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Da organizzatori

Ergo Sum Produzioni presenta:

Uno Nessuno Centomila con Enrico Lo Verso
adattamento e regia di Alessandra Pizzi
Premio Delia Cajelli 2018
Premio Franco Enriquez 2017

Venerdì 20 aprile al Teatro Comunale De Micheli di Copparo

Ergo Sum Produzioni presenta a Copparo Uno Nessuno Centomila, con Enrico Lo Verso e per la regia di Alessandra Pizzi. Venerdì 20 aprile alle 21, sul palco del Teatro Comunale De Micheli l’attore palermitano darà corpo e voce ai personaggi del romanzo più celebre di Pirandello, rendendo omaggio ad uno dei più grandi drammaturghi di tutti i tempi.
Acclamato dalla critica e dal pubblico, soprattutto dei più giovani, lo spettacolo ha ricevuto nei giorni scorsi a Busto Arsizio il “Premio Delia Cajelli per il Teatro”, nell’ambito della Seconda Edizione delle Giornate Pirandelliane, promosse dall’associazione Educarte in collaborazione con il Centro Nazionale Studi Pirandelliani di Agrigento. Nella scorsa stagione il Premio Franco Enriquez per la migliore interpretazione e la migliore regia. Ospite dei più importanti festival e teatri nazionali ed internazionali, da oltre un anno Uno Nessuno Centomila sta percorrendo l’Italia in una lunga e fortunata tournée che sino ad ora ha registrato il sold-out quasi ovunque.
Definito dall’autore in una lettera autobiografica come “il più amaro di tutti, profondamente umoristico, di scomposizione della vita”, Uno Nessuno Centomila è l’adattamento teatrale della storia di un uomo che sceglie di mettere in discussione la propria vita, a partire da un dettaglio minimo, insignificante. Il pretesto è un appunto, un’osservazione banale che viene dall’esterno. I dubbi di un’esistenza si dipanano attorno ad un particolare fisico. Le cento maschere della quotidianità, lasciano il posto alla ricerca del Sé autentico, vero, profondo. L’ironia della scrittura rende la situazione paradossale, grottesca, accentua gli equivoci. La vita si apre come in un gioco di scatole cinesi, e nel fondo è l’essenza: abbandonare i centomila, per cercare l’uno, a volte può significare fare i conti con il nessuno. Ma forse è un prezzo che conviene pagare, pur di assaporarla, la vita.
Avrebbe voluto che Pirandello fosse vivo, spiega Alessandra Pizzi, per mostrargli la grandezza della sua parola, l’attualità del suo messaggio, chiedendosi, nell’osservare l’immobilità del pubblico ad ogni spettacolo, se Pirandello fosse mai stato consapevole delle conseguenze che avrebbe potuto produrre la tumultuosa portata dello stesso.
Da qui l’idea di una nuova ed originale messa in scena volta a rendere la perennità del messaggio pirandelliano, l’atemporalità del protagonista, uomo di ieri, di oggi, di domani.
In forma di monologo, il testo è affidato al racconto e alla bravura di Enrico Lo Verso che, dopo anni di assenza dal teatro, torna sul palcoscenico per dar vita ad un contemporaneo Vitangelo Moscarda, l’uomo “senza tempo”, e ai personaggi del romanzo, in un allestimento minimale ma mutevole in ogni contesto. Una sorta di seduta psicoterapeutica, da cui ci si sente irrimediabilmente attratti, per affondare le mani nella propria mente, inconsapevoli degli scenari che potrebbero aprirsi.
Teatro De Micheli, piazza del Popolo 11/A, 44034 Copparo (FE). Tel 0532.864580-1
Email biglietteria@teatrodemicheli.it
Sito web www.teatrodemicheli.it

Note integrali a cura di Alessandra Pizzi
Il Progetto
Avrei voluto che Pirandello fosse vivo, per mostrargli la grandezza della sua parola, la contemporaneità di un messaggio, più attuale oggi a 100 anni dalla sua formulazione, il bisogno impellente, necessario, autentico del pubblico di approvvigionarsi della conoscenza di sé, di leggere per provare a decodificare quei segni della quotidianità come codici di accesso ai meandri delle proprie emozioni. Mi chiedo ogni sera, osservando il pubblico che, immobile, assiste allo spettacolo, se Pirandello fosse veramente consapevole delle conseguenze che la portata della forza tumultuosa, di quella giustapposizione di pensieri, di quella serie, interminabile, di quesiti, della ricerca smaniosa di risposte, avrebbero potuto produrre sul pubblico. O se, come spesso accade, il risultato abbia superato le intenzioni. Di certo nel suo pensiero e nella sua opera c’è la consegna al mondo del fardello della conoscenza, che è peso per la presa in carica di sé stessi, ma anche leggerezza per la scoperta meravigliosa di quella bellezza che ad ognuno la vita riserva.
Uno, nessuno e centomila è il romanzo chiave: non in quanto apoteosi o summa del pensiero, ma quanto incipit per un’analisi introspettiva e macroscopica sulle dinamiche esistenziali, ma anche socio-culturali della società. Uno, nessuno e centomila “apre”, la mente ariflessioni e a dubbi, il cuore alla ricerca della propria essenza, ma soprattutto apre alla vita, affinché scelga la forma migliore con cui rappresentare l’individuo.
Ho raccolto l’eredità di questo pensiero, più per dovere che per amore per l’arte. Il dovere di chi fa questo lavoro e che è chiamato ad interpretare strumenti di conoscenza, inventando specifici e linguaggi in modo da renderli accessibili a tutti.
Ecco che UNO NESSUNO CENTOMILA, nel riadattamento del testo reso in forma di monologo, che ho voluto dargli diventa il presupposto per un teatro che “informa”,che supera la funzione dell’intrattenimento e diventa pretesto, occasione, spunto per la conoscenza. E in questo sta il dovere di un drammaturgo, nel trovare un codice per offrire al pubblico l’occasione per superare sé stesso. Poco importa se il pretesto sia una sera a teatro, del resto, Pirandello stesso ci insegna che il pretesto è pur sempre una banalità.
Ecco che la messa in scena di UNO NESSUNO CENTOMILA, segna il ritorno dopo 10 anni in teatro di Enrico Lo Verso. Una seduta psicoterapeutica affidata alla sua magistrale bravura; tutti ne sono attratti, ma in pochi sono consapevoli degli scenari che possono profilarsi.
Ecco che 70 minuti sono il tempo necessario ad affondare le mani nella propria mente, ricercare come in un déjà vu, gli elementi già noti, riconoscerli e iniziare a guardarli con una luce nuova.
Ecco che lo spettacolo rompe gli schemi, toccando uno dopo l’altro i conflitti di un’esistenza: il rapporto con i genitori, i dubbi sulla provenienza, il rapporto dei generi, la ricerca dell’identità e, infine, l’affermazione di sé.
Ecco che il pubblico si nutre di testo, in silenzio elabora, applaude e, ogni sera, ci chiede di farlo ancora…
Lo spettacolo
In occasione del 150esimo anniversario della nascita di Luigi Pirandello, uno spettacolo sull’ultimo romanzo dell’autore di Girgenti, quello che riesce a sintetizzare il pensiero dell’autore nel modo più completo. Pirandello stesso, in una lettera autobiografica, lo definisce come il romanzo “più amaro di tutti, profondamente umoristico, di scomposizione della vita.Uno, nessuno ecentomila è un’opera di lunga elaborazione, di assidua stesura, che accompagna, o per meglio dire informa di sé, il resto della produzione pirandelliana. Da qui l’idea di una nuova e originale messa in scena, che possa ricercare nuovi specifici per lo spettacolo ma, soprattutto, sappia ridisegnare il rapporto, all’interno dello spazio scenico tra parola e gesto. Un unico testo narrativo, per interpretazioni sempre diverse affidate al racconto di Enrico Lo Verso, che mette in scena un contemporaneo Vitangelo Moscarda, l’uomo “senza tempo”. Un’interpretazione naturalistica, immediata, “schietta”, volta a sottolineare la contemporaneità di un messaggio universale, univoco, perenne: la ricerca della propria essenza, dentro la giungla quotidiana di omologazioni. La voglia di arrivare in fondo ed assaporare la vita, quella autentica, oltre le imposizioni sociali dei ruoli. La paura di essere soli, fuori dal grido sociale della massa. Ed infine, il piacere unico, impagabile della scoperta del proprio “uno”: autentico, vero, necessario. Il Vitangelo Moscarda interpretato da Lo Verso diventa uomo di oggi, di ieri, di domani. Ed il testo diventa critica di una società che oggi, come cento anni fa (quando il testo fu concepito), tende alla partecipazione di massa a svantaggio della specificità dell’individuo. Ma la sua è una critica volta ad un finale positivo, la scoperta per ognuno di essere sé stessi, dentro la propria bellezza. L’interpretazione, non manca di ironia e sagacia, ricca com’è di inflessioni e note di colore tipiche siciliane, tanto care all’autore del testo, al personaggio e all’attore che lo interpreta. Una messa in scena mutevole in ogni contesto, nel rapporto empatico con il luogo e con chi ascolta e che dà forma ad un personaggio, che è uno, centomila o nessuno, tutti per la prima volta affidati al racconto di una voce.
Lo spettacolo ha debuttato il 29 luglio del 2016 e ha realizzato oltre 280 repliche, registrando nei prestigiosi teatri e festival italiani e internazionali (tra cui Teatro Comunale di Siracusa, Teatro Pirandello di Agrigento, Teatro Gobetti Pirandello Festival Torino, Teatro Sala Umberto Roma, Teatro Mercadante Altamura, Teatro Abeliano Bari, Istituto di Cultura Italiana a Pechino, Teatro Comunale Corato) quasi ovunque il sold-out. Il successo di critica e pubblico (specie giovanile) ha portato all’ambito riconoscimento del Premio Franco Enriquez 2017. La cerimonia di consegna si è svolta il 5 agosto dello scorso anno a Sirolo (AN). Il 26 marzo 2018, nell’ambito della Seconda Edizione delle Giornate Pirandelliane al Teatro Sociale di Busto Arsizio (VA), Enrico Lo Verso ed Alessandra Pizzi hanno ricevuto il “Premio Delia Cajelli per il Teatro”, dedicato a personalità del teatro italiano per il contributo dato nel diffondere e tenere vivi l’opera ed il genio di Pirandello.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

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