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da: Roberto Guerra

Già presentato lo scorso giugno 2013 al Convegno di Ales (Oristano) dalla Biblioteca Gramsciana, il Gramsci futuribile del ferrarese Roby Guerra (Gramsci e il 2000. Per una sinistra italiana nell’era di Internet, La Carmelina edizioni) è rilanciato il 1 febbraio prossimo a Salerno dal giovane critico d’arte emergente Marcello Francolini. Nel Convegno, intitolato “La traccia incancellabile. Riflessioni su Antonio Gramsci”, a cura di Alfonso Amendola e Pasquale De Cristoforo, diversi interventi sull’attualità dell’intellettuale storico progressista. E appunto, anche Francolini che così presenta la sua relazione…Un Gramsci di (M)arinettiana memoria “…Sia ad Antonio Gramsci, che a Filippo Tommaso Marinetti premeva la creazione di un intellettuale di “tipo nuovo”. Un’esigenza più che mai attuale in un mondo economico dove il valore primario è la finanziarizzazione di ogni aspetto culturale e sociale del vivere comune.Quest’accoppiamento mette in circolo pensieri nuovi: la ricerca, in un momento di stasi del presente, di fonti energeticamente rivoluzionarie in un passato remoto. Recuperare degli esempi. Raggrupparli. Utilizzare tale carica contro un sempre crescente pensiero unico. In chiave attuale sembra ottima l’operazione dei neo-futuristi, soprattutto, ed è argomento di cui parleremo, la performance di Graziano Cecchini Rosso-Trevi ad Ales, città natale di Gramsci e l’ultimo lavoro in chiave teorico critica del neo-futurista e transumanista ferrarese Roberto Guerra su Gramsci: Gramsci e il 2000. Per una sinistra italiana nell’era di internet. (La Carmelina edizioni, Ferrara-Roma 2013)…” Francolini è noto anche come come conferenziere internazionale (Seminari sul Futurismo a Tirana, Albania, 2012 e 2013), a Salerno per diverse collaborazioni e iniziative (mostre e performance) e per una simpatica recente polemica urbanistica con lo stesso Vittorio Sgarbi.

Gramsci e Marinetti, entrambi provenienti dall’ambito della letteratura, per questo fiduciosi nel ruolo futuristico dell’intellettuale di tipo nuovo.
Entrambi portatori di una visione avanguardista del pensiero.
Anti-borghesi, per questo fideisti nei confronti della più ampia partecipazione collettiva alla vita sociale.

L’apertura al “nuovo” in reazione a un “passatismo congenito della cultura occidentale” aveva portato in pochi anni il Futurismo alla ribalta dei più importanti centri culturali e industriali d’Europa. Da Milano a Roma a Napoli, da Parigi a Londra, da Bruxelles a Berlino, da Monaco ad Amsterdam a Mosca il Futurismo ha significato innovazione e rivoluzione verso tutti i dogmi accademici e culturali prestabiliti. L’intuizione marinettiana si fonda sulla fede incondizionata del presente come unica strategia possibile atta a creare i termini di una nuova visione del mondo. Ecco perché la storia diventa un peso, se viene sovrapposta ad un presente in dinamica trasformazione. La distruzione del passato ha significato soprattutto la distruzione di ideologie preconcette che non erano più confacenti alle future condizioni sociali che si figuravano in un futuro imminente. L’ideologia futurista è riassumibile sinteticamente nel concetto della “Ricostruzione futurista dell’Universo”. (G.Balla, F. Depero, Ricostruzione futurista dell’Universo, Roma 1915).

In termini di rinnovamento anche Gramsci sembra convergere verso un’attenzione al presente per non farsi abbagliare dal languore romantico e passatista quando afferma: “Ogni fenomeno storico deve essere studiato nei suoi caratteri peculiari, nel quadro dell’attualità reale, come sviluppo della libertà che si manifesta in finalità, in istituti, in forme che non possono essere assolutamente confuse e paragonate … con la finalità, gli istituti, le forme dei fenomeni storici passati.” (A.Gramsci, Il Partito Comunista, Ordine Nuovo 1920)
Nel partito l’operaio collabora a scoprire e a inventare modi di vita originali, dove collabora volontariamente alla attività del mondo, dove pensa, prevede, …dove si sente di costituire un’avanguardia che corre avanti trascinando con sé tutta la massa popolare”.( A.Gramsci, Opere, 9 )

Ai fini storici è noto che Lunacharsky al Congresso del Comintern nel 1921, alla delegazione del Partito Comunista italiano disse che l’unico vero rivoluzionario del loro paese era F.T.Marinetti. A tale dichiarazione seguì una delle più lucide analisi dell’operatività futurista in ambito sociale a firma (anonima. Marinetti il Rivoluzionario?, Ordine Nuovo 1921) di Gramsci che: sottolinea con acutezza il rapporto vitale dei futuristi con lo specifico della città industriale, luogo del mutamento permanente, di una radicale de-costruzione del presente . E’ nella metropoli che si realizza il processo di distruzione del passato in un’ottica d’incessante rinnovamento. E’ lì che devono operare i rivoluzionari: su questa visione strategica ordinovisti e futuristi sono in assoluta sintonia.
L’interesse ordinovista per il futurismo si spiega a partire da quello spirito di ricerca per una nuova cultura che si è concretizzato a Torino con la costituzione dell’Istituto di cultura proletaria (Proletcult), come “terzo organo del movimento di rivendicazione della classe lavoratrice italiana. L’esposizione futurista di Torino, del marzo 1922, riceve la visita di due delegazioni operaie: la prima organizzata dal Proletcult, guidata da F.T. Marinetti e dall’ordinovista U. Calosso, la seconda ad opera delle Sezioni poligrafiche torinesi della Federazione Italiana lavoratori del libro e condotta dall’operaio futurista (sue opere in mostra) Carlo Frassinelli. Credo che il maggiore interesse verso i futuristi fosse rappresentato proprio dall’insegnamento che essi, gli ordinovisti, potevano imparare in termini di una reale applicazione di una cultura popolare. Per dirla in breve il Futurismo ha portato drasticamente a un’arte “fuori” da tutti luoghi ordinari, chiusi nella stretta borghese e per questo l’ha dinamizzata immettendola nel cerchio ampio della vita sociale: dalle strade, alle fabbriche ai teatri.

Le “Serate Futuriste” hanno rappresentato sin dall’inizio una metodologia atta al coinvolgimento diretto delle masse.
In merito a ciò è illuminante l’intervento del futurista Carrà che nel ’14 scrive: “… soltanto frugando nella duplice maniera della vita moderna e dell’arte popolare si può meglio intendere le origini vere del futurismo che vuole ad ogni costo creare un primordiale moderno.”(C. Carrà, Vita moderna e arte proletaria, Lacerba, Firenze 1914).
Tutto ciò rappresentava un raccogliere creatività dal basso. Per ciò l’opera d’avanguardia sa cogliere quindi una sorta di grido non ancora esattamente avvertibile, è per così dire l’epifania formale rivoluzionaria di un processo pratico non ancora manifestamente rivoluzionario.
Sia Per Marinetti che per Gramsci la rivoluzione doveva essere preparata culturalmente, ma soltanto da coloro però capaci di leggere il presente senza farsi vincolare da preconcetti passati. In ciò l’arte e la poesia rappresentano la fase propulsiva, quella capace di mettere in moto le masse che in essa trovano la rappresentazione di un linguaggio nuovo e quindi non imposto.
Sia ad Antonio Gramsci, che a Filippo Tommaso Marinetti premeva la creazione di un intellettuale di “tipo nuovo”.
Un’esigenza più che mai attuale in un mondo economico dove il valore primario è la finanziarizzazione di ogni aspetto culturale e sociale del vivere comune.
Quest’accoppiamento mette in circolo pensieri nuovi: la ricerca, in un momento di stasi del presente, di fonti energeticamente rivoluzionarie in un passato remoto. Recuperare degli esempi. Raggrupparli. Utilizzare tale carica contro un sempre crescente pensiero unico.

In chiave attuale sembra ottima l’operazione dei neo-futuristi, soprattutto, ed è argomento di cui parleremo, la performance di Graziano Cecchini Rosso-Trevi ad Ales, città natale di Gramsci e l’ultimo lavoro in chiave teorico critica del neo-futurista e transumanista ferrarese Roberto Guerra su Gramsci: Gramsci e il 2000. Per una sinistra italiana nell’era di internet. (La Carmelina edizioni, Ferrara-Roma 2013).

Quanta di quest’azione servirebbe a Noi oggi che viviamo nel presente. La società della prestazione, è il “poter fare” illimitato” il famoso “Yes we can” dietro cui si maschera un inconscio sociale che è palesemente animato dallo sforzo di massimizzare la produzione divenendo una società della stanchezza (Byung-Chul Han. La società della stanchezza, 2012)
In fin dei conti aveva ragione Marinetti, le classi sarebbero scomparse. Nella prefigurazione (per lui impossibile) di ciò Gramsci disse: “Abolita la lotta delle classi, non sarà abolita la lotta come principio di sviluppo: rimarrà la lotta contro le forze brute della natura”.
In effetti la lotta odierna sembra essere frattale, di tutte le cellule, di tutte le singolarità che si ribellano sotto forma di anticorpi al pensiero unico globale e capitalista. Così è, mi sembra la situazione attuale, nella finanziarizzazione planetaria degrada sia il valore che il ruolo tanto della politica quanto della cultura. Baudrillard, riflettendo ad un anno esatto dall’attentato terroristico delle Twin Towers che osservò che: “la violenza simbolica appare l’unica arma contro un potere sempre più onnipresente. (J. Baudrillard, Power Inferno, NY 2002).

L’intervento dal titolo: Un Gramsci di (M)arinettiana memoria
Sarà suddiviso in tre piccole sezioni:
1) Il marzo-aprile futurista a Torino (5 minuti)
2) L’intellettuale di tipo nuovo secondo un pensiero gramsciano influenzato dal futurismo di Marinetti. (5 minuti)
3) Strategie pratiche per un ribellismo attuale (Gramsci e il 2000 di R.Guerra e la Fontana Rossa di Trevi di G.Cecchini. Dallo spirito del terrorismo di Baudrillard all’Urban-esimo). (5 minuti)

MARCELLO FRANCOLINI
Di seguito riporto la scaletta di massima di come sara’ strutturata la serata (sostanzialmente divisa in due momenti). Ogni intervento – puramente introduttivo ad uno specifico aspetto dell’opera di Gramsci- dovrebbe durare massimo 15 minuti. Per la seconda parte (la presentazione del libro di Ugo Piscopo) prevediamo un po’ piu’ di tempo.
Scaletta (interna)
PARTE PRIMA
Premessa ai lavori: A. Amendola e P. De Cristofaro
Prima sessione (politica e storia). Rilfessioni di E. Scelza- A. Conte.
Letture dai “Quaderni”.
Seconda sessione (lingua, linguaggio, letteratura). Riflessioni di A. Granese-E. D’Agostino-V. D’Acunto.
Letture dai “Quaderni”.
Terza sessione (giornalismo, arte, teatro). Riflessioni di A. Manzi- M. Francolini- V. Del Gaudio
Letture dai “Quaderni”.
PARTE SECONDA
A partire dal finale della parte precedente (l’intervento di Del Gaudio e la lettura di Pasquale) il seminario si sposta verticalmente verso il Gramsci teatrale-letterario dove la parola passa a F. Tozza che introduce e coordina la presentazione del libro di U. Piscopo in dialogo con A. Granese, S. Martelli e L. Reina.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

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