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Sei tavoli, tre grandi tematiche attorno alle quali discutere: risorse, bisogni e futuro. Una chiacchierata libera e intima, esattamente come quelle che ci si scambia seduti al bar, davanti ad un caffè.

Ecco gli ingredienti principali del world café svoltosi sabato scorso alla Città della Ragazzo, il primo, vero passo verso quella tanto evocata Città della Conoscenza che, con passione e perseveranza, ha provato a immaginarsi e prefigurare Giovanni Fioravanti nella sua rubrica [vedi] sulle pagine online del nostro giornale. Ed ecco che dopo decine di articoli e la stesura del manifesto per Ferrara Città della Conoscenza [leggi], insieme al fondamentale sostegno di tanti soggetti e dell’associazione culturale Sistemi Umani, è finalmente giunta l’occasione per ritrovarsi tutti, sottoscrittori, interessati e curiosi, ed iniziare finalmente a ragionare su come rendere Ferrara una learning city, una città in grado di apprendere e fare apprendere, una città capace di fondare il proprio futuro sulla conoscenza e sul sapere.
La formula del world café è molto semplice: i partecipanti si siedono a turno nei vari tavoli predisposti alle discussioni, ognuno dei quali con un suo tema e gestito da un “facilitatore” addetto al coordinamento della discussione; l’obiettivo è proprio quello di ricreare l’atmosfera del caffè classico, un luogo cioè dove poter discutere in maniera libera, appassionata e meno “ufficiale” rispetto agli incontri pubblici più tradizionali. Gli ospiti di ogni tavolo possono infatti lasciare il proprio contributo, oltre che a voce, scrivendo pensieri, parole chiave, disegnando vignette su fogli, post-it ed enormi cartelloni stesi a mo’ di tovaglie, creando così un contenitore di idee estremamente dinamico e stimolante.
Al centro del dibattito quindi Ferrara e i veri attori i suoi cittadini, desiderosi tra un tavolo di discussione e l’altro di capire, dare il proprio contributo e, talvolta, anche sollevare critiche o togliersi qualche sassolino dalla scarpa, ma tutto in funzione della comprensione della città e dell’ascolto reciproco come unici punti di partenza per un progetto ampio, comune e realmente condiviso.
città-conoscenza-world-caféCome detto le grandi domande dalle quali trarre gli spunti necessari per gettare le basi di questo progetto sono state tre: le risorse, ovvero ciò che Ferrara e i suoi cittadini già possiedono come punti di partenza per sviluppare opportunità future, intese anche come risposte a quei bisogni sui quali si è incentrata la discussione di un altro tavolo di lavoro, che ha focalizzato ciò di cui la città necessiterebbe; e il futuro, infine, immaginato dai suoi cittadini, un futuro plausibile e quanto più realistico possibile ma anche quello più utopico, quello dei nostri sogni, perché è necessario saper puntare anche in alto per ambire a qualcosa di veramente grande. Gli spunti emersi da ogni discussione saranno poi oggetto di valutazione e rappresentano già una preziosa fonte dalla quale attingere per costruire i prossimi incontri.

Ripetutamente e da più parti durante la mattinata si è detto che Ferrara è una città viva, attiva, desiderosa di rimboccarsi le maniche per costruire qualcosa di nuovo e importante, un futuro che valorizzi in maniera adeguata tutto ciò che di bello la città possiede; e al contempo è stato a più voci espresso l’auspicio di riuscire a guardare all’innovazione senza quella paura che purtroppo molto spesso l’ha zavorrata. Incoraggiante è che dopo poche settimane dal lancio del manifesto per Ferrara Città della Conoscenza  i sottoscrittori siano già 150, sintomo di un diffuso interesse, confermato anche dall’ottima riuscita della mattinata (nebbiosa e prefestiva), che fa sperare in un 2016 ricco di soddisfazioni.

Chiunque può interagire e partecipare direttamente al dibattito relativo al progetto, non solo attraverso le pagine di Ferraraitaia, ma anche con l’ausilio dei social media, utilizzando l’hashtag #FerraraCittàDellaConoscenza, uno strumento moderno che rappresenta al meglio gli ideali ch stanno alla base della Città della Conoscenza: una rete di relazioni, perennemente attive e aperte a tutti. Perché la condivisione dei saperi e la loro diffusione capillare sono l’unico antidoto all’immobilismo, alla stagnazione, alla rassegnazione: rischi che solo una comunità e una città volte alla conoscenza sono in grado di combattere.

 

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Andrea Vincenzi


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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