Skip to main content

La quarantacinquenne palestinese Salma Zidane (l’intensa Hiam Abbass) vive in Cisgiordania, dopo essere rimasta sola: il marito è morto e i suoi figli se ne sono andati in America. Qui sopravvive grazie ai suoi limoni, coltivando un giardino ereditato, appartenente alla sua famiglia, mai coinvolta in azioni terroristiche, da svariate generazioni.

giardino-di-limoni
La locandina del film

Un bel (e triste) giorno, il Ministro della difesa israeliano, Navon (Doron Tavory) s’insedia nella super protetta abitazione limitrofa e, per ragioni di sicurezza, ordina lo sradicamento delle piante della vicina, proponendolo la concessione di un adeguato risarcimento in denaro. Triste giorno perché da qui inizierà una battaglia legale, ingaggiata dalla donna, che sarà lunga e stremante, con il rifiuto categorico di un risarcimento che solo il Ministro considera adeguato, perché per Salma quella terra è tutto ciò che le rimane, tutta la sua vita fatta di duro lavoro, di solitudine, di amore e di ricordi. Oltre che sua unica fonte di sostegno economico. Aiutata da un giovane avvocato in carriera, divorziato e immaturo, a tratti egocentrico e ambiguo, Ziad Daudv (Ali Suliman), con cui avvierà anche una relazione sentimentale, la donna intraprende una battaglia che la porterà fino alla Corte suprema dello Stato ebraico. Salma troverà, inaspettatamente, anche il supporto di Mira (Rona Lipaz Michael), la moglie del Ministro, che, stanca della sua vita solitaria per i continui e numerosi impegni del marito, prende a cuore il caso della sua vicina di casa palestinese.

giardino-di-limoni
La protagonista

E’ una storia semplice, quella di questo film del regista noto per “La sposa siriana”, quella di una donna e dei suoi alberi, di vicini di casa che possono essere davvero molto “invadenti”, di una storia che, nella sua semplicità, prova a parlare, sommessamente, delle complesse e intricate relazioni tra i popoli in Medioriente (non solo tra Israele e Palestina), coi suoi drammi, le sue contraddizioni, i suoi intoppi, le sue tragedie, la difficoltà totale al dialogo. Non si vede violenza (che resta fuori e sullo sfondo), se non quella psicologica, una lotta e una resistenza che si tentano di portare avanti con la strenua disobbedienza civile, un normale trascorrere delle vite precluso a causa di ataviche controversie politiche.

Lo spettatore è portato ad affrontare il tema della questione irrisolta del conflitto arabo-israeliano (“Non ci sono riusciti in tremila anni…”, si dice nel film), di cui il volto di Hiam Abbas, così come la sua condizione di cittadina israeliana di etnia araba, sono interpreti ideali. Ci sono poi gli affetti familiari, le tradizioni, il legame con la propria terra, la dignità e l’autodeterminazione dei popoli, il clima di sospetto reciproco e di paura a cercare di parlare. E un’altra donna, alla fine, la sola ad interessarsi seriamente del dramma della vicina cercando di superare il confine storico-politico oltre che fisico. Un ponte di amicizia, di pace e di coraggio che si cerca di costruire, con immensa fatica. Una narrazione che avvolge.

giardino-di-limoni
Il giardino dei limoni

Non c’è l’happy end, anzi il finale lascia un po’ d’amaro in bocca (gli alberi di limone non sono abbattuti ma sono mozzati, resi inutili, decimati dalla sentenza e dalla stupidità degli uomini); non c’è un vero vincitore perché ognuno perde qualcosa nel gioco assurdo dei confini imposti, in una vita dominata da soprusi e da soverchierie gratuite e inutili. Quella vittoria parziale porta a un finale amaro e incompiuto.Tanti sono gli sguardi, i sorrisi, le lacrime, la fusione tra il bel sogno e la dura realtà.

La disputa su quel giardino profumato di limoni diviene la metafora della contrapposizione tra ciò che si vorrebbe veramente e quello che ciascuno è invece costretto a vivere nella quotidianità, stupido retaggio di un passato fatto di lutti e sofferenza. Dietro a un imponente e infinitamente lungo muro grigio che non lascia molte speranze. E poi, ricorda il regista, il limone è una pianta semplice e leggiadra, dai frutti bellissimi ma che praticamente non si possono mangiare e, soprattutto, non è carica del significato morale e storico dato all’olivo (e i film che raccontano della situazione tra Israele e Palestina trattano spesso il tema della devastazione del territorio e dello sradicamento degli olivi).

La lotta di Salma in difesa dei suoi limoni assume una valenza universale. La sua è la lotta di ogni popolo oppresso, di chi si batte per la libertà e per il futuro. Instancabilmente. Un film che non fa miracoli, che non racconta nulla di nuovo, per i territori occupati, che non ha messaggi politici, perché non si schiera da una parte o dall’altra o non manipola le diverse realtà, ma che si concentra solo sull’uomo, sul suo dramma esistenziale nei conflitti e la sua voglia di sopravvivere in serenità. Un bel messaggio, bello proprio perché universale.

Il giardino di limoni di Eran Riklis, con Hiam Abbass, Ali Suliman, Rona Lipaz Michael, Doron Tavory, Tarik Copty, Amos Lavie, Amnon Wolf, Smadar Yaaron, Ayelet Robinson, Danny Leshman, Israele, Germania, Francia 2008, 106 mn.

tag:

Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

PAESE REALE

di Piermaria Romani

PROVE TECNICHE DI IMPAGINAZIONE

Top Five del mese
I 5 articoli di Periscopio più letti negli ultimi 30 giorni

05.12.2023 – La manovra del governo Meloni toglie un altro pezzo a una Sanità Pubblica già in emergenza, ma lo sciopero di medici e infermieri non basterà a salvare il SSN

16.11.2023 – Lettera aperta: “L’invito a tacere del Sindaco di Ferrara al Vescovo sui Cpr è un atto grossolano e intollerabile”

04.12.2023 – Alla canna del gas: l’inganno mortale del “mercato libero”

14.11.2023 – Ferrara, la città dei fantasmi

07.12.2023 – Un altro miracolo italiano: San Giuliano ha salvato Venezia

La nostra Top five
I
 5 articoli degli ultimi 30 giorni consigliati dalla redazione

1
2
3
4
5

Pescando un pesce d’oro
5 titoli evergreen dall’archivio di 50.000 titoli  di Periscopio

1
2
3
4
5

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it