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In questi giorni, nel nostro Paese, inizierà un nuovo anno scolastico.
Non sarà un avvio normale ma una partenza rimandata; infatti, a causa di ritardi nello svolgimento di una serie di operazioni di assegnazione dei docenti alle scuole, molti insegnanti non sono stati ancora nominati e, nella migliore delle ipotesi, saranno in cattedra solo la seconda settimana di scuola.
Questi ritardi non sono da imputare ai dirigenti scolastici o ai funzionari degli uffici provinciali bensì ad una perversa logica ministeriale che non riesce ad organizzare i tempi di alcune operazioni in modo tale da garantire alle famiglie e al personale scolastico un inizio regolare.
Credo che questo, fra i diversi paradossi che riguardano la scuola italiana, sia probabilmente il più significativo perché quando non si riesce a garantire il normale funzionamento di un “organo costituzionale” vuol dire che il Paese ha un problema molto serio; quando poi questo problema non lo si riconosce come tale vuol dire che la situazione è davvero tragica.
In moltissimi istituti italiani questi ritardi provocheranno disagi importanti alle famiglie, come ad esempio la riduzione dell’orario della prima settimana di scuola.
Gli insegnanti e i dirigenti scolastici ci stanno mettendo la faccia, nelle riunioni con i genitori, per spiegare un disastro di cui non sono responsabili.
Viene da chiedersi come la scuola possa pretendere fiducia dalle famiglie quando non riesce a trasmetterla nelle piccole cose fondamentali, come si possa condividere un patto di corresponsabilità educativa tra scuola e famiglia se non si riesce a garantire un puntuale inizio d’anno scolastico, come si possa essere credibili se, nei fatti, ci si dimostra incredibili.
Lo sforzo di chi vive la scuola tutti i giorni sta proprio in questa sfida educativa difficilissima: riuscire a dimostrare la credibilità dell’istituzione a partire soprattutto dalla passione, dalla coerenza, dalla preparazione e dall’impegno con cui la maggior parte del personale scolastico si rapporta con gli studenti e con le famiglie.
Al Ministero dell’Istruzione il problema dei ritardi è conosciuto da tempo, come sono conosciuti anche i disagi che si arrecano alle famiglie e le disorganizzazioni che si creano a scuola: l’unica cosa purtroppo ancora sconosciuta da quelle parti è la vergogna.
Sarebbe opportuno che chi rappresenta il cosiddetto “governo del cambiamento” dedicasse qualche spiegazione ai cittadini ma, ahimè, non credo che chi è abituato a parlare alle pance sia interessato a fare uno sforzo di onestà e a rivolgersi alle teste delle persone.
Come maestro elementare sono diventato insofferente a quei politici che, con i loro paroloni, promettono di rivoluzionare la scuola ma, con i loro atti, non riescono a garantirne la normalità.
Come genitore sono indignato verso chi sta operando per attaccare e svilire la scuola della Costituzione proponendo una scuola che insegni a “crepare” di precarietà e non a “creare” un futuro migliore.
Come cittadino prendo atto della dichiarazione del Ministro Bussetti al Meeting di Comunione e Liberazione (“Vogliamo che tutte le operazioni avvengano in regola contemporaneamente. Qualche problema come sempre ci sarà ma noi siamo pronti a intervenire per risolverli”) ma, proprio per questa sua incapacità ad intervenire per risolvere il problema, mi sento di chiedere che il Ministro chieda scusa alle famiglie per l’orribile inizio di anno scolastico che stanno vivendo e che vivranno.
Ricomincerò ad ascoltare con più attenzione le parole di un Ministro quando smetterà di promettere interventi straordinari ed inizierà ad occuparsi di garantire il funzionamento ordinario cioè quando lo sentirò impegnarsi non su grandi cose eccezionali ma su una piccola cosa normale come l’avvio regolare dell’anno scolastico fin dal primo giorno di scuola, per tutti gli alunni, in ogni parte d’Italia, con tutto il personale necessario.

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Mauro Presini

È maestro elementare; dalla metà degli anni settanta si occupa di integrazione scolastica degli alunni con disabilità. Dal 1992 coordina il giornalino dei bambini “La Gazzetta del Cocomero“. È impegnato nella difesa della scuola pubblica. Dal 2016 cura “Astrolabio”, il giornale del carcere di Ferrara.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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