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La Chiesa di San Giorgio si erge su una piazza semideserta, illuminata dalla luce delle stelle e dai fari delle poche macchine che passano, disturbandone la quiete. In un tempo ormai lontano, la città di Ferrara venne fondata partendo da questo borgo, estendendosi nel tempo oltre il Volano, e la chiesa di San Giorgio ne era il centro, la Cattedrale.

contrada-san-giorgiocontrada-san-giorgioLa contrada, dislocata nell’edificio alle spalle della Chiesa, è in fermento: i musici sono alle prese con le prove nella sala dei Pali, dedicata a Pippo Govoni, primo presidente della contrada, mentre i ragazzi del gruppo armata provano sul retro. Ma molti sono anche i contradaioli riuniti al bar, dove la televisione fa da sottofondo alle chiacchiere e agli ultimi ritocchi prima del Palio. Marcello e Vainer mi guidano tra le stanze a tinte rosse e gialle, raccontandomi le particolarità della loro contrada.

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Vainer racconta i vari premi e riconoscimenti ottenuti dalla contrada negli anni

“Il nostro stemma raffigura un drago a sette teste, l’idra, che si contorce tra le fiamme. Ci sono molte storie riguardo questa creatura – ci spiega Vainer, guardando l’animale mitologico rappresentato tra il rosso e il giallo – e quella ufficiale narra che ogni testa rappresenti uno dei rami del Po, un grande pericolo per gli abitanti della zona, che rischiavano di perdere tutto durante le piene”.
Un’altra interpretazione vede l’idra come la rappresentazione dei sette peccati capitali, uno per testa, che vengono purificati attraverso le fiamme che la circondano. Che sia un fiume o un vizio, fu il Duca Borso D’Este, ultimo marchese di Ferrara e primo duca di Modena, a scegliere come simbolo l’Idra. I contradaioli sono molto legati al loro stemma, simbolo del forte legame d’appartenenza, tanto che Marcello, che è in contrada da sempre, se l’è anche fatto tatuare sul petto: “Qui non accettiamo i cambiamenti di contrada per principio.

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Lo stendardo della contrada di San Giorgio

E’ veramente come una famiglia e quella non la cambi mai. Se litighi magari ti allontani o non ci si parla per un po’, ma non abbandoni la contrada per un’altra. A me non verrebbe mai in mente di mettermi al collo i simboli di altre contrade, a volte durante gli eventi in cui siamo tutti insieme non tocchiamo neanche gli stemmi degli altri”. Esagerazioni a parte, l’attaccamento verso il loro gruppo è forte, forse può sembrare troppo rigido come atteggiamento, ma guardando questi ragazzi mentre ne parlano capisco quanto è importante per loro quella seconda casa e tutto ciò che rappresenta.

 

contrada-san-giorgiocontrada-san-giorgio“Essere contradaiolo – mi dice Vainer – vuol dire imparare tante cose, non è solo fare un’attività: noi siamo sbandieratori e abbiamo imparato tutto qui, ma cosa più bella è che impariamo a crescere e confrontarci. Qui abbiamo imparato a litigare e a discutere con altre persone che vivono la contrada a modo loro, mentre tu eri convinto che l’unico modo era il tuo. Ma anche nelle peggiori discussioni le amicizie non si rompono, si litiga e si fa pace. Io sono entrato in contrada più tardi rispetto ad altri, avevo 15 anni e ho imparato che qui ci si fa tanti amici ma non è necessario essere tutti amici per appartenere alla stessa contrada: è fondamentale il rispetto. Succede spesso che non ci si trova d’accordo su qualcosa, siamo in tanti ed è difficile che tante persone la pensino allo stesso modo su tutto, quindi capita che ci si insulti e si litighi, anche per gli esercizi da fare, ma quando finisce la riunione o la discussione siamo sempre tutti insieme”.

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Sala dei pali con il gruppo dei musici

La contrada è un via vai continuo e mentre parliamo arriva Martina, sorella di Marcello, che vinse per due anni di seguito il Palio delle asine, nel 2004 e nel 2005, e, nello stesso anno, il Palio dei Pali a Querceto, in Toscana. “Era una corsa molto lunga, 1800 metri la batteria e 2000 la finale, e ci era stata comunicata la nostra partecipazione all’ultimo minuto. Il mio asino, Piccione, non si era più allenato dopo la vittoria del Palio di maggio e, anche se era molto bravo, era a riposo da tanto. Alla batteria arrivammo in seconda ma durante la finale abbiamo volato e siamo arrivati primi. Anni dopo ci hanno richiamato per correre per una loro contrada e, durante la preparazione, ci furono dei problemi con gli altri concorrenti e siamo partiti con mezzo giro di ritardo. In quella gara dovevamo percorrere sei giri e, dopo i primi in testa, l’asino si è fermato in una di queste curve larghissime col cambio di terreno (da cemento a terra) e tutti lo incitavano. Quando è ripartito ha stracciato tutti”.
Approfitto di una pausa dei musici per entrare nella sala dei Pali, dove l’ultimo vinto, il Palio delle putte, spicca tra tutti: è, infatti, l’unico verde in sala. La contrada di San Giorgio era l’unica a non aver mai vinto neanche un Palio in una categoria ma lo scorso anno Polina Grossi è stata la prima a vincere quello delle putte.

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Sala dei pali
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Sala dei pali

Non solo eventi che riguardano le gare, la contrada è attiva anche nella valorizzazione del territorio e negli eventi culturali. Spesso vengono organizzate mostre che raccontano le trasformazioni del borgo nei secoli, ma anche serate totalmente distanti dalla contrada, come il concorso SanGio in Rock, che si tiene ad Aguscello in estate. Jessica è una delle organizzatrici e racconta come un evento del genere possa far conoscere la città di Ferrara e la vita delle contrade anche se non ne è collegato apertamente: “Sangio in Rock è un concorso musicale per rock band emergenti. Ormai è da qualche anno che lo organizziamo, in una frazione di Ferrara, ad Aguscello,un posto poco popolato e molto piccolo che merita di essere conosciuto e rivalutato. E’ un evento che negli anni sta diventando sempre più grande e si divide in quattro giornate a cavallo tra luglio e agosto: ogni sera si sfidano sei band, ad una serata è invitato un gruppo ospite e con la finale si proclamano due vincitori, uno scelto dal pubblico e l’altro da una giuria da professionisti. Anche questo serve per far conoscere le contrade ai cittadini che non le apprezzano e che magari vorrebbero che questa manifestazione storica non si ripetesse più”.

Tanti gli eventi in programma e quelli del passato, alcuni ricordati con divertimento, come quella volta in cui, durante il giuramento, gli sbandieratori decisero di provare un’articolata giocoleria di fuoco ma, calcolato male il tempo, rischiarono di dar fuoco al Castello. Chi, se non l’Idra infuocata, poteva infiammare l’evento? Este viva, San Giorgio viva!

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Chiara Ricchiuti


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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