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12 Giugno 2017

Tamarrow Never Knows

Tempo di lettura: 3 minuti


Mi sento un po’ scemo a scriverlo ma è passato quasi un mese e devo ammettere che sono ancora preso abbastanza male per il modo in cui se n’è andato Chris Cornell.
Per forza di cose, dopo aver saputo cos’era successo, mi è successo quello penso succeda a un sacco di gente in questi casi.
Ho rimesso su il suo primo album vero e proprio con i Soundgarden, “Ultramega OK” del 1988.
E non mi sono impressionato granché, l’ho tolto che non ero arrivato neanche a metà.
Ho scoperto anche che quel disco non faceva impazzire nemmeno i Soundgarden stessi, lo chiamavano “ultramega not bad at all” e altre storpiature del genere.
Però poi, forse il giorno stesso, ho fatto la cazzata: ho rimesso su “Badmotorfinger”, il primo disco loro che avevo sentito a 18 anni.
Pensavo che dopo tutto questo tempo non avrei più avuto le orecchie per quella roba ma invece, non so perché, ho ricominciato ad ascoltare praticamente solo i Soundgarden scapocciando allegramente ma non troppo perché si sa, quella roba anni ’90 ha la sua certa cupezza.
Comunque ho scoperto che mi piacciono ancora un bel po’.
Tutto, tranne quell'”Ultramega OK” che non so perché ma proprio non mi entra.
Comunque adesso mi sono imposto di non spararmeli più per un po’ di tempo perché stavo impazzendo.
Avevo iniziato a farmi delle domande brutte sul valore che diamo alle cose grazie anche ai nostri ricordi.
Chiaro che il valore di Soundgarden resta più o meno indiscutibile.
Non lo dico solo io, lo dice anche uno come Johnny Cash.
Lo dicono anche certe evoluzioni di tanta musica “pesante”.
I Soundgarden non sono mai stati il mio gruppo del cuore ma – come ho ripetuto fino alla nausea a tutti quelli che mi dicevano “oddio i Soundgarden” in quei giorni – ci volevano.
Ci volevano perché hanno dato una bella svolta alla musica – non solo di Seattle – ma soprattutto, ci volevano perché avevano le canzoni.
Anche se non erano esattamente “la tua roba”, quelle canzoni hanno sempre avuto spunti interessantissimi.
Vuoi per quelle chitarre così strane e a volte così complicate, per quei tempi assurdi, per quell’odore di Beatles nel loro periodo “maturo”, per un sacco di roba.
Così mi sono fatto tutte queste brutte domande sui ricordi, su chi sono io, che all’epoca di “Badmotorfinger” avevo 4 anni ed ero in ospedale con la salmonella, e niente: ancora una volta mi sono dovuto ricordare che praticamente – a parte i White Stripes beccati in tempo reale – ho avuto solo ricordi più o meno adolescenziali di seconda o terza mano.
Però una sera, mentre stavo bevendo una birra al mio bar preferito, il “Bar Scandiana”, sono arrivati i tipi del palio, quelli della Contrada di S.Maria in Vado, se non sbaglio.
Hanno iniziato a fare un gran casino, han tirato fuori pure un asino e un cavallo e poi li hanno fatti benedire al prete.
Così, per isolarmi un po’, per lasciar loro la loro giusta intimità, mi sono messo su Jesus Christ Pose, traccia n° 4 dal caro vecchio “Badmotorfinger”.
E a quel punto ho realizzato qualcosa di ancora più peso.
Perché niente, ho capito che è facile sgamare i Beatles in Black Hole Sun.
La vera bazza è capire che Jesus Christ Pose è la Tomorrow Never Knows degli anni ’90, alla faccia dei Chemical Brothers che si sbattono come pazzi.
Per me è abbastanza evidente.
Ok, è un po’ più tamarrow che tomorrow ma per me è così.
In più dopo che avevo finito di ascoltarla e il prete aveva finito con la sua benedizione, lì al bar è partito un gran bestemmione, bestemmione che non ho potuto fare a meno di intendere come un segno da parte di Gesù Cristo in persona che mi fa pat pat sulla testa.
Così, in simpatia, con quella consueta autoironia che lo caratterizza da sempre e a cui la storia dell’uomo l’ha un po’ costretto.

Jesus Christ Pose (Soundgarden, 1991):

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