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Da: Ferrara Musica.

Pur con la sobrietà che il momento attuale richiede, martedì 31 marzo 2020 l’Associazione Ferrara Musica festeggia un anniversario fondamentale della sua storia.

Sono passati infatti trent’anni da quel 31 marzo 1990, quando Claudio Abbado e i Berliner Philharmoniker tennero al Teatro Comunale di Ferrara uno storico concerto, che segnò il ritorno in Italia di quella che era ed è tuttora considerata l’orchestra più importante del mondo.

Va ricordato che nell’anno precedente, il 1989, il grande direttore milanese e fondatore di Ferrara Musica era stato eletto a succedere a Herbert von Karajan sul podio dei Berliner, e questa nomina aveva acceso ancora di più l’interesse del pubblico e della critica italiani nei suoi confronti.

L’evento, che portò Ferrara alla ribalta della cronaca nazionale, tenne banco per diversi mesi sui giornali, scatenando un’incredibile caccia al biglietto, assegni con importo in bianco inviati in biglietteria, code sotto i portici di Corso Martiri della Libertà, l’organizzazione di proiezioni in diretta nel maxi schermo allestito in piazza Trento e Trieste e in alcuni cinema del centro. Quella sera erano presenti, tra gli altri, Raoul Gardini, Giorgio Napolitano e Francesco Cossiga, il concerto venne ripreso dalla Rai e c’erano a “coprire” l’avvenimento tutti i più importanti quotidiani nazionali. Per l’occasione venne acquistata grazie al contributo dell’Unione Industriali di Ferrara ed installata la camera acustica che tuttora è in dotazione e in uso al Teatro Comunale.

Il concerto del 1990 divenne storico perché fu il primo di diversi tenuti da Abbado e dai Berliner a Ferrara, nell’ambito di un percorso musicale ben preciso che si chiarì e si sviluppò negli anni successivi. Quella sera vennero eseguiti sei brani dall’opera 6 di Anton Webern, la Sinfonia “Incompiuta” di Schubert e la Settima Sinfonia di Beethoven.

Ferrara Musica ricorda questo concerto con alcune delle straordinarie immagini che il fotografo Marco Caselli Nirmal scattò allora e che ha estratto per l’occasione dal suo archivio.

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Riceviamo e pubblichiamo


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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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