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Ventitré anni. Quasi un quarto di secolo. Una generazione. Un’agonia. Una sofferenza. Averlo saputo allora che toccava aspettare quest’eternità molti si sarebbero messi il cuore (biancazzurro) in pace e avrebbero digerito meglio umiliazioni, fallimenti, campetti di provincia, figuracce varie. Meglio guardare avanti. Oggi. Il giorno del Sogno. Siamo tornati nel calcio. Il resto, quello di prima, era una finta. Erano Pieve di Soligo o Santarcangelo di Romagna. Cose buone e giuste per un prosecco o una piadina. Niente a che vedere con il blasone, la storia, i ricordi.

Adesso ci (ri)siamo. E nonostante l’atavico pessimismo manco a fasi alterne non ci sono mai stati dubbi. La questione degli scontri diretti persi? Tutta esperienza per l’anno che verrà. Consigli per gli acquisti, di fatto, alla proprietà. Due parole fondamentali. Anno e proprietà. L’anno della rinascita. La seconda serie. Quella che ti permette di leggere di Spal sulle pagine dei quotidiani nazionali, che ti fa vedere i gol ma anche le immagini e pure le interviste nelle trasmissioni vere, che ti fa spulciare sotto l’ombrellone il mitico cartellone del calciomercato.

Seconda parola: la proprietà. Ecco, tutto nasce qui. Quando la famiglia Colombarini riuscì con l’aiuto delle istituzioni a cacciare i mercanti dal tempio. All’ultimo secondo stava per saltare tutto, guai dimenticarlo, e ora toccherebbe andare ad Argenta o a Casumaro, probabilmente. Ma per fortuna non è successo. Così le facoltà della Famiglia, la passione del Presidente Mattioli (quest’anno molto più lucida e non di pancia, cosa fondamentale per l’esito finale), le capacità del Direttore Vagnati e ovviamente i giocatori tutti e il tecnico hanno fatto il resto.

Vanno spese un po’ di righe per un ragazzo, il diesse, che fino a pochi mesi fa – ma non succede soltanto all’ombra del Castello Estense – era da molti, pregiudizialmente, considerato incapace e arrogante. Nella riuscita del sogno, invece, la bandierina messa sulla cima più in alto l’ha portata lui. Tappandosi le orecchie, restando in silenzio, portando a casa i giocatori giusti senza buttare soldi. Già perché i Colombarini provano a fare quello che faceva il numero uno, Paolo Mazza. Comprare a poco, valorizzare e poi eventualmente rivendere. Manca soltanto il Settore Giovanile (unico difetto fin qui, ma sbagliano novanta società su cento e in tutte le categorie, sul tema), per il resto la strada è quella giusta. Se riporti allo stadio il popolo spallino, e se lo riporti anche in trasferta con numeri da Serie b anticipata, hai già vinto.

Poi c’è Mattioli. Il pres. Tifoso e innamorato della Spal come pochissimi, ma pochissimi sul serio, ha imparato la lezione degli ultimi anni. Niente commenti a caldo – ogni tanto ci ricasca ma vabbé – fiducia nei collaboratori, lavoro tanto ed esternazioni poche ed eccoci qui in serie B. Fa pure rima.

Rieccoci, anzi, una vita dopo. Di quest’anno volato via in scioltezza per bravura e anche fortuna (senza non ci riesce nessuno), vedi il girone B, è già stato detto e scritto tutto o quasi. Facile immaginare che non ci sia uno spallino in giro per il pianeta che non abbia la bava alla bocca pensando a domani. A domani che puoi sognare per il calciomercato, a domani che ti fai la lista delle trasferte che farai e delle squadre che affronterai, a domani che finalmente dimentichi tutto il recente (mica tanto, quasi un quarto di secolo, vale la pena ribadirlo) e pensi solamente alla lettera numero due. La “B”. Il calcio.
Per il resto, questioni di lavoro, ho vissuto da lontano la cavalcata ma da vicinissimo l’affetto nei confronti della Spal. Episodi a caso, da chiudere nella sfera delle amicizie, un po’ autoreferenziali se si vuole, ma è esclusivamente per dare l’idea. Storie di quest’anno. Cosmi che dice alla Gazzetta dello Sport che tifa Spal e poi mi gira un whatsapp per farmelo sapere, Capello che per altri impegni dice no a una collaborazione con la Rai e nella discussione cita la Spal, Reja che furibondo per un ritardo nel dargli la linea a Novantesimo Minuto si addolcisce quando gli dico in bassa frequenza con la faccia come le chiappe: “Mister da spallino a spallino, siamo quasi in B, non mi rovini la giornata e lui ride e risponde che va bene, per la Spal questo e altro”, Gianni De Biasi opinionista fisso sempre di Novantesimo Minuto col quale ogni domenica si tifa a distanza costretti dalla serie A ad aspettare con ansia il suono dell’applicazione dell’iphone “futbal24”, e tanti altri ex o allenatori biancazzurri che su Facebook tifano come se quei nostri colori li avessero ancora addosso.

Ma anche tutto questo fa parte del passato. Ora tocca al presente e al futuro. Adesso cominceranno mesi di trattative fantascientifiche, di altri sogni di mercato, di consigli per gli acquisti al club. Ecco, mi tiro fuori completamente da questi giochini, lo dico anche al mio amico direttore di questa Testata che ha già cominciato con gli esercizi di cui sopra, e dichiaro ufficialmente che mi fido. Aspetto e spero e soprattutto tifo. Gli esempi da non ripetere ci sono, quell’unico anno di B di ventitré anni fa deve per forza aver insegnato tanto a tutti a proposito di nomi grossi e inutili, peggio: dannosi. La B è un torneo tosto e lungo. Ci vuole pazienza, esperienza ma anche corsa, stimoli, gioventù. Ricette a priori non esistono. Altri esempi, invece, sì. E tutti recenti. Carpi, Frosinone, Crotone. Andate a rileggere pareri e pronostici e acquisti di un’estate fa sulla squadra di Juric. Basta questo. Tutto il resto è noia, tifo e il Sogno.

Che si è realizzato e questo, al popolo spallino, deve bastare e avanzare. Ventitré anni dopo ci (ri)siamo. Abbiamo perso una generazione, inghiottito cinghiali più che rospi, smadonnato per decenni. Ma è passato. Il futuro biancazzurro è già adesso. Peccato solamente che Gibì non abbia potuto vederlo e piangerlo di lacrime di gioia. E io con lui. Ma il Sogno è con noi. Godetene e tifatene tutti.


Immagini d’archivio di Geppy Toglia per gentile concessione di “Lo Spallino.com”

Foto di Geppy Toglia per gentilo concessione di Lo Spallino
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Enrico Testa

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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