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Da Roby Guerra

Anniversario compleanno 108° per la più importante avanguardia italiana e non solo, ovvero il Futurismo di Marinetti, con il leggendario manifesto fondatore. E continua l’interesse storico culturale per gli inventori dell’estetica scientifica con tacite celebrazioni di carattere soprattutto meramente celebrativo ma anche relativamente innovative, tra il centenario di Boccioni, mostre su Balla, la nuova pubblicazione del Dizionario Aereo di Azari e Marinetti stesso, eccetera, saggi o contributi “revisionisti” vari. Dopo la stagione eroica con capitale Milano, il futurismo continuò nella Capitale e tutt’oggi è Roma il centro propulsivo e aggiornato per l’avanguardia di Marinetti. Se ogni nuovo contributo – diciamo – persino filologico- è il benvenuto e conferma la fine (anche se restano zoccoli duri attardati e ideologici nella sempre attardata cultura italiana) dell’incredibile negazionismo del secondo novecento, continua un negazionismo anche tra gli addetti ai lavori sul presente e il futuro prossimo già certificato dai nuovi futuristi viventi. Ancora recentemente per il 70° anniversario della scomparsa di Marinetti, l’alta pubblicistica editoriale, Armando editore, casa editrice che lanciò Popper e McLuhan in Italia, quando imperversava sopravvalutata certa vulgata gramsciana (al di là di Gramsci che al contrario era a modo suo futurista con anche analisi sorprendenti live sul futurismo italiano) il futurismo contemporaneo è stato certificato. A cura di Antonio Saccoccio, ricercatore ciberculturale di Tor Vergata Università, ancora giovane il primo a metà anni duemila a rilanciare il futurismo su Internet, e del sottoscritto, poeta futurista dagli anni ’80 e tra gli ultimi futuristi ancora del secolo scorso con gli stessi Antonio Fiore Ufagrà e un certo Vitaldo Conte, scrittore e critico d’arte oggi doc proprio sul nuovo futurismo (tutti di Roma tranne Guerra di Ferrara in Emilia), è uscito Marinetti 70. Sintesi della critica futurista che oggi sintetizza la revisione “scientifica” più autorevole per l’avanguardia di Marinetti e la sua in certo senso continuità. Continuità culturale controcorrente e controintuitiva, di grande importanza valoriale quando l’andazzo dei tempi segnala certamente la vittoria solo parziale del futurismo, in ambito soprattutto scientifico, mentre la dimensione estetica altrove e generale appare inquinata da manierismo e mercantilismo eccessivo e quella politico sociale economica – come si sa- testimonia uno sconcertante nuovo medioevo se non neoprimitivismo incombenti. Fu sempre Roma a memorizzare nel secondo novecento buio il futurismo ibernato che continuava aggiornato con la rivista Futurismo Oggi, Enzo Benedetto, Luigi Tallarico e pochi altri. Marinetti 70 ha coinvolto tra gli autori anche i critici d’area stretta più importanti, almeno parecchi. Da G.B. Guerri a G. Agnese, a G. Di Genova, a G. Berghaus e P. Ceccagnoli, allo stesso G. Carpi e diversi altri ben noti, ad esempio R. Campa, ad esempio P. Bruni (del Mibact), si veda elenco completo in fondo link. Fu sempre Roma inoltre nel duemila a rilanciare mediaticamente il futurismo con il celebre blitz della Fontana Rossa (di Trevi) dell’artista futurista vivente Graziano Cecchini, romano doc. Insomma, mentre altrove, l’implosione dei tempi, spesso nega l’avvenire, al massimo copia e incolla soprattutto di un secolo d’avanguardia, il futurismo contemporaneo, erede “diversamente minimale e “elettronico” del futurismo storico, canta digita ancora la memoria del futuro perduto da riformattare e downloadare in nome della rivoluzione informatica e scientifica contemporanea. Nel panorama attuale segnaliamo in Italia alcune eccezioni non a caso affini al futurismo, ovvero e sempre anche a Roma (oltre ad altre città italiane) oltre proprio al gruppo ormai microstorico degli stessi Saccoccio (fondatore) e Guerra e lo stesso Conte, ovvero Netfuturismo (con contaminazioni neosituazioniste e neodada e neopop)…. il Movimento Arte Vaporizzata di S. Balice e altri, la fantascienza connettivista di S. Battisti ed altri. Evidenziamo anche a altrove e a Milano, tra un bordo teorico radicale sociale, il cosiddetto transumanesimo futuribile dei vari R. Campa e S. Vaj (anche qua un romano nell’area, l’architetto E. J. Pilia) e il bordo squisitamente artistico del Metateismo neorinascimentale di D. Foschi.

Qua e là nella penisola certamente altre astronavi dell’avanguardia, tra musica o poesia elettronica, computer o net art, arte postcontemporanea, ma, media o non media, certa arte o certi storici dell’arte sempre distratti o nichilistici autocompiaciuti o peggio esteticamente penosamente corretti, incredibilmente poco aggiornati e preda del solito io minimo liquido dei tempi, se oggi ha un senso ricordare il pluricentenario Manifesto di Marinetti (eufemismo visto che ancora le cronache di regime ci parlano di improbabili resurrezioni di certe aree politiche pseudoprogressiste), ebbene, riassumendo, oltre a ricordare che non tutta Roma è quella miseria politichese che caratterizzano sempre le cronache, ma appunto Capitale del Nuovo Futurismo, la storia attuale dell’avanguardia italiana fondata da Marinetti ha oggi una password oggettiva. Appunto Marinetti 70. Sintesi della Critica Futurista.

INFO

http://www.armando.it/marinetti-70

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Roby Guerra


PAESE REALE

di Piermaria Romani

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Pescando un pesce d’oro
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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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