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da: ufficio stampa Ferrara Art Festival

Con ben tre appuntamenti nell’arco di sei ore, dal pomeriggio alla sera, in tre luoghi diversi della città, il Ferrara Art Festival si prepara ad affrontare un sabato (21 giugno 2014) “col botto”.

Quella di sabato 21 giugno sarà una giornata intensa per il Ferrara Art Festival. I motivi sono i
più vari e diversi: innanzitutto per la caratura nazionale e internazionale dei tre artisti italiani
presentati nelle due mostre alla Galleria del Rivellino (il bergamasco Paolo Facchinetti e il
bresciano Edoardo Stramacchia) e alla nuovissima esordiente home gallery Galleria del
Cammello (il veneto Diego Palasgo). Poi per il fatto che per la prima volta il Festival esce dalle
porte del Palazzo della Racchetta e “invade” altri spazi cittadini. Quindi per il debutto assoluto,
proprio in questa occasione, di una nuova galleria a Ferrara, la Galleria del Cammello (Camel
Home Gallery), in via Cammello 33, galleria che altro non è che l’abitazione ferrarese del curatore
del Ferrara Art Festival, Virgilio Patarini. Infine per l’articolazione temporale della giornata, dal
pomeriggio a sera inoltrata.
Si comincia alle ore 16,30 col vernissage della doppia personale di Facchinetti e Stramacchia alla
Galleria del Rivellino (via Baruffaldi, 6). La mostra è intitolata, ironicamente, “L’insostenibile
leggerezza di certe tessere”. Mutuando il titolo dal celeberrimo romanzo di Milan Kundera
“L’insostenibile leggerezza dell’essere” in questa mostra si presentano gli originalissimi quadri di
Stramacchia, realizzati cancellando, colorando e ritagliando frammenti di fumetti (“Topolino”, per
la precisione): con queste “tessere” l’artista bresciano ricompone silhouettes di personaggi, spesso
gli stessi di Walt Disney cancellati e ritagliati, in composizioni raffinate e cromaticamente vivaci.
Parallelamente Paolo Facchinetti presenta i suoi ritratti di personaggi noti e i suoi “Memento mori”
realizzati con il solo ausilio di piccoli timbri artigianali: l’immagine viene così scomposta e
ricomposta attraverso una moltitudine di timbri, un caos organizzato di “tessere” nere su fondo
bianco. Ed è proprio questa la chiave di lettura di questa mostra: il caos, il dedalo dei segni, delle
“tessere” che diviene “ordine”, disegno, costruzione narrativa, in un rapporto dialettico tra
inquietudine e ricerca di equilibrio che è metafora esistenziale.
Seconda tappa, alle 18,30, alla neo-nata Galleria del Cammello, in via Cammello 33, per la
presentazione della personale di Diego Palasgo “Frammenti di memorie”. Qui l’artista di Noale
(VE) ci presenta una selezione delle sue opere, sapientemente in bilico tra figurazione allusiva e
astrazione pura, con segni che tracciano in maniera graffiante e graffiata scorci di città in rovina,
pezzi di colonne, “archi enormemente vuoti impaludati in magre stagnazioni plumbee”, come li
avrebbe chiamati Dino Campana, brandelli di “muri sgarrupati”, spoglie e depredate memorie,
irriconoscibili vestigia di antichi splendori serenissimi. Con una sapiente ed emotiva ambiguità tra
memoria e oblìo ed un uso iperbolico della “metonimia”, ovvero della parte per il tutto: non occorre
disegnare inutili dettagli per evocare una città antica, bastano uno scorcio di colonnato, un pezzo di
lastricato e soprattutto la materia “scabra ed essenziale” di un muro in rovina…
Alle ore 21, infine, si torna al Palazzo della Racchetta (via Vaspergolo 4-6), per assistere al
concerto che vedrà succedersi sul palco allestito nel cortile interno del Palazzo, prima alla chitarra e
voce Enrico Cipollini, quindi la cantante Alice Ferraro e infine il gruppo Chewing-Gum. Tutti gli
eventi sono a ingresso libero. Al Palazzo il servizio bar è a cura del Cafè degli artisti di via Ragno.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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