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Ripenso a quella frase che gli anarchici ripetevano andando sul patibolo, ci andavano ridendo e irridendo a quel potere che li condannava a morire, colpevoli di volere una società giusta; salivano sul patibolo e gridavano “una grande risata vi seppellirà”. Non c’è più il patibolo, la condanna a morte è molto più subdola, non si può condannare a morte, adesso si può passare subito, senza inutili intermediazioni, all’esecuzione: si può essere uccisi in carcere, durante un interrogatorio per esempio (ricordate Giuseppe Pinelli? giù dal quarto piano della questura milanese, non fu suicidio disse il giudice, ma nemmeno omicidio: che fu?); oppure per strada, così per tenersi in allenamento, anche in ospedale può essere sbrigata l’esecuzione senza processo, la condanna a morte viene praticata ovunque.
Viviamo in un sistema sociale per molti aspetti fuori della legalità, la legge è quella del più forte, un Far West accettato da una popolazione attonita, disillusa e umiliata, l’unico valore è quello dei soldi e ce ne sono di soldi, ma quasi tutti nelle mani di pochissimi. I politici fingono di non vedere, o forse non capiscono, comunque va bene (a loro) così. Quello che è successo in questi ultimi giorni è esemplare di come la nostra comunità sia precipitata in un baratro di inadempienze e di prevaricazioni. L’Italia aveva una cosa di buono: la Costituzione, moderna, attenta alle differenze sociali. Ebbene, abbiamo cominciato a strapazzarla, a svilirla, a non seguirne i dettami.
Ricordo, quando studiavo legge a Bologna, la fermezza del grande costituzionalista Pergolesi nel criticare anche il capo dello Stato se, per caso, succedeva che non fosse attento alla magna carta. Mi piacerebbe vedere Pergolesi oggi, qui, mi piacerebbe sentire che cosa avrebbe da dire sugli ultimi avvenimenti. Tanto per citarne un paio: il segretario di un partito (sto parlando di Renzi) va a concordare il futuro politico dell’Italia con un uomo condannato in via definitiva (sto parlando di Berlusconi) per reati sociali gravissimi, e con lui fa un patto a futura memoria mentre è ancora in piena funzione un governo, anch’esso uscito da una situazione costituzionale diciamo compromessa. Altro evento folle: sbattuto fuori il presidente del Consiglio, senza passare attraverso le Camere, il capo dello Stato accoglie nel suo ufficio al Quirinale un uomo che dovrebbe stare in galera o ai servizi sociali, e con lui concorda le mosse da fare, tanto che lo pseudo-condannato (sempre Berlusconi) può scendere dal Colle e proclamare che il nuovo governo nasce con la sua benedizione e attuerà la sua politica. Questi ed innumerevoli altri fatti politici clamorosi, accaduti negli ultimi tempi in Italia, sanciscono che la Costituzione di fatto non esiste più.
Ecco, ora dovremo ripetere la frase di quello scolaro napoletano che nel tema scrisse “io speriamo che me la cavo”. Il popolo italiano continuerà a salire sul patibolo, non gli rimane che gridare con gli anarchici la frase che fu ripresa da Brecht “una grande risata vi seppellirà“. Ricordo che quarant’anni fa (forse qualcuno di più) il pittore ferrarese Paolo Baratella, uno dei più importanti artisti della “Nuova figurazione” dipinse una serie di tele dedicate a questa drammatica risata. Per favore Baratella, ritira fuori quei quadri, sono attualissimi!

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Gian Pietro Testa

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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