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Da Rino Bonora

Vorrei ricordare due frasi di Israel Corrado Debenedetti (ebreo ferrarese, a cui il Sindaco Tagliani consegnò una “targa di riconoscenza” nel 2014). Sono tratte da :
Da Ferrara a Israele, passando per la lunga notte del ’43 …

www.ferraraitalia.it/da-ferrara-a-israele-passando-per-la-lunga…

Da Ferrara a Israele, passando per la lunga notte del ’43: la storia di Corrado Israel De Benedetti /)

“C’erano dei campeggi di formazione: io ho partecipato all’ultimo prima della guerra, a Canazei, nell’inverno fra 1939 e 1940”.

Si noti “fra il 1939 e il 1940”, Debenedetti partecipò a un campo di preparazione per la partenza in Israele dopo le leggi razziali del 1938. Sembra incredibile!

Inoltre :
Prima del 1938 aveva mai subito atti di antisemitismo? Aveva amici non ebrei?
No, allora non avevo amici cattolici, solo dopo la guerra all’università, quando ho frequentato chimica per due anni qui a Ferrara.
So che ad alcuni è successo, ma io non ho mai subito atti di antisemitismo, la maggior parte della popolazione ferrarese non sapeva chi era ebreo e chi non lo era.

Mi sembra che i ferraresi, alla fine, non facciano una brutta figura…Le leggi razziali del 1938 non furono soltanto un gravissimo e stupido errore commesso dal fascismo (poichè gli Ebrei, in grande maggiornanza, non erano ostili al regime), ma costituirono un’infamia indifendibile,ieri come oggi.
Ciò premesso, non è mai possibile fare di ogni erba un fascio e confondere le responsabilità storiche dei vari regimi, che sono diverse.
Faccio un esempio : lesioni, percosse e omicidio sono reati, ma il Codice Penale prevede pene diverse a seconda delle responsabilità del reo. E, sul piano politico, le colpe di Stalin non sono uguali a quelle di Kruscev, così come Franco e Hitler non possono esser messi sullo stesso piano.
Circa le leggi razziali del 1938, esse prevedevano, ad esempio, che gli universitari ebrei già iscritti potessero concludere gli studi e conseguire la laurea, come fece Giorgio Bassani nel 1939 a Bologna.
E il Regio Decreto n. 1779 del 15 settembre 1938, all’art. 5, disponeva quanto segue :
“Per i fanciulli di razza ebraica sono istituite, a spese dello Stato, speciali sezioni di scuola elementare nelle località in cui il numero di essi non sia inferiore a dieci. Le comunità israelitiche possono aprire, con l’autorizzazione del Ministro per l’educazione nazionale, scuole elementari con effetti legali per fanciulli di razza ebraica, e mantenere quelle all’uopo esistenti”.
I professionisti (come gli avvocati) potevano rimanere iscritti al loro ordine, sia pure in un vergognoso “elenco aggiunto”, come fece l’Avv. Renzo Ravenna, che continuò ad esercitare la professione forense.
Gli Ebrei, oggetto di un’odiosa discriminazione, furono quindi ignobilmente declassati a “cittadini di serie B” (come peraltro avveniva nel Regno di Sardegna fino al 1848, quando Carlo Alberto concesse loro la pienezza dei diritti civili).

Con questo non intendo certo (ci mancherebbe altro!) difendere le ignominiose leggi razziali. Ma fra inviare gli Ebrei nei campi di sterminio e declassarli a “cittadini di serie B” c’è una bella differenza! Se non sul piano morale (le percosse ad un anziano possono risultare anche più vili e odiose di un omicidio), almeno su quello giuridico e storico.

Qualcuno riesce ad immaginare, nella Germania nazista del 1938, uno studente ebreo a cui viene consentito (come accadde a Bassani) di conseguire l’alloro accademico? O un altro studente che nell’inverno 1939-40 partecipa a un campeggio di formazione in quel di Canazei?
O può ipotizzare sezioni di scuola elementare per gli alunni ebrei, istituite “a spese dello Stato”? Non scherziamo su un argomento così doloroso!
Il più grande campo di internamento in Italia fu quello di Ferramonti-Tarsia, in provincia di Cosenza.Nessuno degli internati fu vittima di violenze o fu direttamente deportato da Ferramonti in Germania. Al contrario, le autorità del campo non diedero mai seguito alle richieste tedesche, al punto che lo storico ebreo inglese Jonathan Steinberg definì il campo di Ferramonti come “il più grande kibbutz del continente europeo”.

Gli internati potevano ricevere dall’esterno posta e cibo e, all’interno del campo, godettero sempre della libertà di organizzarsi eleggendo propri rappresentanti, di avere un’infermeria con annessa farmacia, una scuola, un asilo, una biblioteca, un teatro e dei propri luoghi di culto. Diverse coppie si formarono e sposarono nel campo, dove nacquero 21 bambini. A conferma di questa sua storia di umanità, le relazioni degli ufficiali del Regno Unito che entrarono a Ferramonti nel 1943, descrissero il campo di Ferramonti più come un piccolo villaggio che non un campo di concentramento. Gli internati, infine, ricevettero continua assistenza dalla DELASEM, l’ente di assistenza ai profughi creato nel 1939 dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane con l’autorizzazione del governo. Vi operava anche la “Mensa dei bambini” di Milano, diretta da Israele Kalk.

Ecco perchè Israel Corrado Debenedetti ha affermato che “Mussolini salvò più di 3000 Ebrei”. Non ritengo che Mussolini abbia agito intenzionalmente e non credo che abbia diritto a particolari titoli di merito. Ma, oggettivamente, le vicende andarono così. E gli internati di quel campo si salvarono.

Certo, non era il paradiso in terra e la privazione della libertà è sempre terribile. Ma solo un folle può paragonare Ferramonti ad Auschwitz o a Buchenwald!

E allora, per rispetto della verità storica, nessuno si deve offendere con chi afferma che l’atteggiamento del fascismo e del nazismo nei confronti degli Ebrei fu egualmente condannabile dal punto di vista morale, ma ben diverso sul piano degli effetti pratici, almeno fino al 25 luglio del 1943. Dopo tale data ogni giudizio, secondo me, perde di significato reale, perchè Mussolini non contava più nulla e nell’ Italia del Nord comandavano solo i Tedeschi.
Capisco di affermare una verità che dà fastidio (come hanno dato fastidio le affermazioni controcorrente di Israel Corrado Debenedetti) ma la storia non può essere cambiata a nostro piacimento.
Concludo con due osservazioni relative a realtà che personalmente mi hanno addolorato e mi addolorano.
La prima riguarda tre democraticissime nazioni (U.S.A., Gran Bretagna e Francia) che, all’approvazione delle leggi razziali (1938) non solo non ritirarono da Roma i propri ambasciatori, ma non inviarono neppure una nota di protesta, che forse avrebbe fatto capire a Mussolini che una buona parte del mondo non era d’accordo con lui. Invece, fino al 1940 Churchill e fino al 1941 Roosevelt intrattennero buoni rapporti con Mussolini, forse nella speranza di staccarlo da Hitler, come emerge dalla numerosa corrispondenza che è stata pubblicata.
La seconda riguarda quei senatori che ebbero il coraggio – come il Gen. Guglielmo Pecori Giraldi – di votare NO di fronte all’obbrobrio delle leggi razziali. Nessuno, a quanto mi risulta, ha mai proposto in Senato di ricordarli almeno con una lapide, mentre il busto di Gaetano Azzariti senior trionfa nel salone d’onore della Corte Costituzionale…

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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