l’oblio?

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Fiorenzo Baratelli

È direttore dell’Istituto Gramsci di Ferrara. Passioni: filosofia, letteratura, storia e… la ‘bella politica’!

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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