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da: ufficio stampa Crossroads

Seconda e ultima tappa a Rimini per l’edizione 2015 del festival itinerante Crossroads, organizzato da Jazz Network e dall’Assessorato alla Cultura della Regione Emilia-Romagna: sabato 25 aprile al Teatro degli Atti (con inizio alle ore 21:15) la scena sarà tutta per i virtuosismi vocali e strumentali di Raul Midón, per un concerto in esclusiva italiana. Midón si esibirà in completa solitudine, forte delle sue straordinarie doti di polistrumentista (oltre a cantare suona chitarra, pianoforte e percussioni). Il concerto è realizzato in collaborazione con il Settore Cultura del Comune di Rimini. Biglietti: intero euro 15, ridotto 12.

Comunque cerchiate di definirlo, ricorrendo alle aspettative sonore del cantautorato, del soul, del retroterra latineggiante, Raul Midón riuscirà sempre a spiazzarvi e a stupirvi, da vero ‘avventuriero’ della sei corde (nonché delle percussioni). Così è anche nel suo recente Don’t Hesitate, nella cui miscela di folk, funky cubano, jazz, R&B, si rivela tutta la contagiosa estroversione che Midón sa riversare nelle sue esibizioni live.
Midón, originario del Nuovo Messico, cieco sin dalla nascita (1966), è un cantautore nella cui chitarra si cela un’intera orchestra: la sua capacità di sovrapporre linee melodiche, riempimenti armonici e stacchi ritmici è di un abbagliante virtuosismo. Nel suo approccio, che comunque rimane inequivocabilmente personale, si possono cogliere tracce di altri poeti della voce & chitarra come Richie Havens, Sting e Paul Simon.
Trasferitosi in Florida negli anni Novanta, Midón partecipa a produzioni di pop latino. Lavora come corista in studio e in tour con star come Shakira, Julio Iglesias e José Feliciano. Presto inizia a girare voce del suo talento e nel 2005, dopo il trasferimento a New York, esce il suo primo disco da leader per una major (State of Mind, EMI Manhattan Records). Da allora sono arrivati album di sempre più sofisticata fattura e collaborazioni cinematografiche di rilievo (con Spike Lee). L’originalità del suo stile ha attirato l’attenzione di musicisti assai diversi, che hanno voluto suonare con lui: da Herbie Hancock a Stevie Wonder, Queen Latifah e Snoop Dogg.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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