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Gli audio integrali dell’incontro “Mafia a Ferrara, allarmismo o rischio reale”, organizzato da Ferraraitalia il 16 febbraio alla biblioteca Ariostea.

Prima parte

Seconda parte


Articoli e interventi
di Ferraraitalia sul tema mafia [clic qua per leggere la rassegna]

Il nostro resoconto del 17 febbraio sull’incontro Mafia a Ferrara

NOTA A MARGINE – “Il rischio mafia esiste, compito di tutti è mantenere sana la città”

“Nelle zone di origine e presenza endemica, oltre a un vero e proprio controllo del territorio le organizzazioni mafiose hanno una funzione di mediazione sociale che permette loro di acquisire consenso; i risultati sono perdita di competitività del tessuto produttivo e deficit di cittadinanza. Ma il nord è diverso, è zona di colonizzazione: qui si fanno investimenti per riciclare i proventi delle attività illecite e sempre di più il metodo di infiltrazione non si basa sulle intimidazioni, ma su corruzione e strumenti del credito, con la costruzione di un sistema di connessioni in loco attraverso la connivenza di quell’area grigia formata da burocrati, politici, professionisti e imprenditori. Ecco perché Giovanni Tizian scrive di ‘holding finanziaria’ e il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti parla di ‘una visione politica del radicamento’”.

Fulvio Bernabei (foto di Aldo Gessi)

A sottolinearlo è stato Fulvio Bernabei, intervenendo al secondo incontro del ciclo “Chiavi di Lettura, opinioni a confronto sull’attualità” organizzato da Ferraraitalia con lo scopo di chiarificare nodi controversi del nostro vivere quotidiano. Ieri, in biblioteca Ariostea, si è dibattuto di mafia a Ferrara fra allarmismo e rischi reali, per cercare di capire quanto la nostra provincia è davvero permeabile e quali siano i segnali a cui dobbiamo porre attenzione.

Bernabei (Guardia di finanza) e Federico Varese (Oxford university) hanno fornito un inquadramento generale di cosa significhi mafia oggi: un fenomeno complesso e diversificato a seconda delle differenti aree della nostra penisola.
Il problema della diffusione al nord è noto. Il più recente documento che si occupa di illegalità diffusa nel nostro territorio è il rapporto “L’economia illegale in Emilia Romagna”, realizzato per Osservatorio della legalità e Unioncamere regionali dal professor Andrea Mazzitelli di Universitas Mercatorum. E proprio questo documento è stato il detonatore dell’appassionato confronto che ha attratto in biblioteca un folto e attento pubblico. “La nostra ricerca – ha spiegato Mazzitelli in collegamento Skype da Roma – indaga in particolare la presenza del fenomeno illegale nel tessuto produttivo legale, reso più fragile dalla crisi economica di questi anni: attraverso l’individuazione di indicatori e di campioni statistici ripetibili, si sono resi evidenti ‘i fattori di rischio’ e ‘la vulnerabilità economica e sociale’, considerandoli segnali anticipatori dell’infiltrazione”. Ed è “l’ormai palpabile sfilacciamento del tessuto sociale e produttivo”, fotografato anche dal rapporto di Mazzitelli, che ci deve preoccupare, non solo come ferraresi ed emiliani, ma a livello generale, perché è fra queste crepe di illegalità diffusa che le mafie si infiltrano con agilità.

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Varese – criminologo noto a livello internazionale in collegamento Skype da Oxford – ha però preso le distanze dalle conclusioni dello studio di Unioncamere, sostenendo che il giudizio è “falsato dalla considerazione di troppe fattispecie di reato non propriamente ascrivibili alle modalità d’azione delle organizzazioni mafiose e che, al contrario, nei settori tipicamente infiltrati dalla mafia (edilizia, movimentazione terra, stoccaggio rifiuti) a Ferrara si è registrata negli ultimi anni una contrazione del volume di attività”. Acqua sul fuoco dunque, accompagnata però dalla raccomandazione di non abbassare la guardia perché le insidie sono reali, come dimostrano le vicende delle vicine province di Reggio e Modena.

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Sintetico ma significativo ed eloquente è stato il contributo di Tito Cuoghi (Anpar) sui rischi di presenza e le modalità d’azione delle ecomafie negli appalti, con specifici riferimenti alla ricostruzione dopo il sisma dell’Emilia.

Donato La Muscatella (foto di Aldo Gessi)

Infine, il referente del coordinamento provinciale di Libera, Donato La Muscatella, ha concluso che il problema del radicamento in Emilia Romagna ormai è innegabile e anche a Ferrara “il rischio esiste: è necessario quantificarlo”. Per quanto riguarda il contrasto e la prevenzione, La Muscatella ha sottolineato che “il fenomeno criminale è competenza di magistrati e forze dell’ordine, ma il fenomeno sociale riguarda tutti; perciò benché non ci sia un vero e proprio allarme, la guardia va tenuta alta ed è compito di tutti i cittadini farlo per ridurre le occasioni di infiltrazione”. (Federica Pezzoli)

Il fotoservizio è di Aldo Gessi

Fulvio Bernabei (foto di Aldo Gessi)
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Tito Cuoghi (foto di Aldo Gessi)
Donato La Muscatella (foto di Aldo Gessi)
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Redazione di Periscopio

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PAESE REALE

di Piermaria Romani

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Pescando un pesce d’oro
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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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