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da: Responsabile alla Comunicazione Maison des journalistes

Due classi dell’ITI Copernico-Carpeggiani hanno incontrato in diretta Skype due giornalisti siriani rifugiati alla Maison des journalistes di Parigi

PARIGI-FERRARA. Perché avete aspettato così tanto per parlare? Cosa vi ha spinti ad agire nonostante i rischi? Qual è il ruolo delle donne siriane nella rivoluzione? Queste sono solo alcune delle domande che gli studenti dell’ITI Copernico-Carpeggiani di Ferrara hanno rivolto a Soulafa Lababidi e a Iyad Abdallah, giornalisti siriani oggi in esilio in Francia, nel corso della video conferenza avvenuta via Skype sabato 31 maggio, alla presenza degli insegnanti, Annalisa Casalati e Sergio Golinelli, nonché del dirigente scolastico Roberto Giovannetti, con il sostegno di un équipe di interpreti, giovani studenti bilingui, Amin, Idriss e Rania, coordinati da un giovane traduttore siriano, Muauia Alabdulmagid. Dall’altra parte dello schermo, Labibidi e Abdallah, giovani reporter costretti alla fuga dal loro Paese per aver difeso la libertà di espressione, ora accolti alla Maison des journalistes di Parigi (www.maisondesjournalistes.org), struttura unica al mondo che dal 2002 ha accolto oltre 270 giornalisti richiedenti asilo politico.

Un progetto che per la prima volta varca le Alpi, giungendo a Ferrara. L’incontro di sabato rientra nell’ambito del progetto “Renvoyé spécial”, promosso dal 2006 dalla Maison des journalistes in collaborazione col Ministero dell’istruzione francese e Presstalis, società francese che si occupa della distribuzione di quotidiani e periodici, che consente agli studenti d’oltralpe di incontrare i giornalisti della MDJ, professionisti che hanno rischiato la propria vita per raccontare la verità, per denunciare abusi e ingiustizie perpetrate da regimi totalitari o gruppi terroristici.
Ieri, per la prima volta dal lancio del progetto, “Renvoyé spécial” ha varcato i confini della Francia, giungendo a Ferrara, per incontrare due classi dell’Iti Copernico-Carpeggiani.
“Sono molto contenta di questo incontro – ha confidato agli studenti Soulafa Lababidi, al termine della video conferenza –. Solo ieri sera in Siria c’è stata un’altra strage: sono state uccise più di 50 persone, di cui almeno 40 erano giovani, ragazzi come voi. Grazie – ha accennato un sincero e provato sorriso – perché desiderate sapere cosa sta accadendo nel mio Paese”.
CHIEDERE ASILO, UN PASSO DIFFICILE. Lababidi, sollecitata dalle domande degli studenti, ha raccontato di come sia stata costretta a lasciare il suo Paese l’anno scorso, dopo l’arresto di tre dei suoi colleghi e la scomparsa di un quarto: “Ancora oggi – ricorda la reporter – non si sa che cosa gli sia successo”. Giornalista e presentatrice radio, volontaria in aiuto dei profughi siriani in Libano, Lababidi ha ricordato come spinta dal suo dovere professionale abbia denunciato le violazioni perpetrate sui suoi connazionali. “Quando sono arrivata in Francia – ha detto agli studenti – non avevo intenzione di inoltrare richiesta di asilo, perché contavo di rientrare in Siria appena la situazione si fosse calmata. Ma visto come stanno andando le cose, ho preso la decisione di chiedere il riconoscimento dello mio status di rifugiata”. Ora, da qualche mese, Lababidi lavora in Francia, come collaboratrice di radio Rozana di Parigi, che si occupa di politica siriana.
IL RUOLO DELLA DONNA SIRIANA. Giornalista e attivista, Lababidi ha parlato del “ruolo speciale” delle donne nella rivoluzione siriana. “Le donne, anche se non sono spesso colte abbastanza per conoscere le cause profonde della rivolta – ha spiegato la giovane siriana – sono scese in piazza per manifestare, pacificamente; addirittura alcune hanno, purtroppo, imbracciato le armi. Ma il loro ruolo principale è stato quello di prendersi cura dei feriti e svolgere attività umanitarie, denunciando ai media quanto stava accadendo. Ho visto donne, nei villaggi più remoti e conservatori della Siria, uscire in strada, e reclamare il diritto del popolo alla libertà contro il regime di Al Assad”.
Si stima che siano 300mila le persone che sono state arrestate dall’inizio della rivoluzione. Ma è impossibile avere delle cifre più precise, né è dato sapere quante donne siano state uccise dall’inizio della guerra civile: “Quando la polizia segreta arriva in una casa e non trova chi sta cercando, sarà sua madre o sua moglie ad essere arrestata, torturata, uccisa” ha dichiarato Lababidi.
LE RADICI POLITICHE DELLA RIVOLUZIONE. Iyad Abdallah è stato tra i fondatori della cosiddetta “Primavera di Damasco”, un movimento nato nel 2000, undici anni prima della “Primavera araba” e della rivoluzione siriana, grazie ad alcuni intellettuali siriani, decisi a cambiare le sorti di un Paese che dal 1970 è sotto il regime della famiglia Al Assad. Un movimento che dimostra le “radici politiche e democratiche” della rivoluzione siriana, come ha spiegato il giornalista, anche professore di filosofia a Raqqa: una rivolta che è partita da Damasco per diffondersi in tutto il Paese nonostante la repressione violenta e la manipolazione mediatica a livello internazionale attuata da parte del regime.
“Questa rivoluzione – evidenzia Abdallah – nasce da una profonda consapevolezza politica diffusasi nonostante il dispotismo degli Al Assad: la storia politica del nostro Paese e il ruolo dei suoi intellettuali sono stati cruciali nell’innescare questa reazione popolare; due elementi fondamentali e al tempo stesso sottovalutati dall’Occidente, che hanno consentito una reazione davvero sorprendente: il regime è stato sorpreso dal popolo siriano – ha ammesso il giornalista rispondendo alle domande dei ragazzi – : la rivoluzione del popolo, il suo scendere in piazza a manifestare, ha sorpreso tutti, anche gli stessi intellettuali, che in questi anni sono stati capaci di diffondere la consapevolezza nella possibilità di un cambiamento”.
Ora più che mai è dunque fondamentale il ruolo dei media occidentali, nel tenere i riflettori accesi su quanto sta accadendo in Siria: “Le armi chimiche sono tuttora nelle mani di Bachar Al Assad”, ha sottolineato Lababidi, ricordando la strage di agosto 2013.
Gli studenti sono stati infine invitati dalla responsabile del progetto presso la MDJ, Lisa Viola Rossi, a connettersi ai profili sui social network della Maison des journalistes, Facebook e Twitter, per continuare, per quanto possible a distanza, uno scambio proficuo con i reporter della associazione parigina.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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