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Il compianto Stefano Tassinari è altro nome nel panorama letterario ferrarese a suo tempo, ma giustamente nella memoria ancora recentissima, sia rilevante che noto nel panorama italiano ed intellettuale, almeno di certa area politico/culturale. Tra le sue diverse opere: “Riflesso di ruggine” (Cooperativa Charlie Chaplin, 1980), “All’idea che sopraggiunge”, (Corpo 10, 1987), “Ai soli distanti” (Moby Dick, 1984), “Assalti al cielo. Romanzo per quadri” (Calderini, 1998), Perdisa (2000), per i caratteri di Marco Tropea Editore “L’ora del ritorno” (2001), “I segni sulla pelle (2003), “L’amore degli insorti” (2005), “Il vento contro” (2008), “D’altri tempi” (Alegre, 2011).
Come ad esempio G. Testa e M. Felloni, quello di Tassinari è sempre stato un fare parola e fare scrittura di cifra moderna e socialmente impegnata, secondo un certo ‘c’era una volta’ squisitamente utopico. Va da sé, come per D. Marani, un certo stile o anti-stile prossimo alla sperimentazione sul linguaggio in Tassinari del post Gruppo 63: nel primo come mutazione estetica, nel secondo come consapevole destrutturazione della parola coercitiva e autoritaria, secondo certa ideologia sempre sottostante la narrazione di Tassinari.
Operazione quest’ultima, certamente non facile, storicamente si sa poi quasi implosa, ma in Tassinari, pur senza mai velleità alla Carmelo Bene o lo stesso Giorgio Gaber, ma sia ben chiaro pertinenti in queste figure specchio, d’altro medium d’arte, ben digitata… in circuiti e logiche del senso utopiche e poco militanti, nonostante apparenze appunto apparenti. In tal senso, la penna di Tassinari, un poco, relativamente ovvio, come il Lenin di Majakovskij (destinato ad azzerare quasi il memo storico ed estrarre per l’avvenire soprattutto la dinamica poetico-rivoluzionaria) è destinata nell’avvenire presente alle sue impronte durature più affascinanti.
Più nello specifico, è stato anche giornalista (Il Manifesto, Liberazione ecc., anche per testate estere), animatore culturale (a suo tempo curò e diresse la rivista Luci della Città e in seguito Letteraria), art director di rassegne letterarie quali “La parola immaginata” e “Ritagli di tempo” (Itc Teatro di San Lazzaro), autore di documentari in Italia e all’estero (Nicaragua, Spagna, ex Jugoslavia, ecc.). Autore anche di programmi radiofonici per Rai radio 3 e testi teatrali, ha collaborato con numerosi scrittori, registi, attori, artisti italiani e stranieri: tra essi, Leo Gullotta, Ottavia Piccolo, Carlo Lucarelli, Massimo Carlotto, Silvano Piccardi, Antonio Catania Renato Carpentieri, Marcello Fois, Mauro Pagani, Patrizio Fariselli, Luca Gavagna e Dario Berveglieri

Per saperne di più visita le pagine dedicate a Stefano Tassinari su Wikipedia [leggi]

*da Roby Guerra, Dizionario della letteratura ferrarese contemporanea (Este Edition-La Carmelina, ebook, 2012)

Foto in evidenza di Paolo Righi / Meridiana Immagini (Archivio Coop Adriatica)

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Roby Guerra


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Pescando un pesce d’oro
5 titoli evergreen dall’archivio di 50.000 titoli  di Periscopio

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

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