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Da: Dario Maresca

Tempi straordinari richiedono donne e uomini straordinari, ne stiamo avendo prova in questo momento nuovo e drammatico, dove avvertiamo la forza di tanti professionisti, sanitari e non solo, di tanti cittadini e imprenditori che si adoperano con creatività per reinventarsi e per essere d’aiuto agli altri, di tanti genitori che sanno trasformare le monotone giornate in casa in sempre nuove avventure per i propri figli.
E noi, politici e amministratori ferraresi, saremo all’altezza del tempo straordinario e grave in cui ci siamo trovati, chi al governo chi all’opposizione, a dover amministrare la nostra comunità?
Me lo domando in questi giorni e sento che dovremmo avere il coraggio di osare qualcosa di nuovo, abbandonando il solito modo di fare politica per dimostrarci capaci di creare coesione e non divisione in un frangente tanto difficile.
Lunedì scorso il Papa, facendosi voce direi di un sentire morale universale prima che religioso, ha chiesto che i politici cerchino il bene della comunità e non quello della propria parte politica, e credo che sia un desiderio molto diffuso, anche se continuamente smentito dalla scena politica.
Allora vorrei fare una proposta, riprendendo e allargando quanto già avevo proposto durante l’ultimo consiglio comunale: abbandoniamo per un po’ i soliti strumenti della politica (che tanto si sono sviliti nel tempo), le polemiche, le frecciate, le reciproche invettive tra maggioranza e opposizione, la preclusione gli uni alle idee degli altri. Mettiamoci tutti insieme al lavoro per il bene della nostra comunità. Oso anche di più: per quanto possibile accantoniamo il metodo delle decisioni a votazione, sforziamoci di sederci attorno ad un tavolo, maggioranza, minoranza, ma anche rappresentanti della società, e di ragionare e confrontarci fino ad arrivare a scelte condivise. È un modo diverso e forse più pieno di esercitare la democrazia, che tanti di noi già sperimentano in contesti associativi o lavorativi, e funziona nella misura in cui si condivide l’obiettivo di fondo e si accetta il punto di vista dell’altro. La maggioranza dovrà fare lo sforzo di considerare che solo integrando le idee delle opposizioni si dà conto della totalità della cittadinanza, e la minoranza dovrà riconoscere il giusto peso a chi è stato scelto dalla maggioranza dei votanti.
Una sorta di armistizio partitico, da qui a fine anno, per dire che vogliamo rialzarci insieme da questo momento drammatico, per dire che le polemiche politiche sono piccola cosa rispetto al cataclisma che ci ha colpiti.
Non penso alla creazione di tavoli o strumenti ad hoc: usiamo le commissioni consiliari, allargate di volta in volta a rappresentanti delle categorie, dei lavoratori e del terzo settore, per confrontarci ed elaborare proposte, invece che per difendere o attaccare a prescindere le proposte della giunta. Gli assessori convochino riunioni anche informali, con la rappresentanza di tutte le parti politiche, per esporre le questioni e costruire insieme soluzioni. Ci aspetta un intenso lavoro: il bilancio del Comune va in larga parte riscritto, dovremo dare risposte ai tanti che usciranno più fragili economicamente o socialmente da questa emergenza sanitaria, dovremo probabilmente ripensare gran parte delle proposte e delle attività che il Comune organizza o sostiene, dovremo ridisegnare una serie di servizi. Dovremo ridare un volto al nostro stare insieme.
Sarebbe stupido pensare che tutto questo lavoro straordinario non possa che essere migliore ascoltando il contributo di tutti e se tutti siamo concentrati per rispondere alle necessità della nostra comunità piuttosto che strumentalizzare polemicamente ogni scelta o proposta.
È chiaro che questo vorrebbe dire rimodulare le posizioni più divisive per definire un orizzonte comune (che poi lo troviamo già nella Costituzione e nelle dichiarazioni dei diritti dell’uomo). Dovremmo fare reciprocamente dei passi di avvicinamento. Parto io indicando un passo che mi aspetterei dalla destra (e lascio alla destra indicare quelli che vorrebbe dal centrosinistra e dai cinque stelle): il sostegno e l’assistenza per questo periodo emergenziale devono essere indirizzati in modo universale a chi ha più bisogno, a prescindere da altri fattori.
Rispondo in anticipo a due facili obiezioni. La prima è che le posizioni sono troppo distanti e che per tanti motivi il dialogo è già troppo compromesso. Lo capisco, costerebbe molta fatica anche a me, ma se i passi incontro sono reciproci e veri è preferibile per il bene comune fare quei passi faticosi piuttosto che restare nel proprio orizzonte di riferimento, più comodi ma fermi. Credere nella democrazia vuol dire anche questo.
La seconda è che è facile per me fare una proposta del genere adesso che sono in minoranza, ma che non lo proponevo quando ero in maggioranza. Vero, ma un momento come questo non l’abbiamo mai vissuto, non possiamo sapere come ci saremmo comportanti a parti invertite, ed è di fronte a questa drammatica novità che avanzo questa idea.
Sarebbe solo per un certo periodo, poi dal 2021 potremmo tornare ai nostri programmi, alla critica intransigente e ai facili mezzi per acquisire consenso, ci resterebbe comunque tutto il tempo prima delle prossime elezioni; male non ci può fare (anzi può essere che ci accorgiamo che ci piace lavorare così).
È vero, forse per un’operazione del genere servirebbe una statura politica che noi non abbiamo, ma nei momenti straordinari ciascuno di noi è capace di tirare fuori risorse inaspettate, perciò io dico che ci potremmo provare.
Io sono disponibile, ma funziona solo se lo facciamo tutti.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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