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Da: Mario Zamorani

Trumpopoly

Con Trump al centro sarebbe interessante costruire l’aggiornamento del vecchio gioco da tavolo Monopoly; basti pensare a quante opportunità per ‘probabilità’ e ‘imprevisti’, ma soprattutto ci sono le case e gli alberghi da edificare e con cui arricchirsi. Potrebbe chiamarsi Trumpopoly (avviso per chi produrrà il Trumpopoly: rivendicherò i miei diritti d’autore).
Ora gli Stati Uniti hanno eletto Trump Presidente, anche se è senza alcuna esperienza politica, con programmi incerti e zigzaganti, bugiardo seriale, certo inadeguato e quasi imbarazzante, aggressivo, sessista e a parole anche razzista. Un Presidente al passo con i tempi? Così pare.
Mi dissocio dai molti commentatori che hanno parlato di Trump come espressione ‘dell’America profonda’. Penso si tratti di un voto che viene dalla profondità dei singoli americani, dal buco nero profondo che alberga in essi: tutt’altra cosa. La paura del presente e del futuro (della globalizzazione, cioè di eventi che possono piacere o no ma che non si possono arrestare; della complessità crescente; del potere della tecnologia e così via), derivante dall’incapacità di capirli, determina la risposta che quasi sempre la paura impone: ci si chiude a riccio. Si alzano muri e si cerca un nemico contro il quale combattere, trovando in questo comportamento e in questa fuga dalla realtà un po’ di apparente certezza e di rassicurazione. Si sprofonda verso arcaismi e primitivismi tribali, ci si trincera, si comprano nuove armi e lo stesso voto diventa un’arma; ogni singola parola diviene arma. Protezionismo, declinato in tutte le modalità e forme che riusciamo a concepire, diventa la parola magica che ci darà sicurezza e serenità: la nostra nevrotica coperta di Linus.
La politica e la storia americane sembrano in grado di mettere in atto compensazioni ma non credo che l’Europa, Italia compresa, abbia gli strumenti per farlo a fronte dell’onda lunga che probabilmente arriverà fin qui e che verrà banalmente e per loro utilmente cavalcata dai populisti iperprovinciali nostrani. Che fare se si ritiene di trovarsi di fronte a un grande pericolo? Innanzitutto bisogna studiare per capirlo. Scavare nel profondo come ad esempio sanno fare sociologi, antropologi e psicanalisti. Se tutti i media americani hanno fallito nel più straordinario dei modi nella lettura delle cose esistenti, significa che ci troviamo al cospetto di mutamenti non di costume o culturali ma ben più profondi, decisamente antropologici. La politica, se ancora esiste, credo debba ripartire da qui se vuole salvare partiti democratici, istituzioni democratiche e una politica dei e per i cittadini e per il futuro. La progressiva distruzione della classe media, asse portante delle idee e complessivamente della società che conosciamo, se non si interviene subito con studio e azione, rischia persino di decretare la fine della democrazia, per quanto imperfetta, così come la conosciamo.
Giocare a Trumpopoly ci farebbe bene, ci farebbe comprendere la differenza fra un gioco e la vita reale; con un pensiero riverente a Charlie Chaplin e alla sua parodia del nazismo in Il grande dittatore.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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