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Un paio di settimane fa il quotidiano Estense.com ha invitato i propri lettori a votare l’evento ferrarese dell’anno. Alle spalle del festival Internazionale, di ormai consolidata fama, i due avvenimenti culturali più significativi sono risultati la temporanea riapertura del teatro Verdi e la rassegna di designer MeMe exposed.
Particolare significativo, nella cabina di regia di queste due apprezzate proposte locali ha avuto un ruolo chiave l’architetto e docente universitario Sergio Fortini, eclettica figura di operatore culturale che concepisce la propria competenza professionale come un valore versatile, spendibile al servizio della città in ambiti non necessariamente riconducibili in senso stretto a quelli propri dell’architettura. “E’ stata una bella soddisfazione, anche se si è trattato di coriandoli di fine anno – afferma -. La verità è che Ferrara vanta un panorama culturale straordinario in termini di qualità e varietà dell’offerta e di ricchezza potenziale ancora in parte inespressa. In questa fase si avverte come la città stia cercando di reinventarsi, rielaborando idee sul sedime di manifestazioni già radicate; così crescono e fioriscono nuove attività come quelle che stiamo organizzando noi. Certo, è bellissimo entrare da outsider in una scenario tanto prestigioso”.

Quando Fortini dice “noi” si riferisce all’associazione Cultura della città che nel 2013, oltre alla riapertura del teatro Verdi, ha promosso, nei locali dismessi del mercato coperto di via Santo Stefano, l’iniziativa di Heritage market: interventi che hanno stimolato il confronto sul tema della gestione e valorizzazione del patrimonio storico e culturale. Ma parla anche di quanto è avvenuto nel medesimo spazio, fra la fine di dicembre e l’inizio di gennaio, con la rassegna MeMe, nata dalla collaborazione tra lo studio Sigfrida (principali ideatori del festival), Kuva Comunicazione, Uxa architettura, Canapè cantieri aperti e Ferrara Fiera e Congressi: un evento, questo, che ha orientato lo sguardo verso direzioni innovative per promuovere la giovane imprenditoria. “Preparare il futuro – recita il manifesto dell’iniziativa – facendo emergere la creatività giovanile ancora sommersa”.
“MeMe è il festival dei ‘maker’, i moderni artigiani che riescono a coniugare tradizione e innovazione, incorporando creatività e idee negli oggetti che realizzano: saperi antichi che vengono rielaborati con l’ausilio delle innovazioni tecnologiche – spiega Fortini -. Sono prodotti che potremmo definire di ‘nicchia larga’, realizzati attraverso dinamiche di processo standardizzate, ma adattabili progettualmente alle esigenze del singolo individuo, “customizzabili” come si usa dire. E questo vale anche per il delta dei prezzi, che possono oscillare fra pochi euro e alcune migliaia. Non è il prodotto seriale di bassa qualità, né l’extralusso esclusivo per benestanti”.
Il tema appassiona il nostro interlocutore. E la ragione ce la esplicita con chiarezza. “Quella dei maker non è una moda ma un’intrapresa che delinea un preciso filone economico sulla base del quale si può risollevare il destino di un’intera nazione”. Può apparire un’iperbole, ma Fortini argomenta: “Si attiva una duplice economia di scala, quella generata dai maker e dalle loro produzioni (accessibili a una larga fascia di pubblico e conformabili alle loro specifiche esigenze); e quella dei fablab, centri di servizio ai maker che consentono di tradurre idee e progetti in prototipi riproducibili in scala”.
A Reggio Emilia si trova il fablab più prossimo a Ferrara, uno dei primi e dei meglio strutturati, “un esempio brillante e lungimirante di spazio di lavoro e socialità”.
“Ogni maker – spiega – è portatore sano di un capitale narrativo: ha una storia da raccontare e un’idea da realizzare, e su questi presupposti si generano i fondamenti della relazione che lega il maker alle persone che concretamente lo aiutano a realizzare il suo progetto”.
E’ una visione, dunque, non è una semplice bolla, questa che si delinea: e prefigura un nuovo modello di sviluppo. “L’Italia della cento città, se fossimo nel migliore dei mondi possibili, avrebbe in ciascuna di esse un suo fablab, realizzato in osmosi fra pubblico e privato, come centro nevralgico di incontro di socialità e lavoro”.

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Sergio Gessi

Sergio Gessi (direttore responsabile), tentato dalla carriera in magistratura, ha optato per giornalismo e insegnamento (ora Etica della comunicazione a Unife): spara comunque giudizi, ma non sentenzia… A 7 anni già si industriava con la sua Olivetti, da allora non ha più smesso. Professionista dal ’93, ha scritto e diretto troppo: forse ha stancato, ma non è stanco! Ha fondato Ferraraitalia e Siti, quotidiano online dell’Associazione beni italiani patrimonio mondiale Unesco. Con incipiente senile nostalgia ricorda, fra gli altri, Ferrara & Ferrara, lo Spallino, Cambiare, l’Unità, il manifesto, Avvenimenti, la Nuova Venezia, la Cronaca di Verona, Portici, Econerre, Italia 7, Gambero Rosso, Luci della città e tutti i compagni di strada

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
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Francesco Monini
direttore responsabile


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