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In questo periodo si moltiplicano i debutti discografici, una scelta quasi obbligata per chi vuole proporsi e avere opportunità di visibilità ed esibizioni dal vivo.
Quasi sempre queste produzioni riguardano artisti con alle spalle anni di lavoro ed esperienza, una dimostrazione ulteriore del talento e della volontà degli autori nostrani. Luca Burgio non smentisce questa tendenza e si propone con la forza di chi ha respirato parole e musica nei bar della movida madrileña, tra jazz manouche improvvisato, ballate popolari e i clienti assetati da servire.

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Luca Burgio e Maison Pigalle

Il musicista siciliano ha pubblicato “Vizi, peccati e debolezze”, la sua opera prima realizzato con La Maison Pigalle, il gruppo di supporto che riassume nel nome le atmosfere dei jazz club parigini, così come la vita notturna ai tempi del proibizionismo americano.
Le nove canzoni del disco riportano ai scapigliati, a quella parte del movimento espressione di eccentricità e anticonformismo, di sognatori e poeti viscerali che reclamavano un più intimo contatto con la vita. Le similitudini ci sono, così come le differenze ma l’accostamento realizza le atmosfere della musica di Burgio.
“75cl di brindisi” apre l’album con una bicchierata, il modo migliore per augurarsi buona fortuna: “Ed oggi resto a casa a fare i conti con la vita, sigarette e una bottiglia da coccolare come una figlia…”. La ballata esprime amare considerazioni e una visione della vita istintiva e disincantata, rivelata senza veli e metafore.
I racconti di Burgio hanno il gusto del vissuto, tra candida ironia e la voglia di descrivere le persone della sua vita, con toni e suoni epici che in qualche passaggio ricordano Fabrizio De Andrè, come nei brani: “La rondine e l’inverno” e “Il sordo”: “Vostro onore io lo ammetto sono stato un gran bugiardo da vent’anni non ci sento e mi affido ad ogni sguardo, io del mondo non so niente io non sento discussioni solo gli occhi della gente e le mie cieche sensazioni…”.

“La cicala e la formica”, in veste di ballata popolare, utilizza la metafora per raccontare gli aspetti meno nobili dell’arte: “… un mondo di arrivisti sfruttatori opportunisti che succhiano al midollo la passione degli artisti ma dentro una formica si volle pronunciare ognun della sua vita faccia quello che gli pare, lasciatela alla porta fin quando non è morta con lei ci nutriremo per tutto un mese intero…”.
“La Sindrome di Dorian Gray” invita a godersi la vita tra vizio, eros, gioco d’azzardo e vanità, citando il famoso romanzo di Oscar Wilde e rivisitando gli aforismi di Lord Wotton, il diavolo tentatore di Dorian; uno specchio che si riflette nell’intero album.
“Un bicchiere fra di noi” inizia a ritmo di tango per poi velocizzarsi con suoni folk nostrani e lontani, preambolo alla bellissima “Un fegato in più”, dall’anima gipsy, e chiudendo con la tromba jazz di “Buscavidas”.

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La band

“Vizi, Peccati e Debolezze” è un lavoro solare, energico e anche un po’ cupo, in cui si intrecciano fisarmoniche “avvolgenti”, chitarre manouche, fiati mariachi, mandolini e tanta voglia di suonare e raccontarsi. Fisarmonica e mandolino sono un aereo su cui viaggiare nei paesi del mediterraneo e anche un po’ oltre, il costo del biglietto è quello di un CD.

La Maison Pigalle: Andrea Scimè – contrabbasso / Armando Fiore – percussioni
Marco Macaluso – fisarmonica – Mauro Schembri – mandolino / Ettore Baiamonte – chitarra

Luca Burgio e Maison Pigalle – La Sindrome di Dorian Gray

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William Molducci

È nato a Forlì, da oltre 25 anni si occupa di giornalismo, musica e cinema. Il suo film “Change” ha vinto il Gabbiano d’argento al Film Festival di Bellaria nel 1986. Le sue opere sono state selezionate in oltre 50 festival in tutto il mondo, tra cui il Torino Film Festival e PS 122 Festival New York. Ha fatto parte delle giurie dei premi internazionali di computer graphic: Pixel Art Expò di Roma e Immaginando di Grosseto e delle selezioni dei cortometraggi per il Sedicicorto International Film Festival di Forlì. Scrive sul Blog “Contatto Diretto” e sulla rivista americana “L’italo-Americano”.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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