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Può un sacerdote dubitare della presenza di Cristo nell’ostia? Ma soprattutto, può un’ostia dimostrare di essere carne sanguinando? E’ quello che sarebbe accaduto durante il Medioevo ferrarese, quando non poche erano le voci che mettevano in dubbio i dogmi della Chiesa.
Al 971 risalgono le prime testimonianze sulla chiesa di Santa Maria Anteriore, che si trovava nel luogo del primo nucleo abitativo della città, sulle rive di un guado – o vado – fluviale.
Inizialmente, in realtà, si trattava di un semplice luogo sacro dove si venerava un’immagine greca della Madonna, posta su un capitello, che fu il primo oggetto di devozione a Ferrara. L’edificio venne costruito attorno all’anno Mille, ma nel Quattrocento fu in gran parte demolito per la costruzione di una imponente basilica rinascimentale, ancora oggi viva e visitabile, Santa Maria in Vado. Fu Ercole I a decidere la modernizzazione dell’antico luogo di culto, aiutato dal geniale e fedele ingegnere Biagio Rossetti. Ci vollero quarant’anni per terminare i lavori, al termine dei quali la chiesa venne consacrata all’Annunciazione della Vergine. Presto, però, un nuovo evento avrebbe danneggiato gravemente l’intera struttura: nel 1570 la città fu colpita da un importante terremoto e parte della costruzione dovette essere prontamente rifatta. Qualche anno dopo, il duca Alfonso II volle di nuovo modificare l’edificio, chiamando l’architetto ducale Alessandro Balbi che portò a termine l’impresa.

E dopo gli Estensi, la Santa Sede: alla fine del Cinquecento Ferrara venne devoluta allo Stato della Chiesa e circa vent’anni più tardi l’abate esternò l’intenzione di cambiare volto alla basilica. La decorazione pittorica fu perciò affidata allo straordinario Carlo Bononi, che realizzò un ciclo sui soffitti e sulle volte dedicato alla Trinità e a Maria. Nel Settecento per la chiesa iniziò un momento di degrado, culminato nel suo restauro ottocentesco, ma viene da chiedersi, a questo punto, come mai così tanto interesse nei secoli per preservare e rinnovare continuamente questa costruzione, che non smette ancora di stupirci, se pensiamo alle recenti scoperte di decorazioni cinquecentesche e affreschi settecenteschi nascosti dietro le sue pareti.

Per trovare la risposta, dobbiamo tornare molto indietro nel tempo, prima cioè della vera e propria edificazione di Santa Maria in Vado per come la conosciamo oggi. Il priore Pietro da Verona, da non confondere con l’omonimo santo, non era convintissimo della transustanziazione, cioè della reale presenza di Cristo nel sacramento eucaristico. Quel giorno di Pasqua del 1171, tuttavia, dovette incredibilmente ricredersi: proprio durante la Messa domenicale del 28 marzo, mentre stava elevando l’ostia consacrata, da questa iniziò a zampillare sangue vivo, con una tale intensità da sporcare la volta del catino absidale sopra l’altare, lasciando una macchia indelebile che ha resistito al trascorrere dei secoli. Quella cappella, non a caso, fu in seguito chiamata Cappella del Prodigio: un prodigio riconosciuto ufficialmente dalla Chiesa cattolica come miracolo eucaristico, e da allora diversi furono i pontefici che gli resero omaggio venendo a visitare la basilica. Possiamo ben immaginare lo scalpore che il fatto avvenuto e il segno perfettamente visibile destarono nella popolazione, ma la notizia giunse non solo in tutta Italia bensì anche all’estero.
Esistono infatti documenti inglesi coevi o poco successivi che descrivono l’avvenimento ferrarese correlandolo con gli altri miracoli eucaristici. E non si fa fatica a pensare ai numerosi pellegrinaggi che da allora iniziarono a svolgersi, non per andare a controllare di persona la veridicità di quanto sentito in giro, ma piuttosto per avvicinarsi sempre di più a Dio attraverso i luoghi in cui Egli ha scelto di manifestarsi e rivelarsi.

La Cappella del Prodigio, oggi, si trova nel Santuario del Preziosissimo Sangue, eretto nel 1595 durante il governo di Alfonso II. La fede, certo, non ha bisogno di prove o segni tangibili, ma al di là della religione e delle convinzioni personali, il miracolo del preziosissimo sangue fu un momento saliente e documentato del nostro passato, da studiare e trattare con rispetto e attenzione.

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Ivan Fiorillo

“Lo Scettico”: un divulgatore non convenzionale alla ricerca della verità.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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