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da: organizzatori

Assieme alla mostra dedicata all’Argentina di Borges, Paolo Zappaterra presenta il suo nuovo corso

Poesia e paesaggio, cinema e vita. Il fotografo Paolo Zappaterra quest’autunno a Wunderkammer propone due percorsi dedicati alla bellezza e alla potenza dell’espressione: la mostra dedicata all’Argentina di Borges, visitabile fino a sabato 31 ottobre, e il corso “Cinema per fotografare”.
La mostra ha inaugurato venerdì 2 ottobre con una performance che ha intrecciato parole, musica e immagini, gli scatti più intensi realizzati dal maestro ferrarese nella patria del grande scrittore sudamericano, capaci di restituire assieme al dato fisico del territorio la suggestione letteraria. «Chi legge oggi la poesia? Purtroppo non sono in molti – spiega Zappaterra -. Per questo ho cercato di avvicinare le persone ai versi e al pensiero di Borges accostando i tanghi di Piazzolla e gli scatti che ho realizzato tra Buenos Aires e le province argentine negli anni Novanta. Cominciando con il colore dei paesaggi, niente a che vedere con i tramonti che si possono trovare su qualsiasi cartolina, e concludendo con il bianco e nero del reportage nella metropoli. All’epoca lavoravo lì come inviato, per la televisione, e nel tempo libero giravo il Paese con una Laika».
Chi volesse approfondire il lavoro svolto da Zappaterra può iscriversi al corso “Cinema per fotografare”, aperto sia a principianti che a professionisti, che si terrà il lunedì sera dalle 20 alle 24 nella stessa sede dell’esposizione, al piano terra di Palazzo Savonuzzi, in via Darsena 57, negli spazi gestiti dal consorzio Wunderkammer.
«Credo che spesso il cinema sia capace di lasciare un segno più profondo. Quante volte abbiamo pianto per un film? E quante per una fotografia?» – questo è il presupposto alla base delle lezioni, che cominceranno con la proiezione di alcune pellicole significative. «Ho scelto titoli che trattano uno dei temi più importanti soprattutto per i giovani: la difficoltà delle relazioni. Cominceremo con “Sabato sera, domenica mattina”, opera del 1960 realizzata da Karel Reisz. Si arriverà anche ad Orson Wells, riferimento imprescindibile per quanto riguarda la fotografia». Il corso si chiuderà con diverse uscite, per interpretare originalmente i luoghi ferraresi entrati nella memoria del cinema italiano, luoghi legati a opere come “Il grido” di Michelangelo Antonioni e “Ossessione” di Luchino Visconti. «Vorrei che queste lezioni non fossero appuntamenti dove assorbire passivamente, ma sollecitazioni – conclude Zappaterra -. La macchina fotografica è uno strumento, i partecipanti dovrebbero usarla come una penna, per raccontare ciò che considerano la cosa più importante in questo momento. Il coinvolgimento emotivo che viene dal cinema aiuta questo processo, che è un processo di lettura della realtà».
Sia la mostra “L’Argentina di Borges”, visitabile su appuntamento, che il corso “Cinema per fotografare” sono organizzati dall’associazione Basso Profilo per il progetto God save the Green, che nell’autunno 2015 svilupperà attraverso varie attività il tema del paesaggio e dell’immaginario.
Per informazioni e prenotazioni scrivere a info@rigenerazioneurbana.org

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

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Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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