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Il “mercato coperto” di via Santo Stefano sta riscaldando i pomeriggi e le serate dei ferraresi. La felice esperienza della settimana del futuro all’interno del festival MeMe (Makers exposed), indirizzato al mondo dei nuovi artigiani tra saperi tradizionali e innovazione tecnologica, sta avendo seguito con la frequentata appendice di questi giorni di festa e fino al quattro gennaio.

Si segnalano, in particolare, due appuntamenti da approcciare con il calice in mano. Giovedì, alle 18,30, con una breve introduzione del regista Giuseppe Gandini, avrà luogo la proiezione di ‘Una canna con Goldrake’, originale e divertente commedia di confronto generazionale girata nel 1999 con cast in buona parte ferrarese. Venerdì alle 19,30, il festival MeMe proporrà un vero e proprio spettacolo sul vino, la sua poesia, la sua storia e la sua chimica.

I ferraresi Giuseppe Gandini e Gianantonio Martinoni (ideatori del soggetto insieme ad Alessandro Pepe ed essi stessi attori sul palco) propongono ‘Eyes Wine Shot‘, spettacolo-degustazione che accompagna all’assaggio con una serie di letture sul tema, dalla Ode al Vino di Pablo Neruda, a Barbera e Champagne di gaberiana memoria, anche rileggendo in chiave ironica le proliferanti guide sul vino. Lo spettacolo ha già divertito (e fatto degustare) platee di ogni parte d’Italia. Con i due eventi citati e dopo proiezioni, incontri e ottima musica (ricordiamo, oltre ai dj set, gli apprezzati concerti di Dagger Moth e delle californiane Ian Fays) questo piccolo angolo di Berlino nel centro di Ferrara si prepara al finale a sorpresa, nelle serata di sabato 4 gennaio.

Chi deve ancora entrare in quella che fino a poco tempo fa era la ‘metà dismessa del mercato’ si troverà, con grande stupore, all’interno di un luogo di socialità degno di una metropoli europea. Un temporary shop dove acquistare gli oggetti di design realizzati dai makers di ogni parte d’Italia (dalla piccola lampada alla libreria, dal portafoglio alla poltrona) riempie quelle che furono le botteghe del lattaio e del macellaio. Un bar allestito, un ambito per proiezioni e un dj set formano insieme gli spazi di una vera piazza coperta naturale, dove le persone s’incontrano, ascoltano musica, bevono un aperitivo. Ciò che infatti accadrà negli ultimi scoppiettanti giorni di apertura del festival, dal due al quattro gennaio. In attesa che l’appuntamento si rinnovi, il prossimo dicembre, a grande richiesta dopo il successo ottenuto.

Associazione MeMe

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Redazione di Periscopio


PAESE REALE

di Piermaria Romani

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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