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di Alessandra Chiappini

Alcuni articoli comparsi giorni fa sulla stampa locale sollecitano qualche riflessione. I temi, legati alla realtà culturale di Ferrara, si impongono in un momento di grande delicatezza sociale, politica, educativa, formativa, che la crisi economica in atto rende ancora più complesso. E’ noto che in frangenti di emergenza come l’attuale l’assunzione di decisioni –di ogni decisione verrebbe da dire- richiede una buona dose aggiuntiva di ascolto e di ponderazione, di fronte ai rischi che comunque comportano le scelte adottate in apprensione.

1) Sulla stampa locale e in occasione di incontri pubblici Ranieri Varese ha fornito una meditata e circostanziata riflessione circa la destinazione d’uso dell’area ex-caserma Pozzuolo del Friuli in riferimento ai progetti di recupero e riqualificazione presentati dall’assessore Fusari a nome dell’Amministrazione Comunale. Varese chiede di non sottovalutare l’importanza strategica della collocazione di tale area, anello di congiunzione fra il complesso di Schifanoia e quello di Marfisa d’Este, Palazzo Bonacossi incluso, rimarcandone la forte vocazione museale, difficilmente compatibile con alcuni diversi utilizzi (studentato, esercizi commerciali, edilizia residenziale) di parte dell’area ipotizzati dal Comune. Fra le motivazioni con cui l’assessore Fusari ricusa le suggestioni di Varese vi è l’insostenibile lievitazione dei costi conseguenti, tale da comportare l’azzeramento della altre operazioni edilizie attualmente in corso destinate a uso culturale. L’argomentazione è certo importante e potenzialmente anche dirimente. E’ tuttavia poco credibile che a Ranieri Varese, studioso attento, competente e pragmatico, già direttore dei Civici Musei d’Arte Antica, sfugga il pesante onere dell’impresa da lui ipotizzata: il senso che percepiamo nelle sue parole è la sollecitazione a considerare pure un’altra possibile traccia, un diverso modello, anche culturale, ad avviso suo e di non pochi altri più coerente. Nello scambio corretto e pacato fra i due interlocutori si fa riferimento al Museo della Città, ovviamente Ferrara in questo caso (una suggestione/lettura affascinante di un potenziale siffatto museo è fornita da Sergio Gessi in “Ferraraitalia” del 20 marzo scorso). Non si può non avvertire con un qualche disorientamento la divergenza fra ciò che è, per tipologia oggettiva e museologicamente consolidata, non per suggestione approssimativa, un “Museo della Città”, a qualunque realtà urbana si riferisca (ne sono dotate non poche città, in Italia e all’estero), e l’accenno dell’assessore alla città museo di se stessa, con le proprie emergenze e i propri tesori, inteso, questo, come il vero “museo della città”. Non sembra peregrino attribuire il sentore di genericità e una certa frettolosità di alcune risposte, quasi un non avvenuto approfondimento, all’affanno che la grave criticità del momento procura a chi si trova ad amministrare e far quadrare il magro bilancio senza tradire nulla dei bisogni fondamentali e della vocazione della città, nonché del progetto di mandato. Ma in queste approssimazioni talvolta si fatica a leggere il piano generale e coerente delle azioni, la visione culturale di sintesi della città, quella che risponde alla domanda: cosa vogliamo sia e diventi Ferrara in riferimento alla cultura e alle sue espressioni, nell’imminenza ma anche nei prossimi anni? Che fisionomia caratterizzante dovrà avere, e dunque, su cosa occorrerà puntare con forza?

2) Con grande sollievo molti cittadini che credono profondamente nella rilevanza dei servizi e delle attività culturali hanno salutato il progetto di recupero di Casa Minerbi. Hanno anche appreso dell’imminente avvio dei lavori per il riutilizzo di Casa Niccolini, limitrofa a Palazzo Paradiso. Assieme alle rilevanti migliorie recentemente apportate agli ambienti della Biblioteca Ariostea, questi sono parsi segni di grande speranza in un’epoca decisamente cupa. Un atto controcorrente, una sfida all’attuale diffuso sconforto lanciata da un’Amministrazione Comunale che non vuole gettare la spugna. Evviva. Proprio per questo è auspicabile che la finalità del ripristino di Casa Niccolini sia coerente con il modello e il piano dei servizi culturali che la città intende fornire, e non parta come scheggia impazzita a tamponare l’emergenza dell’immediato, senza specifica congruenza con la visione generale. Già all’indomani dell’acquisto di tale edificio era maturato un ragionamento non superficiale circa la sua destinazione d’uso, intesa come naturale ampliamento degli spazi della Biblioteca Ariostea. Fin da quegli anni lontani si individuò Casa Niccolini come possibile risorsa per una Sezione Ragazzi degna di questo nome, che la concezione di un’Ariostea accogliente per tutta la città, e non solo per agli studiosi specialisti, necessariamente richiede e merita.

3) Questa considerazione si propone anche in riferimento al tema, annosissimo, delle sedi delle associazioni culturali, alcune delle quali (Accademia delle Scienze, Deputazione di Storia Patria e Ferrariae Decus tra i primi) titolari di patrimoni documentario-archivistici e bibliografici importanti, la cui conservazione e disponibilità al pubblico dovranno essere salvaguardate e garantite. E anche se l’attuale contingenza non consente l’immediata attuazione di imprese finanziariamente impegnative oltre quelle già in corso, come osservava l’assessore Fusari, è pur vero che questo tema non può non trovare posto sin d’ora nella costruzione della sopra citata “visione” e dell’auspicato piano culturale cittadino. L’eventuale assegnazione di spazi, per quanto contenuti, ad associazioni in Casa Niccolini comprometterebbe irreparabilmente l’efficacia dell’espansione della Biblioteca, che necessiterebbe di spazi addirittura ulteriori, e non risolverebbe il problema associazioni. Quello del volontariato è tema delicato, non semplice e anche spigoloso per molteplici aspetti, come ben noto. Ma è pur vero che grazie all’affinamento delle competenze e al servizio alla città fornito da non poche di loro, le associazioni in questione costituiscono una risorsa rilevante, a Ferrara in particolare: sarebbe ingiustificato e ingeneroso sottovalutarla. E di competenza e maturità le associazioni hanno dato significativa prova di sé in diverse recenti circostanze, non ultima il convegno sui problemi e sulle prospettive dei musei a Ferrara promosso dagli Amici dei Musei nel 2011, con la relativa autorevole pubblicazione degli atti. E’ un testo, questo, che l’Amministrazione Comunale ben conosce e non c’è ragione di dubitare che lo consulterà nell’ambito della suddetta pianificazione. Si riterrebbe molto apprezzabile che l’attenzione e la vicinanza al volontariato culturale, tradizionalmente professati dal governo della città, costituissero il presupposto di una nuova coraggiosa scommessa nella quale la posta in gioco sia uno scambio fattivo e un pieno ascolto, nell’ovvio rispetto delle competenze istituzionali. E’ uno dei migliori auspici esprimibili dal volontariato culturale al governo locale che le imminenti elezioni amministrative determineranno.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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