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scena del film

Un cortometraggio russo di 15 minuti corre per l’Oscar 2016. Una bella novità, originale. Pochi minuti colorati e intensi, quelli del corto animato We Can’t Live Without Cosmos (Мы не можем жить без космоса – Mi ne mozhem zhit bez kosmosa) del regista Konstantin Eduardovich Bronzit tengono incollati allo schermo, grandi e piccini.

Avventurosi e toccanti i due protagonisti, due inseparabili amici d’infanzia che fin da bambini sognano di diventare astronauti. L’intenzione di Bronzit, come ha detto in un’intervista al New Yorker, non è quella di parlare di programmi spaziali e solo parzialmente è quella di toccare il tema dell’amicizia (anche se a uno spettatore normale, subito questo viene in mente). Il regista vuole piuttosto toccare il tema della solitudine, degli stretti legami che uniscono le persone, di quanto siano e debbano essere vicine. Vi è incapacità, ormai, nelle società moderne, di vivere diversamente, uscendo talora allo scoperto, verso aree diverse, verso uno spazio aperto dove si possa realmente respirare profondamente e liberamente.

Il regista Konstantin Bronzit
Il regista Konstantin Bronzit

Il video si può vedere online (vedi) e, senza alcun dialogo (anche questo è il suo bello), racconta la storia di due simpatici amici astronauti, i cui nomi si possono solo immaginare, che si preparano per un’importante missione spaziale. Dalla cameretta raccolta e intima dove condividono i loro sogni fino alla dura preparazione atletica e psicologica quotidiane, torniamo anche un po’ indietro nel tempo. Alcuni amici russi che hanno visto il cortometraggio mi hanno confessato, quando vedono la folla applaudire la missione, di ricordare immagini d’epoca dei primi voli russi dello spazio, anche nei vestiti, negli atteggiamenti, nel tipo di personaggi che sfilano sullo schermo. Nelle sensazioni e nei gesti.

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scatto Polaroid, i due amici

Ci sono le attese, la fiducia, l’amicizia, la partenza, la sensazione di felicità, di soddisfazione e di completezza nel far parte di una squadra simile, l’onore di rappresentare un sogno.

Qualcuno l’ha, azzardatamente, paragonato a 2001 Odissea nello spazio di Stanley Kubrick o ai più recenti Gravity e Interstellar, ma Bornzit si dissocia. Forse la somiglianza nasce dal semplice fatto che si parla di spazio e di esistenza di spazio mistico, ma nel cortometraggio russo lo spazio gioca solo da sfondo a un’amicizia e a un desiderio di coronare un sogno. E poi il linguaggio è sicuramente differente. Il tutto fermo in uno scatto Polaroid.

L’animazione, semplice ma umana, è comunque bellissima e intrigante, il finale lascia aperta ogni riflessione. Altamente consigliato.

locandina
locandina

We Can’t Live Without Cosmos, di Konstantin Bronzit, Russia, cortometraggio d’animazione 2014, 15 mn.

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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