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Francesca Valtorta
Francesca Valtorta

A quelli e quelle che faranno il secolo che inizia, diciamo con affetto: creare è resistere. Resistere è creare. (Stéphane Hessel)

La guerra non si dimentica, da essa si deve imparare perché nulla si ripeta, mai. Andava detto, ridetto, ripetuto fino allo sfinimento. Frutto di questa consapevolezza, Voci di resistenza di Giuseppe Muroni vuole ricordare e far sapere, comunicare con piccole storie, e lo fa con quanto di più umano abbiamo, gli strumenti più semplici: i gesti, la voce, la parola di attori (e che attori), in una sala in penombra. Nessun oggetto a distrarre la memoria, nessuna coreografia che ci porti in un luogo preciso, perché la guerra non ha un luogo preciso, ci sono solo le parole che evocano sensazioni. Solo quelle, null’altro, un’autentica esperienza partecipativa.

Presentazione a Roma con ex Ministro Bray
Presentazione a Roma con ex Ministro Bray
Presentazione a Roma
Presentazione a Roma, Sala Igea Istituto Treccani

 

 

 

 

 

 

 

Voci di resistenza è un progetto originale, presentato la settimana scorsa nella sala Igea di palazzo Mattei di Paganica a Roma, storica sala nella sede dell’istituto Treccani, alla presenza dell’ex ministro alla Cultura Massimo Bray, nonché direttore dell’istituto, e del critico cinematografico Bruno Roberti, un viaggio storico-emotivo in cui viene ripercorsa l’Italia, da Sud a Nord, dopo settant’anni dalla fine della Seconda Guerra mondiale.La potente e incisiva storia orale si interseca con la letteratura, il teatro di narrazione incontra il cinema, generi e stili si contaminano tra loro: in scena viene portato il dramma dell’uomo turbato dal peso degli eventi della Storia. Si torna indietro per ascoltare il pensiero e il respiro, ora affannoso ora apatico, di uomini e donne testimoni di atti di ferocia collettivi e individuali.
Il viaggio, suddiviso in quattro tappe distinte, si trasforma in un viaggio nella memoria, dove la memoria resiste opponendosi all’oblio e al pericolo del presente permanente. Quattro attori per quattro monologhi teatrali della durata di cinque minuti ciascuno. Francesca Valtorta, Giorgio Colangeli, Stella Egitto e Stefano Muroni danno voce a quattro eventi che hanno caratterizzato la storia del nostro paese durante la Seconda guerra mondiale: le stragi di Marzabotto, gli stupri in Ciociaria, il contributo dei soldati polacchi del generale Anders nella Campagna d’Italia, le azioni partigiane ad Alba, da raccontare al pubblico in modo assolutamente nuovo.

C’è molta Ferrara in queste “Voci di resistenza”: la consulenza storica è stata, infatti, prestata dall’istituto di Storia contemporanea. Lunedì 14 dicembre è andato in onda, sul canale della Treccani tv, sul portale internet dell’istituto e sui social, il primo monologo, Sul monte non batte il sole, recitato da Francesca Valtorta, dedicato alla terribile strage di Marzabotto, episodio buio e raccapricciante della nostra storia (vedi). Si avverte lo scalpiccio raccapricciante di quegli scarponi allineati e rumorosi, passi frettolosi e strisciati di persone umili che, con le loro vite semplici e modeste, scappavano qua e là alla ricerca di un rifugio, senza capire, le urla che intimavano di mettersi in fila, l’armonica che riportava per un attimo a una dimensione umana, insieme alla fotografia di un bambino che un soldato mostrava alla mamma, i fucili puntati che, alla fine, non avevano pietà. Che miravano e colpivano. Ancora senza un perché. Una lancetta dell’orologio che va indietro nel tempo, che mi riporta in un luogo buio, che ci riporta tutti in luogo buio, quello di una memoria che sta chiusa in una stanza scura che non ha luogo, ma qui, in questa storia, il luogo c’è, eccome, anche se potrebbe esser quello di qualsiasi sporca guerra, qui c’è. E’ quello di Marzabotto, il lago nero di 800 civili sterminati per “fare pulizia”, per sgomberare un’importante area strategica a ridosso della Linea Gotica cercando di contrastare, al contempo, la brigata partigiana Stella Rossa di Lupo, molto attiva nel territorio e sostenuta dalla popolazione locale. Il momento storico è quello dell’operazione di rastrellamento intrapresa dalle truppe tedesche, tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944, nell’Appennino bolognese intorno a Monte Sole.
Dalle frazioni di Grizzana, Pioppe di Salvaro, Vado e dalla periferia di Marzabotto, le truppe, comandate dal maggiore Walter Reder, mossero verso le abitazioni, le chiese e le scuole. Fu l’inizio della strage voluta dai nazisti di Albert Von Kesselring, sei giorni di violenze terribili. Una ferita ancora aperta e che non si rimarginerà mai.  Il monologo Sul monte non batte il sole, con un’intensa e bravissima Francesca Valtorta, ci riporta in quel percorso di morte di povera gente allineata e fucilata, impassibile, impotente, stordita, confusa, esibita, come macabri dipinti, nelle stalle, nei giardini, nelle corti, nelle chiese, nei loro poveri oratori, nei cimiteri. Calci, pugni, miseri e inutili tentativi di fuga, scherni disumani, donne in gravidanza trucidate, bambini a cui chiudere gli occhi per sempre, parroci inermi, una donna, Amelia Tossani, che vuole fuggire a ogni costo. Aperta la porticina viene freddata da un soldato tedesco sulla soglia, sì ché il suo corpo rimane metà dentro e metà fuori e la notte i maiali randagi ne rosicchiano il capo fra l’orrore di chi, impotente, assiste a tale spettacolo. Anche i maiali erano affamati, in quella orribile guerra, ricorda Francesca. Tutto sapeva e sa di morte, di fame di perché. Una lettura che coinvolge, che svolge un’operazione didattico-divulgativa di comunicazione di frammenti di storia. Che pesa su una sorte terrificante che ha colpito molte famiglie in Italia e nel mondo: la tragedia della guerra. Per non dimenticare.

Giuseppe Muroni e Giorgio Colangeli
Giuseppe Muroni e Giorgio Colangeli

 

Questa è memoria di sangue

di fuoco, di martirio,

del più vile sterminio di popolo

voluto dai nazisti di von Kesselring

e  dai loro soldati di ventura

dell’ultima servitù di Salò

per ritorcere azioni di guerra partigiana.

I milleottocentotrenta dell’altipiano

fucilati ed arsi

da oscura cronaca contadina e operaia

entrano nella storia del mondo

col nome di Marzabotto.

Terribile e giusta la loro gloria:

indica ai potenti le leggi del diritto,

il civile consenso

per governare anche il cuore dell’uomo,

non chiede compianto o ira,

onore invece di libere armi

davanti alle montagne e alle selve

dove il Lupo e la sua Brigata

piegarono più volte

i nemici della libertà.

La loro morte copre uno spazio immenso,

in esso uomini di ogni terra

non dimenticano Marzabotto,

il suo feroce evo

di barbarie contemporanea.

Salvatore Quasimodo, Epigrafe alla base del faro monumentale, collina di Miana, Marzabotto.

Voci di Resistenza è una web serie di lettura interpretata in quattro episodi (con Francesca Valtorta, Giorgio Colangeli, Stella Egitto e Stefano Muroni), scritta e diretta da Giuseppe Muroni, prodotta dall’Enciclopedia Treccani. Prima web serie di Treccani Tv, pensata per il 70esimo della Liberazione, andrà in onda su questo canale, sul portale internet dell’Istituto e sui social media, a dicembre 2015 e gennaio 2016. Per vedere il primo monologo: http://www.treccani.it/webtv/videos/voci_res_valtorta.html

Francesca Valtorta. Cresciuta presso il Centro Sperimentale di Cinematografia, esordisce nel 2010 nel film Baciami ancora, di Gabriele Muccino. Nel 2011 recita ne Il commissario Manara 2 su Rai 1. Nello stesso anno prende parte al cast di R.I.S. Roma 2 – Delitti Imperfetti (Canale 5), e recita nella fiction Rai Che Dio ci aiuti. Nel 2012 è Gloria nel film Immaturi – il viaggio, nel 2013 è impegnata nelle riprese della sesta stagione di Squadra antimafia – Palermo oggi, nel 2014 nella seconda stagione di Braccialetti Rossi.

Immagini, per gentile concessione di Giuseppe Muroni

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Cari lettori,

dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “giornale” .

Tanto che qualcuno si è chiesto se  i giornali ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport… Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e riconosce uguale dignità a tutti i generi e a tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia; stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. Insomma: un giornale non rivolto a questo o a quel salotto, ma realmente al servizio della comunità.

Con il quotidiano di ieri – così si diceva – oggi “ci si incarta il pesce”. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di  50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle élite, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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