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da: ufficio Comunicazione ed Eventi Unife

Giovedì 12 giugno alle 17 a Palazzo Turchi Di Bagno

Taglio del nastro giovedì 12 giugno alle ore 17 a Palazzo Turchi Di Bagno, (c.so Ercole I D’Este 32), per l’inaugurazione della Mostra “Archetipi. Opere di Lena Papadaki”, realizzata in collaborazione con il Sistema Museale di Ateneo dell’Università di Ferrara, che si terrà fino al prossimo 30 luglio.
Originaria di Creta e attiva a Forlì dove si è trasferita negli anni Settanta, maestra ceramista nella tecnica millenaria del “lustro metallico”, l’artista propone un viaggio verso le origini concettuali delle forme e superfici che sono caratteristiche dell’immaginario visivo mediterraneo.
“La sostanza linguistica del termine ‘archetipo’ – spiegano gli organizzatori – rimanda a qualcosa di originario, a volte non immediatamente rammentato nelle cose che ci circondano. La ricerca artistica di Lena Papadaki affonda nelle matrici del linguaggio poetico della materia, inventando –cioè scoprendo e formando – le forme essenziali di un alfabeto espressivo che precede ogni altro linguaggio. Una poetica molto simile alla visione della natura dei primi pensatori e degli artisti che hanno caratterizzato la fase arcaica della produzione artistica del mondo mediterraneo al quale il lavoro di Lena si riconnette gettando un ponte fra epoche remote fra loro e realizzandole nel presente della poesia della materia”.
Nel periodo dell’esposizione sono stati organizzati tre eventi legati tematicamente alla mostra, che si terranno alle ore 18 nello spazio espositivo: mercoledì 18 giugno “Intorno a Medea”. Recital teatrale di Flavia Corina Di Saverio; mercoledì 25 giugno “Tecnica e tempo. Da Lena Papadaki alle radici del lustro” con relatore il Prof. Sauro Gelichi dell’Università Ca’ Foscari di Venezia; mercoledì 2 luglio “Giacimenti enigmatici: la poesia, la terra, l’arcaico”, seminario del Prof. Francesco Giardinazzo dell’Università di Bologna – sede di Forlì.

La mostra è visitabile da lunedì a giovedì dalle 9 alle18 ed il venerdì dalle 9 alle 17.

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UNIVERSITA’ DI FERRARA


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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