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Non si scrivono più lettere. Ogni tanto qualcuno se ne accorge e nostalgicamente, con un’ombra di disappunto, lo fa notare, proseguendo con un elenco sostanzioso di esempi sull’effetto terapeutico, simbolico e anche romantico dello scrivere di pugno. Una lettera non è mai solo una lettera: è lo specchio della nostra vita che attraverso quel foglio bianco e quella penna amplifica, intensifica, concretizza le nostre proiezioni.Utilizziamo le lettere, quelle rare volte che decidiamo di farlo, come fossero un’emanazione di noi, nella quale ritroviamo ciò che in altri modi e altre forme non riusciremmo a creare ed esprimere.
Nella lettera ci confessiamo, mettiamo a nudo ciò che abbiamo di più recondito, sussurriamo parole, gridiamo sensazioni, dichiariamo sentimenti, trasmettiamo emozione e sveliamo quello che altrimenti rimarrebbe trattenuto da pudore e riserbo.

Lo scambio epistolare in letteratura diventa il leitmotiv che permette di intessere storie, esprimere sentimenti, sviscerare processi mentali, descrivere fatti e situazioni con un impatto del tutto diverso da altre modalità narrative, con uno spirito, un’energia e capacità emotiva molto più incisivi. In ‘I dolori del giovane Werther’ di Johann Wolfgang Goethe (1774), il ventenne Werther scrive all’amico Guglielmo lettere di lacrime e profonda sofferenza per un amore non corrisposto, prima di scegliere un epilogo drammatico e definitivo alla propria esistenza. Nell’opera giovanile di Jane Austen, ‘Lady Susan’ (1793), leggiamo lo scambio epistolare tra Lady Susan e Mrs. Johnson, amica e complice negli intrighi, sotterfugi e inganni che riguardano relazioni chiacchierate con uomini sposati, reputazioni da difendere, legami familiari complicati, vizi e virtù, eredità da conquistare. Personaggi meschini e calcolatori trovano, alla fine, la loro giusta collocazione nel puzzle della vicenda, mentre situazioni che sembravano irreversibili cambiano improvvisamente l’ordine delle cose. Nel quarto libro della fortunata saga di ‘Anna dai capelli rossi’ dell’autrice canadese Lucy Maud Montgomery, dal titolo ‘La casa dei salici al vento’ (1936), la corrispondenza tra Anne Shirley e il fidanzato Gilbert Blythe, opportunamente censurata dall’autrice nei tratti più intimi, accompagna il passaggio non facile dei protagonisti nel mondo degli adulti, raccontandone le fasi e gli eventi che lo hanno caratterizzato, trascinando il lettore in un contesto movimentato di sogno e fantasia.

‘Herzog’ (1964) è il romanzo a struttura epistolare di Saul Bellow che Time ha incluso nella lista dei cento migliori romanzi in lingua inglese. Moses scrive numerosissime lettere contenenti flashback della sua vita, esprimendo la sua delusione per i propri fallimenti, intrappolato in relazioni sbagliate che non gli danno tregua. Alla fine, riesce a trovare un senso nella sua esistenza ideando e progettando spazi nuovi per il futuro. Herzog conclude dichiarando che non ha più bisogno, a questo punto, di scrivere lettere e lo scambio diventa sempre più infrequente. ‘Lettera di una novizia’ di Guido Piovene (1941) è la raccolta epistolare tra Margherita, novizia tormentata da una crisi vocazionale e don Giuseppe Scarpa, il suo confidente. Riflessioni, considerazioni, timori e dubbi accompagnano la vita monacale della giovane, attratta allo stesso tempo dalla vita secolare. La corrispondenza continua anche in carcere, dove Margherita viene portata dopo aver commesso un omicidio e dove morirà quasi subito per polmonite. Le lettere diventano elemento fondamentale nel romanzo ‘Il colore viola’ dell’autrice americana Alice Walker (1982), scritte dalla protagonista a Dio e successivamente alla sorella che credeva scomparsa per sempre. E’ la storia di Celie, una donna afroamericana del Sud degli Stati, durante la prima metà del Ventesimo secolo, oppressa da violenze e angherie fin da ragazzina, che passa da un padre padrone a un marito che la considera una schiava. Celie trova le lettere nascostele dal marito, che la sorella Nettie le aveva spedito per anni, recuperando affetti, pezzi di storia e ricordi. E soprattutto dignità e libertà. Dal libro è stato tratto il film ‘The color purple’ di Steven Spielberg nel 1985, con l’impareggiabile Whoopi Goldberg nei panni della protagonista.

Un vero e proprio caso letterario è ‘Ragazzo da parete’ di Stephen Chbosky (1999), conosciuto anche con il titolo più recente ‘Noi siamo infinito’. Si tratta di un romanzo epistolare di formazione, ambientato nella periferia di Pittsburg, che affronta coraggiosamente tematiche come droga, omosessualità, sesso, suicidio in modo disincantato e diretto. Per questa ragione occupa il terzo posto nella lista dei dieci romanzi più contestati, stilata dalla American Library Association nel 2009. Un romanzo epistolare dei giorni nostri è ‘Novemila giorni e una sola notte’ di Jessica Brockmole (2013), la storia di una ragazza alla ricerca di risposte che le sono sempre state negate. Una madre che nasconde qualcosa, una lettera ingiallita, i fili invisibili del tempo, una poetessa che continuerà a scrivere lettere aldilà dell’oceano. Il libro è un inno struggente alla magia delle parole e alla forza dell’amore che supera tempo e confini.

Quando si parla di scambio epistolare non si può non fare riferimento a ‘Lettere a Milena’ di Franz Kafka, una ricca raccolta delle lettere che lo scrittore praghese e la sua amica, traduttrice di molti suoi racconti, si scambiarono a partire dal 1920. La loro storia ideale si mantenne a lungo nonostante lei fosse sposata e lui fidanzato da molti anni. Fu una relazione intensa che trascendeva la parte fisica del rapporto, coltivata a distanza e di grande aiuto allo scrittore, provato da problemi di salute legati alla tubercolosi, disturbi alimentari e difficoltà relazionali. “Credo, Milena, che noi due abbiamo una particolarità in comune: siamo tanto timidi e ansiosi, quasi ogni lettera è diversa, quasi ciascuna si spaventa della precedente e, più ancora, della risposta. Continui a volermi bene! Suo F.” “Questo incrociarsi di lettere deve cessare, Milena, ci fanno impazzire, non si ricorda che cosa si è scritto, a che cosa si riceve risposta e, comunque sia, si trema sempre.” “E poi c’è la lettera della notte, non si capisce come la si possa leggere, non si capisce come il petto possa allargarsi abbastanza e continuare a respirare quest’aria, non si capisce come si possa essere lontano da te.”

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Liliana Cerqueni

Autrice, giornalista pubblicista, laureata in Lingue e Letterature straniere presso l’Università di Lingue e Comunicazione IULM di Milano. E’ nata nel cuore delle Dolomiti, a Primiero San Martino di Castrozza (Trento), dove vive e dove ha insegnato tedesco e inglese. Ha una figlia, Daniela, il suo “tutto”. Ha pubblicato “Storie di vita e di carcere” (2014) e “Istantanee di fuga” (2015) con Sensibili alle Foglie e collabora con diverse testate. Appassionata di cinema, lettura, fotografia e … Coldplay, pratica nordic walking, una discreta arte culinaria e la scrittura a un nuovo romanzo che uscirà nel… (?).

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

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Francesco Monini
direttore responsabile


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