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da: ufficio stampa giunta regionale Emilia-Romagna

Un opuscolo e una locandina rivolti alle mamme che subiscono violenza in famiglia. Realizzato dall’assessorato regionale alle Pari opportunità e dal Tribunale per i minorenni di Bologna. L’assessore Petitti: “Aiutiamo le donne a trovare il coraggio della denuncia”. Il Presidente Spadaro: “Orgoglioso di questa iniziativa che riguarda un fenomeno allarmante. Le donne non devono avere paura”

“Se chiedo aiuto mi porteranno via i bambini?”. Inizia così l’opuscolo realizzato dall’assessorato Pari opportunità della Regione Emilia-Romagna e dal Tribunale per i minorenni di Bologna per far conoscere quale tutela è assicurata alle donne con bambini nei casi in cui siano vittime di violenza da parte del partner.
La pubblicazione, stampata per ora in 3000 copie e presto disponibile anche online sul nuovo sito regionale sulle pari opportunità, è una sorta di dialogo, con domande dirette e risposte, con le mamme che subiscono violenza in famiglia, per far conoscere loro l’intervento della giustizia minorile e le possibilità di tutela e aiuto che le istituzioni mettono a disposizione, a partire dal Numero verde della Rete Antiviolenza: il 1522.
“L’opuscolo vuole aiutare le donne a trovare il coraggio della denuncia della violenza che subiscono”, sottolinea l’assessore regionale alle Pari opportunità Emma Petitti che oggi ha presentato l’iniziativa insieme al presidente del Tribunale dei minorenni di Bologna Giuseppe Spadaro. “Il nostro messaggio è che è possibile tornare a vivere, aiutando se stesse e i propri figli – aggiunge Petitti – e le istituzioni, le forze dell’ordine, i servizi sociali ci sono e lavorano insieme per lo stesso obiettivo”.
“Sono orgoglioso di questa iniziativa che riguarda un fenomeno allarmante”, sottolinea il presidente Spadaro. “La violenza di genere è, infatti, tuttora un mondo sommerso e lo è ancora di più nelle relazioni di intimità. Lo scopo è allora sollevare il tappeto dell’omertà per inchiodare ognuno alle proprie responsabilità prima di tutto umane e poi anche penali. L’opuscolo con parole semplici, lineari e dirette spiega alle donne che possono tranquillamente rivolgersi alla giustizia, che non devono avere paura”.
Il progetto nasce dalla consapevolezza che i percorsi giudiziari non sempre sono di facile comprensione quando si è in difficoltà e che il timore che sporgere denuncia, o rivolgersi ai servizi sociali, comporti un allontanamento dei figli può essere così alto da indurre una donna a non cercare protezione. Per questo è importante spiegare che no, una mamma vittima di violenza non rischia di perdere i propri bambini, che i piccoli vengono protetti così come il rapporto con la madre che li accudisce. In che modo può, quindi, intervenire il Tribunale per i Minorenni? Lo può fare a più livelli e, se necessario, fare in modo che madre e figli siano trasferiti in un luogo a indirizzo nascosto e protetto o obbligare il maltrattante ad uscire di casa e incontrare i piccoli solo con il tramite del servizio sociale.
L’opuscolo, accompagnato da una locandina, sarà disponibile nei luoghi e tra gli operatori che possono essere maggiormente a contatto con le donne: centri per le famiglie, centri antiviolenza, studi medici o pediatrici, forze dell’ordine e servizi sociosanitari. Ad accompagnarlo anche una locandina “Aiuta te stessa e i tuoi bambini”.
Opuscolo e locandina sono pubblicati e scaricabili anche dal nuovo portale per le pari opportunità, che conterrà tutte le informazioni pratiche, utili e aggiornate di interesse sulle iniziative in programma nelle diverse città e organizzate dalle istituzioni e dalle associazioni e realtà del volontariato. Il portale conterrà anche link a siti tematici (dedicati al contrasto alla violenza o alla discriminazione, alle politiche sociali e di conciliazione, alla salute), così come notizie sulle norme in vigore, su pubblicazioni e video, sui bandi europei dedicati al tema della parità di genere o contro la violenza.

Dati sull’accoglienza e sui centri antiviolenza in Emilia-Romagna:
I numeri dell’accoglienza in Regione
Sono 15 i Centri Antiviolenza per le donne in Emilia-Romagna, con 22 sedi totali in tutte le 9 province. Sono 13 quelli che fanno parte del Coordinamento dei centri della Regione. A questi si vanno a sommare le altre strutture di accoglienza gestiti da enti o associazioni.
Nel corso del 2014, 3298 donne si sono rivolte ai 13 centri che compongono oggi il Coordinamento dei centri antiviolenza della regione Emilia-Romagna. Si tratta in larga maggioranza di donne vittime di violenza: in totale 2799, pari al 90%. Una parte di esse – il 17% (505) – continua un percorso iniziato in anni precedenti. Le donne che nel 2014 hanno preso contatto per la prima volta con uno dei centri antiviolenza indicati, a motivo delle violenze subite, sono in totale 2474. Rispetto al 2013, anno in cui 11 centri hanno accolto 2399 donne nuove che subiscono violenza, l’aumento è di lieve entità, pari al 3,1% (74 donne).
Le donne ospitate nelle case rifugio e nelle altre strutture dei centri antiviolenza del coordinamento regionale, nel corso del 2014, sono state 188; i figli/e 203. Rispetto al 2013 si registra un aumento tanto delle donne ospitate che dei figli/e: sono aumentate infatti di 25 unità le prime (pari al 15%), di 16 unità i secondi (pari al 9%).
Rispetto al 2013 si registra un aumento tanto delle donne ospitate che dei figli/e: sono aumentate infatti di 25 unità le prime (pari al 15%), di 16 unità i secondi (pari al 9%). In media, le notti di ospitalità sono 105 per donna o figlio/a.

I 4 centri di trattamento di uomini che usano comportamenti violenti
A Modena e Parma sono attivi due centri “Liberiamoci dalla violenza” (Ldv). Sono i primi esempi in Italia di strutture pubbliche dedicate al trattamento di uomini autori di maltrattamenti. Gestiti dall’Azienda Usl e cofinanziati dalla Regione Emilia-Romagna, sono ad accesso completamente gratuito. Al loro interno lavorano psicologi e sociologi, con l’obiettivo di riuscire a intervenire sui comportamenti degli autori dei maltrattamenti, affiancando i servizi già esistenti per la primaria protezione delle vittime delle violenze domestiche.
A Modena, dal dicembre 2011, è attivo un centro che dalla sua apertura ad oggi ha avuto 505 contatti di cui: 182 da parte di uomini per ricevere informazioni o un appuntamento, 64 da parte di donne per acquisire informazioni per possibili invii di compagni o mariti e 259 da persone a diverso titolo interessate (avvocati, assistenti sociali, giornalisti, studenti universitari, ecc…). Ad oggi, ha in trattamento 45 uomini (38 individualmente e 7 in gruppo) di età compresa tra i 20 e i 70 anni. Sono stati conclusi 45 percorsi di trattamento della durata media di circa 9-12 mesi.
Il Centro di Parma è aperto dal 1° gennaio 2015 e ad oggi sono stai presi in carico 5 casi e 8 uomini hanno effettuato il primo colloquio in accoglienza.
A Forlì è presente il Centro Trattamento Maltrattanti con un servizio svolto dell’Associazione Culturale Delfi che dal 28 maggio scorso è affidataria del progetto del Comune “Gestione di attività di sensibilizzazione e prevenzione sul tema della violenza di genere e in particolare per l’accoglienza e il trattamento di soggetti maltrattanti”. La convenzione, della durata di quattro anni, avviene in collaborazione con il “Servizio politiche di welfare”del Comune.
A Ferrara dal marzo 2013 è presente il Centro di ascolto per uomini maltrattanti che opera in stretta collaborazione con il Comune e che ha già trattato 50 casi.

L’intervento della Regione Emilia-Romagna
Nel 2015, la Regione ha stanziato oltre 346 mila euro per nuovi centri antiviolenza e case rifugio o per ampliare i servizi già offerti alle donne vittime di violenza. I fondi nazionali sono stati assegnati dalla Regione a 14 Comuni (in provincia di Ferrara, Piacenza, Forlì-Cesena, Rimini e Modena) per metterli in condizione di garantire aiuti e opportunità in linea con quelli offerti negli altri territori dell’Emilia-Romagna, destinatari nel 2014 di 850mila euro a sostegno delle attività svolte.

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REGIONE EMILIA-ROMAGNA


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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