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di Cristiano Mazzoni

Scusate una domanda, ma voi non eravate quelli del privato è bello? No, non mi sto riferendo ad una categoria in particolare, centrosinistra, centrodestra, oltre, mi riferisco proprio al 99% di voi. Lasciate stare quelli come me, fuori dal tempo, sconfitti per eccellenza, bastonati dalla storia, io parlo proprio del concetto di libera impresa applicato a tutto. Mi spiego meglio, non dicevate che il privato, al contrario del pubblico – fancazzista per eccellenza, statalista, corrotto – era la salvezza e che la libera impresa ci avrebbe salvato dal pubblico bolscevismo? Non dicevate questo? Non fingete, me le ricordo le vostre parole, più imprenditori, meno zavorre, la lungimiranza italiana, la voglia di fare, l’idea, la meritocrazia (degli altri). Ma privatizzando tutto, si privatizza pure la vita, la salute, il bene comune, la scuola. Non fate finta di non averle dette o pensate queste cose. Perché non c’entra un cazzo “allora il Pd”, il “privato è bello” è uno slogan elettorale di tutti, negli ultimi trenta e passa anni. Si pure di quelli che fingono di non avere mai governato quando lo hanno fatto per vent’anni avendo, con vari ministeri incidenti e molto spesso indecenti, firmato i decreti salva-questo e salva-quello.
La “culpa in eligendo” e “in vigilando” va estesa a pioggia all’intera classe politica italiana, passata, presente e forse futura. Nemmeno gli oltre sono immuni dall’attrattiva della bellezza del privato. Veramente, pochi e vituperati dinosauri, non la pensano come voi. Eppure dai, non ditemi che ci state ripensando, non diventatemi comunisti postumi. Azienda sanitaria locale, Azienda ospedaliera, Azienda dei rifiuti e dell’acqua, Azienda delle autostrade, delle ferrovie, Azienda scolastica, ed altre mille bellissime privatizzazioni. Berlusconi, D’Alema, Bossi, Bersani, Maroni, Renzi ed altra porcheria simile, l’hanno sventolata la bandiera che voi, ora criticate. Azienda = scopo di lucro, più guadagni = meno manutenzioni, più profitto = meno salari. Individuate per bene il vostro nemico e poi baciatevi in segreto.

Io rimango ciò che sono, mentre voi continuerete ad inneggiare al privato, per poi piangerne i danni e indignarvi a tragedia avvenuta.

 

Sullo stesso tema leggi anche: “L’abbaglio delle privatizzazioni e la fine della politica” di Sergio Gessi

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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