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Un anno di vita, un GuestBook con consigli utili per i turisti in tre lingue, due portali a settembre e una scomessa: passare da 70 a 100 soci nel prossimo anno. E’ l’obiettivo del consorzio Visit Ferrara, rete di operatori turistici formato da agenzie, camping, alberghi e associazioni deciso a viaggiare solo, ma contando su tanti, per vendere soggiorni in tutta la provincia, dalla città al mare. Catturando diversi target di viaggiatori dediti al cicloturismo, al turismo lento, culturale, enogastronomico e naturalista. Il tutto con offerte personalizzate cui Visit – in un momento di transizione per la Provincia in metamorfosi – garantirà la commercializzazione . “Un progetto che ci è piaciuto molto, condiviso fin dal primo momento con operatori e Camera di commercio che hanno contribuito alla sua realizzazione – spiega l’uscente presidente della Provincia, Marcella Zappaterra”. Un progetto dall’anima continentale. “Segue le indicazioni dell’Europa favorevole alle reti di aziende”. E magari, rispettandone le indicazioni, c’è pure la possibilità di portare a casa qualche finanziamento per un angolo di Emilia-Romagna ancora lontano dal registrare un numero di pernottamenti, le cosiddette presenze, capace di sostenere l’industria del turismo.

Le speranze non mancano. «Il consorzio – ha spiegato il presidente Franco Vitali, titolare del camping Florenz di Lido degli Scacchi  – dimostra la validità della collaborazione di molti nel mettere in campo iniziative mirate. E’ una strategia che aumenta il valore della destinazione, l’attrattiva di tutta la provincia, concepita come una cosa unica ma con differenti peculiarità, capaci di soddisfare tutto l’anno diversi tipi di target turistico italiano e internazionale. Uno dei nostri obiettivi è trasformarci in una meta sempre più ambita, puntando su nuove idee, progetti e scelte condivise». Ma soprattutto sulla moltiplicazione delle presenze, attualmente 5 milioni, che hanno bisogno dello stimolo di eventi solleticanti.

Dal Ferrara Buskers Festival al Summer di Comacchio, tutto è benvisto pur di attirare il turista per una breve vacanza. Ma i problemi non mancano, primo tra tutti a Ferrara si pone quello della chiusura autunnale del Palazzo dei Diamanti, il nostro biglietto di presentazione nel mondo che, per quel po’ che ci conosce, ci apprezza per l’etichetta di città rinascimentale incoronata da Unesco. “La mancata stagione autunnale ai Diamanti ci mette in difficoltà, non è un segreto – dice Matteo Ludergnani, vice presidente del Consorzio – Si dovrà creare una campagna di comunicazione, nella quale vorremmo essere coinvolti, per far comprendere l’importanza del Castello Estense quale spazio museale, dove ammirare i quadri della pinacoteca”. Operazione sul filo del rasoio in attesa delle grandi mostre del 2015 di FerraraArte di cui si riparlerà in aprile, nel frattempo nessuna sospensione della tassa di soggiorno pensata per sostenere le attività espositive. “Perdiamo l’autunno, spostiamo la stagione fino a lambire il mese di luglio”, continua Ludergnani.
Doppia scommessa con salto carpiato. Si fatica a pensare a luglio e agosto come ai mesi migliori per un soggiorno in città, dove di norma l’afa regna sovrana. Più che un rischio calcolato sembra un rischio imposto dagli effetti minacciosi. Non si può ignorare che in cinque anni Ferrara ha perso 80mila presenze. La causa? Crisi, riduzione del numero delle fiere di Bologna i cui clienti spesso pernottavano a Ferrara e da ultimo, ma non ultimo, il terremoto ci hanno fatto arretrare nella graduatoria del gradimento turistico nonostante l’abbassamento dei prezzi di permanenza. Se poi si aggiunge la concorrenza culturale delle mostre di Bologna e Rovigo, l’assottigliamento del patrimonio artistico con musei e chiese danneggiati dal sisma, appare chiaro come la programmazione dei lavori ai Diamanti diventi uno scoglio pericoloso da superare. Recuperare con la comunicazione sarà una dura impresa, senza contare che l’occupazione e l’indotto diretto e indiretto collegati al museo per eccellenza, subirà un contraccolpo. Ma su questo, numeri e previsioni non se ne fanno.

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Monica Forti


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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