Skip to main content

Anni fa si diceva che il personale è politico. Oggi pare di capire che valga l’inverso. Più che i partiti, ci sono i leader.
Ci riflette sopra Antonio Polito sul supplemento del Corriere “La lettura”. “Partito personale”, “il secolo monocratico”, “governo personale”, sono espressioni usate da chi se ne intende per descrivere il presente. Così accade che anche il consenso si manifesta per un capo, più che per un partito.

Ma c’è un rovescio della medaglia. Il fallimento della persona può diventare automaticamente quello politico. E qui, davvero curioso, il personale torna ad essere tremendamente politico, paradossalmente proprio perché il politico si è fatto così tanto personale. D’accordo, la storia è piena di capi, re e imperatori, dalla vita privata-sentimentale burrascosa, ma la differenza è che ora c’è l’opinione pubblica che vede e, soprattutto, giudica molto più di prima.

Certamente il pericolo della gogna mediatica è sempre dietro l’angolo, ma il problema non sembra più stare nella tentazione incontenibile di guardare dentro il buco della serratura, quanto nel fatto che gli stessi leader hanno posto il loro ambizioso protagonismo alla guida dei destini del Paese, per vincere resistenze, lacci e lacciuoli, che impediscono le necessarie e urgenti trasformazioni (le riforme strutturali).

Prendiamo il caso del presidente francese François Hollande. Se mente privatamente alla propria compagna: «ti giuro non c’è un’altra», il sospetto corrente è che possa farlo anche al Paese. Un po’ la stessa cosa accaduta oltreoceano ai tempi di Bill Clinton. Il punto di quel sexgate non era tanto cosa succedesse dentro la stanza ovale della Casa Bianca, quanto il timore dilagante che il presidente potesse avere mentito agli americani.
Trappola simile quella in cui è cascato anche Berlusconi: «Un leader – scrive Polito – che si fa manipolare dai procacciatori di sesso per animarsi le serate, può essere manipolabile quando maneggia l’interesse nazionale».
La storia si ripete, in sostanza, con Dominique Strauss-Kahn, potenziale astro della Francia socialista, tramontato prima ancora di sorgere per avere stancato i transalpini con le sue avventure notturne. Aggiungiamo che l’opinione pubblico-mediatica è diventata nel frattempo interdipendente e globale e la frittata è fatta.

Succede così, per esempio, che i cittadini-contribuenti tedeschi abbiano comprensibilmente ritenuto non indifferente per la sorte dei propri stessi risparmi scoprire come passava le serate il premier italiano, mentre la Banca centrale europea iniettava miliardi di euro per finanziare il nostro debito pubblico.
Se i rapporti tra paesi che condividono frontiere, commerci e moneta, si devono necessariamente basare sulla fiducia, si comprende come la credibilità diventi la valuta più pregiata. E quando la credibilità di una nazione dipende così tanto da quella personale del suo leader, non si può più puntare il dito contro un’opinione pubblica guardona, nel nome della separazione delle sfere pubblica e privata.

C’è addirittura chi ha provato a stabilire una regola matematica fra le scappatelle dei leader e le conseguenze macroeconomiche sulle rispettive comunità nazionali. Proviamo a farci caso. Una volta colto sul fatto, Hollande per recuperare credibilità ha decisamente sterzato le proprie politiche economiche verso quell’austerità dei conti pubblici tanto cara alla scuola del rigore che spadroneggia in Ue. Il che significa torchiare cittadini e servizi.
Esattamente, si direbbe, come le serate galanti di Arcore hanno accelerato di fatto la svolta rigorista del governo Monti «e dunque – conclude Polito – tutto sommato gli italiani hanno pagato con l’Imu anche la casa delle olgettine».

Ora l’Italia si è affidata ad un boy scout, ma non può bastare perché se il politico è diventato personale, la Politica rimane un’altra cosa.

tag:

Francesco Lavezzi

Laurea in Scienze politiche all’Università di Bologna, insegna Sociologia della religione all’Istituto di scienze religiose di Ferrara. Giornalista pubblicista, attualmente lavora all’ufficio stampa della Provincia di Ferrara. Pubblicazioni recenti: “La partecipazione di mons. Natale Mosconi al Concilio Vaticano II” (Ferrara 2013) e “Pepito Sbazzeguti. Cronache semiserie dei nostri tempi” (Ferrara 2013).

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it