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4 Novembre 2016

Strategia della vongola

Tempo di lettura: 3 minuti


Da una parte la paura, dall’altra la speranza. A rappresentare con efficacia il contrasto, ecco il montaggio (non casuale) di un servizio del Tg3 che, nei giorni di Gorino, mostra in rapida sequenza prima i volti tirati dei residenti che sibilano “noi siamo buoni e pacifici, finché non ci invadono…”; e di contrappunto l’espressione serena di una ragazza di Sarajevo – che gli invasori li ha conosciuti davvero -, la quale racconta come la sua casa sia crollata sotto le bombe e lei, fuggita dal dramma a un passo dalla laurea, abbia ricominciato tutto daccapo a Ferrara e abbia poi raggiunto il traguardo degli studi nel nostro ateneo pur dovendo ripetere tutti gli esami. E lo dice senza rancore per nessuno, con lo sguardo limpido, auspicando un futuro migliore per tutti, parlando con consapevole lucidità dei problemi che ci attraversano.

E’ racchiuso in queste due immagini contrapposte il senso della tragedia che stiamo vivendo. C’è chi sbarra occhi, cuore e cervello davanti a una realtà che, piaccia o non piaccia, va affrontata con raziocinio e non con i forconi. E c’è chi invece si prodiga, non si arrende, persevera nella ricerca e caparbiamente insegue l’orizzonte di un’esistenza degna.

Occorre forse rispolverare un post-it della memoria per comprendere davvero il dramma attuale. Lo sfruttamento coloniale delle potenze occidentali in Africa ha causato duecentocinquanta milioni di morti. A proposito di invasi e invasori… Un giogo durato più di quattro secoli (di cui permane tuttora la sudditanza economica) segnato da schiavitù, barbarie, feroci ingiustizie, depauperamento selvaggio di ogni risorsa mineraria e agricola (basti pensare a diamanti, rame, oro, zucchero, cotone, cocco, té, caffé, caucciu che hanno fatto la fortuna degli imperi d’occidente e dei suoi mercanti). I contrasti di oggi sono figli delle nostre colpe, non possiamo ignorarlo. Frutto della sopraffazione nei confronti di popolazioni inermi. Non dimentichiamolo.

Poi, con questa consapevolezza ben fissata in testa, possiamo ragionare dell’oggi e valutare seriamente, accanto al dovere di solidale accoglienza, anche le problematiche che spesso s’accompagnano ai fenomeni migratori, a cominciare dal dramma della criminalità, e le conseguenti necessarie forme di tutela da adottare. Ma senza scivolare nella massificazione dei giudizi e senza dimenticare lo sfruttamento operato dalle cosche nostrane (gente italica, per intenderci) che speculano su questi drammi e sulla fragilità di chi ne è protagonista; ricordiamoci dunque anche delle vergognose ruberie perpetrate di frequente pure dai colletti bianchi di casa nostra, che prosperano sulla miseria e fanno business a tutti i livelli, dall’accoglienza, all’assistenza, all’inserimento lavorativo, con caporali e generali sempre all’opera…
E poi consideriamo che se questo risulta per molti il tratto più appariscente dell’immigrazione, non è però quello dominante. In media si macchia di reati un immigrato su quattro: non è poco ma non ci deve far scordare dei tre che si comportano correttamente. Pensiamo quindi anche alla maggioranza dei migranti che fra mille difficoltà vivono pacificamente fra noi, contribuendo con il loro lavoro al soddisfacimento di nostri bisogni, svolgendo spesso occupazioni che noi e i nostri figli rifiutiamo.

Certo, lo sappiamo: al fondo, in tanti prevale l’irrazionale timore dello straniero. E questo è un baratro pericoloso perché obnubila la mente. Il coraggio, si dice, genera eroi. E la paura, invece? Quando prevale non c’è da attendersi nulla di buono. La paura si nutre di mostri e da essa scaturiscono altri mostri. La paura induce chi ne è preda a rinserrare il chiavistello e a premere il grilletto al primo rumore sospetto. E’ successo, succederà sempre. Nella comunità impaurita il singolo smarrisce la propria umanità e si annulla in una moltitudine berciante, popolata di sceriffi, giustizieri fai da te pronti a emettere sentenze ed eseguire condanne. Per questo il grido “restiamo umani” è ben più di uno slogan. E’ un’invocazione all’intelletto, l’antidoto al terrore che si genera a ogni strage e in ogni frangente in cui l’individuo sente insidiate le proprie sicurezze. L’istinto di vendetta è atavico, la volontà di sopraffare per non essere sopraffatti, pure. Ma secoli di storia e di progresso ci devono rendere più forti degli impulsi. E aiutarci a comprendere che, se non vince la razionalità, tutti perderemo tutto, in un titanico scontro che lascerà solo macerie fumanti sulla crosta di un mondo già agonizzante, segnato da violenza, sopraffazione, guerre sanguinose. Un mondo ormai al limite del collasso civile e ambientale, a causa della miopia e degli egoismi di quella specie mai estinta che è l’uomo-rapace, di ogni razza, credo o colore che sia.

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Sergio Gessi

Sergio Gessi (direttore responsabile), tentato dalla carriera in magistratura, ha optato per giornalismo e insegnamento (ora Etica della comunicazione a Unife): spara comunque giudizi, ma non sentenzia… A 7 anni già si industriava con la sua Olivetti, da allora non ha più smesso. Professionista dal ’93, ha scritto e diretto troppo: forse ha stancato, ma non è stanco! Ha fondato Ferraraitalia e Siti, quotidiano online dell’Associazione beni italiani patrimonio mondiale Unesco. Con incipiente senile nostalgia ricorda, fra gli altri, Ferrara & Ferrara, lo Spallino, Cambiare, l’Unità, il manifesto, Avvenimenti, la Nuova Venezia, la Cronaca di Verona, Portici, Econerre, Italia 7, Gambero Rosso, Luci della città e tutti i compagni di strada

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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