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Ogni giorno un brano intonato alla cronaca selezionato e commentato dalla redazione di Radio Strike.

[per ascoltarlo cliccare sul titolo]

Soon soon soon di Kevin Ayers

Ormai è da due giorni che se ne parla e ho questo peso qui che mi vorrei togliere.
Sono un fan dei Nirvana da quando avevo 13 anni quindi penso di potermelo permettere.
Premetto che sono molto contento per i fan dei Foo Fighters e Dave Grohl, nonostante tutto, continua anche a starmi simpatico.
Ma questa colata di melassa e buoni sentimenti da spot del panettone mi fa davvero vomitare.
E insieme ad un’altra cosa successa in questi giorni, mi spinge a riflettere sulle varie percezioni della musica che abbiamo in questi anni strani.
Vedi te il caso, ‘st’altra cosa cosa che è successa è di nuovo legata all’ultima band “pre-internet” ovvero i Nirvana.
Magari importerà a pochi ma quest’autunno i Flipper (sì, il-gruppo-della-maglietta-di-Cobain) faranno tre date in Italia (sì, solo qua per ora…) con David Yow dei Jesus Lizard alla voce.
Come tanti sono un fan dei Flipper principalmente per colpa dei Nirvana.
E c’ho fatto una malattia come pochi quindi questa notizia mi fa vomitare quanto la melassa di prima.
Mi pare abbastanza squallido venire a fare tre date in questo paese ormai culturalmente (e non solo) da terzo mondo con un cantante di sicuro richiamo.
Tutto questo “solo” perché la vera voce dei Flipper non può girare per motivi di salute.
Mi ricordo che quando quest’idea è saltata in testa a qualcuno dei Doors superstiti è successa una cosa secondo me molto giusta: il batterista si è mosso a livello legale e ha ottenuto un sacrosanto divieto all’utilizzo del nome “Doors” per quella pagliacciata.
Adesso a me di queste due notizie non importa troppo.
Mi importa delle riflessioni che possono saltar fuori.
Quindi chiuderei con un po’ di punti di vista personali.
Tollero senza problemi l’intrusione del capitalismo nel r’n’r come lo tollero nella mia vita di tutti i giorni.
Tolleravo anche Bono Vox con la sua missione bontà.
Almeno aveva una sua funzione, come le freccette.
E infatti con il suo cameo in South Park abbiamo riso tutti.
Aggiungo le ultime due cose però:
1) quando una storia, un percorso musicale arrivano a una fine “naturale”, basta per favore.
2) di nuovo, per favore: fuori il Piccolo Principe dal r’n’r.
Chi ha orecchie per intendere in tenda. Gli altri dormano dove capita. Tanto stiamo dormendo tutti.
Chiedo scusa ma in questi giorni mi è tornato fra le mani “Super Natural Strategies For Making a Rock And Roll Group” di Ian Svenonius e come sempre, rileggendolo le domande fioccano. Consiglio anche il suo libro precedente, “The Psychic Soviet”.
Per oggi quindi lascio la parola a una persona che ha sempre saputo leggere i momenti e se necessario tenere la bocca chiusa e/o prendersi il proprio tempo.

image Selezione e commento di Andrea Pavanello, ex DoAs TheBirds, musicista, dj, pasticcione, capo della Seitan! Records e autore di “Carta Bianca” in onda su Radio Strike a orari reperibili in giorni reperibili SOLO consultando il calendario patafisico. xoxo <3

Radio Strike è un progetto per una radio web libera, aperta ed autogestita che dia voce a chi ne ha meno. La web radio, nel nostro mondo sempre più mediatizzato, diventa uno strumento di grande potenza espressiva, raggiungendo immediatamente chiunque abbia una connessione internet.

Un ulteriore punto di forza, forse meno evidente ma non meno importante, è la capacità di far convergere e partecipare ad un progetto le eterogenee singolarità che compongono il tessuto cittadino di Ferrara: lavoratori e precari, studenti universitari e medi, migranti, potranno trovare nella radio uno spazio vivo dove portare le proprie istanze e farsi contaminare da quelle degli altri. Non un contenitore da riempire, ma uno spazio sociale che prende vita a partire dalle energie che si autorganizzano attorno ad esso.

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Radio Strike


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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Francesco Monini
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