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Da: Ufficio Stampa Associazione Musicisti Ferrara aps

Giovedì 5 dicembre 2019 alle ore 21,00 nell’aula magna Stefano Tassinari della Scuola di Musica Moderna di Ferrara in via Darsena 57 verrà presentato il libro di Patrizio Bianchi “Verdi e Dintorni”
a seguire momento musicale con Ludovico Bignardi al pianoforte, l’ingresso è libero.
L’incontro fa parte di un mini ciclo di presentazioni letterario musicali organizzato da AMF dal titolo Nero su Bianco.

Di seguito il programma:
Giovedì 5 dicembre ore 21,00 “Verdi e dintorni” di Patrizio Bianchi a seguire momento musicale con Ludovico Bignardi pianoforte;
Giovedì 19 dicembre ore 21,00 “Onyricana” Jimmy Villotti presenta il suo libro insieme a Marco Gulinelli, seguire piccola Jam con Massimo Mantovani tastiere, Roberto Formignani chitarra, Roberto Poltronieri batteria, Riccardo Baldrati tromba;
Giovedì 23 gennaio ore 21,00 “Fotografare il Jazz” Giorgio Rimondi e Marco Caselli Nirmal presentano il libro “Nerosubianco” (edizioni Arcana) di Giorgio Rimondi – a seguire momento musicale con Organic Trio;
Giovedì 6 febbraio ore 21,00 “Per una storia del femminile ingegno”. Le Romantiche Alessandra Gavagni e Monica Farnetti. A seguire musiche di Clara Wieck – Schumann e Fanny Mendelssohn – Hensel a cura di Julie Shepherd viola e Alessandra Gavagni pianoforte;
Giovedì 20 febbraio ore 21,00 “Il Blues ha una mamma bianca” di Roberto Menabò accompagnamento musicale a cura di Roberto Menabò.

Patrizio Bianchi Assessore a coordinamento delle politiche europee allo sviluppo, scuola, formazione professionale, università, ricerca e lavoro della Regione Emilia Romagna
chi sono: Sono nato a Copparo nel 1952, vivo a Ferrara insieme a mia moglie e ai miei due figli.
Nella mia vita professionale ho avuto l’opportunità, e direi anche la fortuna, di avere molte esperienze, certo diversificate, ma in fondo coerenti fra loro. Innanzitutto ho studiato economia e ne ho approfondito i classici, constatando quanto essenziali siano le idee fondanti di una disciplina che vuole avere responsabilità sociali. Ho scelto poi di approfondire l’economia e politica industriale, forse la più concreta delle economie applicate.
Fin dai primi anni dopo la laurea ho ritenuto di dovermi misurare con la realtà, mettendomi a disposizione delle istituzioni. Prima in Inghilterra alla Price Commission (1978-79), poi in Italia nella Commissione che doveva far fronte alla crisi dell’industria dell’automobile (1980-82). Dal 1984, e a più riprese, mi sono confrontato con i problemi dello sviluppo, in America Latina, poi in Cina e in Africa del Nord. In Europa ho svolto attività di ricerca per la Commissione europea sulla natura degli intangibles assets e politiche industriali. In Italia ho assunto incarichi che mi hanno portato a misurarmi con i problemi connessi alla privatizzazione, all’IRI dal 1997 al 2000, e quelli dell’occupazione nel Mezzogiorno (Sviluppo Italia, 1998-2000).
Per tutta la vita, tuttavia, sono rimasto uomo di università, prima come professore a Bologna nella mia Alma Mater, poi a Ferrara, dove sono stato preside di una facoltà che ho avuto l’onore di fondare e dove dal 2004 sono stato rettore. Nel 2011 mi è stata offerta l’opportunità di occuparmi di scuola, formazione, ricerca e di lavoro per la mia regione, l’Emilia-Romagna. Ruolo che, con impegno e orgoglio, ancora svolgo.
Nella mia attività di economista e nelle diverse esperienze istituzionali maturate nel tempo ho imparato una semplice lezione. Ho via via consolidato la certezza che l’unica vera forza in grado di muovere un’economia e di garantire lo sviluppo sono le persone. Non i singoli, non le persone sole, ma la collettività quando dimostra di essere in grado di riconoscersi in valori quali il rispetto reciproco e l’autonomia individuale e di darsi regole per competere e cooperare, condividendo obiettivi di prosperità. Oggi chiamiamo questa ricchezza “capitale umano” e sappiamo che quella buona economia, che in Europa definiamo intelligente, sostenibile ed inclusiva, deve saper coniugare la crescita con la coesione, costruendo capitale sociale, quell’insieme di conoscenze condivise, non appropriabili singolarmente e fruibili collettivamente che rappresentano le fondamenta di una comunità.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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