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Questa settimana parliamo di gioco. E chi meglio della Lego esemplifica l’idea di gioco? La Lego non poteva resistere alla tentazione di avere un mercato anche per adulti e così ti inventa il Lego Serious Play. “Un gioco per allenatori e atleti dell’esistenza umana ai nostri tempi. Sono gli ‘inner games’, i giochi interiori, con l’illusione di liberarci da tutto ciò che ci potrebbe ostacolare nell’appagamento dell’ossessione del successo. Insomma, la storia è sempre la stessa giocare per vincere.”

Da sempre le nostre mani hanno servito la mente. Ora invertire le gerarchie del nostro corpo può sembrare sorprendente. Eppure la superiorità del cervello nella specie umana deve cedere di fronte al pragmatismo delle mani. Con le mani si può pensare. È la scoperta delle neuroscienze che la Lego, la famosa casa danese, quella dei mattoncini della nostra infanzia, ha fatto propria con il metodo Lego Serious Play, Lsp. La parola ‘serious’ non manca di suggerirci qualcosa di più di un semplice gioco. Ma si sa che quando sono gli adulti a mettersi a giocare è già tutta un’altra storia.
Si tratta di un servizio di consulenza offerto da un facilitatore, o allenatore o coach, certificato Lego Serious Play, con l’obiettivo di favorire il pensiero creativo attraverso l’uso dei mattoncini Lego. I partecipanti lavorano su problemi aziendali – reali o immaginari – attraverso scenari sviluppati con le costruzioni tridimensionali Lego, da cui il nome “gioco serio”.
Il metodo, in uso dagli anni ’90 in numerose aziende ed università europee, è descritto come “un processo appassionato e pratico per costruire fiducia, impegno e intuizione”. Promette una veloce, profonda e significativa comprensione del mondo e delle sue possibilità. Si presenta come indispensabile per imparare a comunicare in modo efficace, per attivare l’immaginazione, per affrontare il lavoro con maggiore fiducia, impegno e intuizione.
In realtà nulla di nuovo, ma come sempre giungiamo in ritardo a scoprire le cose più semplici che ogni giorno stanno sotto i nostri occhi.
Seymour Papert, matematico, informatico, pedagogista sudafricano, naturalizzato statunitense, ce l’aveva già descritto con il suo ‘costruzionismo’, guarda caso, introducendo il concetto di ‘artefatti cognitivi, cioè oggetti che facilitano lo sviluppo di specifici apprendimenti.
È stato tra i primi ad adottare Lego come strumento per l’educazione e la didattica, sfruttando la stretta relazione che esiste fra le mani ed il cervello. Ce l’aveva detto nei primi decenni del secolo scorso anche Maria Montessori, ma ora le ricerche nel campo neuroscientifico confermano che le mani sono connesse con circa il 70/80% delle nostre cellule celebrali. Ciò implica che sfruttando queste connessioni neurali, attraverso la stimolazione simultanea di mani e cervello nella costruzione materiale di un artefatto, è possibile sollecitare l’apprendimento e il pensiero creativo.
Il fatto è che questo giocare, proposto agli adulti dalla Lego Serious Play, non è più quello dei bimbi per esplorare il mondo e conoscere se stessi.
Il gioco è studiato per primeggiare nella vita e nel lavoro. Il gioco è un allenamento per vincere la partita non insieme agli altri ma contro gli altri. Il gioco simbolico dei bambini qui si fa gioco di simulazione, di contesti virtuali per progettare e programmare le mosse vincenti quando sarà il momento vero della vita. Non mancano neppure i siti web che offrono corsi per apprendere a raggiungere prestazioni eccellenti in ambito lavorativo, sportivo e nella propria vita quotidiana. Un gioco per allenatori e atleti dell’esistenza umana ai nostri tempi.
Sono gli ‘inner games’, i giochi interiori, con l’illusione di liberarci da tutto ciò che ci potrebbe ostacolare nell’appagamento dell’ossessione del successo.
Insomma, la storia è sempre la stessa giocare per vincere.
Ancora una volta la strada intrapresa è quella di piegare il capitale umano alle regole inflessibili del mercato. Ben altra cosa dall’utilità vera del gioco, dalla via segnata da Seymour Papert.
Non c’è età in cui l’essere umano non abbia bisogno per esistere della mediazione del gioco, non per vincere, ma per imparare e comprendere.
Secondo Papert, la nostra mente ha bisogno di materiali da costruzione appropriati, esattamente come un costruttore: il prodotto concreto può essere mostrato, discusso, esaminato, sondato e ammirato.
La difficoltà ad assimilare concetti non è dovuta alla loro complessità o formalità, ma alla povertà culturale dei materiali che usiamo come mediatori, che dovrebbero rendere il concetto semplice e concreto. Perché è soprattutto con l’aiuto di artefatti cognitivi che l’uomo da sempre apprende.
Pensiamo allo sviluppo della conoscenza che hanno prodotto i computer e la rete, veri artefatti di supporto all’istruzione per tutti, ad ambienti di apprendimento che aiutano a costruirsi nuove idee.
Come negare che il computer con le sue opportunità, o la televisione stessa, non sia il gioco per eccellenza della nostra epoca.
Ormai con un click interagiamo con il mondo, si formano comunità di apprendimento senza gerarchie, si creano e si condividono idee, l’errore è fonte di confronto, si impara in modo significativo.
Il rischio vero è che nel gioco della vita siano ben altri a prendersi gioco di noi, pretendendo di insegnarci a vivere una vita che non è la nostra.

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Giovanni Fioravanti

Docente, formatore, dirigente scolastico a riposo è esperto di istruzione e formazione. Ha ricoperto diversi incarichi nel mondo della scuola a livello provinciale, regionale e nazionale. Suoi scritti sono pubblicati in diverse riviste specializzate del settore. Ha pubblicato “La città della conoscenza” (2016) e “Scuola e apprendimento nell’epoca della conoscenza” (2020). Gestisce il blog Istruire il Futuro.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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