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Einar
Einar

La storia di Lili, Lili Elbe, come il fiume Elba, la vita di quello che viene definito il primo transessuale della storia, o per lo meno il primo che abbia avuto una storia e un epilogo tanto eclatanti. Siamo a Copenhagen, in Danimarca, agli inizi degli anni ‘20. Tempi ancora non maturi, sicuramente, per un uomo che si sente donna nell’animo e che vuole diventarlo anche nel corpo. Il film è The Danish girl. L’uomo e artista danese in questione è Einar Mogens Andreas Wegener (Eddie Redmayne), paesaggista rinomato con una bellissima e affascinante giovane moglie, Gerda (Alicia Vikander), che lo ama profondamente e l’asseconda nella sua arte. Teneramente e con devozione. Soprattutto che anche lei dipinge, se pur con minor successo. Un successo che arriverà, inaspettato e travolgente, quando ella ritrarrà il marito vestito da donna. Il dipinto raggiunge grande popolarità e Einar inizia a mantenere ogni giorno un’apparenza femminile, cambiando il suo nome in Lili Elbe. Da un inizio goffo, un uomo che gioca con scarpe, tacchi, foulard, gonne, parrucche e profumi, vedremo nascere una donna splendida, raffinata, elegante e decisa. Ci troviamo presto di fronte a un uomo profondamente lacerato nella sua identità, una metamorfosi lenta e in crescendo che avviene sotto gli occhi di una moglie che resta vicina fino all’ultimo giorno, un segnale di amore, affetto e pazienza incredibili. Fino al primo tentativo della storia di cambio di sesso da uomo a donna, avvenuto in Germania e, come vedremo, andato solo parzialmente a buon fine. L’intervento avrà enormi ripercussioni sul matrimonio di Einar-Lili e sulla sua identità, ovviamente.

Einar-Lili

Ma tutto avanza e Eddie Redmayne è fenomenale nello sdoppiarsi e cercare di farsi dare le chiavi della felicità (è infatti candidato all’Oscar 2016 come miglior attore protagonista e onestamente se lo meriterebbe tutto). Anche Alicia Vikander è splendida, nell’interpretare una moglie fedele a un amore che diventa diverso, quasi trascendente e soprannaturale, una pittrice diventata famosa proprio grazie a quel marito-donna che non era mai presente alle sue mostre ma che lo vedeva sostituito da Lili, un’amica che invece c’era sempre, era sempre accanto. Con il suo fascino. Non è solo la storia di un transessuale o di una sola “danish girl”, ma di due, Gerda e Lili. Il film parla, infatti, di due grandi donne forti e coraggiose, ciascuna in modo diverso. Di un amore che sfida i pregiudizi e che non viene mai messo in discussione anche quando tutto sembra ostacolarlo e andare contro. Si mettono in primo piano un uomo, Einar, che sceglie l’anima rispetto a un corpo, e una donna, Gerda, che sceglie di crederlo, anche quando avrebbe forse voluto allontanarlo, anche quando tutti lo credono pazzo o schizofrenico. Anche quando lei soffre. Perché alla fine sceglie di seguire l’amore, di far parte comunque della vita di Einar, di essere madre, moglie, sorella e amica insieme, sempre, fino all’ultimo. Comprendendo, cambiando, dimostrando, tenendo per mano. Salvando. Perché l’amore non si sceglie, qualunque esso sia.

Locandina del film
Locandina del film

The Danish Girl, di Tom Hooper, con Eddie Redmayne, Alicia Vikander, Amber Heard, Sebastian Koch, Ben Whishaw, Matthias Schoenaerts, Gran Bretagna, USA, 2015, 120 mn.

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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