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(Pubblicato il 6 gennaio 2016)

Mappare, informare, mostrare, conservare: ecco una serie di appunti pratici di cose da fare per una città pervasa di stimoli, in grado di generare conoscenza. Scopo: passare da un modello astratto, idealtipico, a un luogo reale, da vivere subito, concretamente. La nostra città, Ferrara, arricchita in poche mosse.

Primo punto: far sapere. Questo è il vero problema, non certo la mancanza di offerta. Eppure si sente dire spesso – a sproposito – che a Ferrara non capita mai niente. Vero magari in ambito imprenditoriale. Ma nulla di più falso se si parla di cultura. A Ferrara si svolge una quantità impressionante di eventi e di iniziative, ogni giorno ci sono occasioni interessanti di incontro e confronto. Pensiamo non solo ai festival o agli appuntamenti ricorrenti, ma a dibattiti, mostre, concerti, proiezioni; ai trecento e passa incontri che si tengono ogni anno in biblioteca e alle quotidiane iniziative organizzate da istituzioni pubbliche e associazioni private. Tanto per dire: nei due weekend compresi fra la fine di settembre e l’inizio di ottobre in città si sono svolti Unifestival, il Premio Estense, la rassegna di Music Emergency, le conferenze dell’istituto Gramsci sulla democrazia, la mostra sulla Videoarte ai Diamanti, la rassegna gastronomica “L’Europa a Ferrara” e il Ferrara tango festival all’acquedotto, il concerto per Federico Aldrovandi, gli eventi “Iperurbs” di Wunderkammer legati alla valorizzazione del Volano, la mostra “Muse, donne in bicicletta”… E qualcosa certamente dimentichiamo. Ma è solo un esempio.

Il fatto è che spesso le cose non si sanno, forse perché è carente o inappropriata l’informazione e non c’è una corretta e capillare promozione degli eventi. Eppure i giornali e la tv la loro parte la fanno. Listone magazine pubblica persino una comoda agenda degli appuntamenti, gli organizzatori in genere diffondono newsletter a soci e simpatizzanti, ma evidentemente non basta. Perché sono in tanti a lamentarsi che non c’è niente. Salvo poi scoprire in ritardo (e magari rammaricarsi) di avere perso questo o quell’appuntamento.

Ferraraitalia è promotrice di un manifesto-appello per ‘Ferrara città della conoscenza’ che ha già raccolto oltre 140 adesioni [leggi]. Il presupposto è che tutta la vita è apprendimento, l’obiettivo è che la città fondi la propria crescita sul sapere e per questo ne favorisce la ricerca, la creazione, la condivisione, la valutazione, il rinnovo e l’aggiornamento continuo. Di questi temi si è recentemente discusso anche all’interessante ‘world caffè’ organizzato alla Città del ragazzo.

Un buon primo passo sarebbe quello di far conoscere da subito ciò che già si fa, informando capillarmente per favorire la partecipazione. Servirebbe dunque una banca dati condivisa che potesse fungere da luogo di raccolta e distribuzione delle informazioni, in cui ciascun soggetto inserisse i propri eventi e al quale ciascun cittadino potesse accedere: un’agenda digitale online consultabile attraverso il web da qualunque postazione pubblica o privata, attraverso varie chiavi di interrogazione (tema, data, luogo, relatori, organizzatori…). Ci provò una decina d’anni fa la Camera di commercio a mettere in piedi una cosa del genere, ma i tempi probabilmente non erano maturi. Oggi lo sono.

A monte, per quanto possibile, sarebbe opportuno coordinare le attività onde evitare o limitare le sovrapposizioni. In questo senso l’agenda digitale agevolerebbe anche gli organizzatori che, consultandola preventivamente, avrebbero l’opportunità di stabilire giorni e orari in considerazione di quanto già programmato e inserito in banca dati.
Mentre per divulgare l’informazione, oltre a utilizzare i canali pc, tablet, smartphone, auspicabile sarebbe l’uso di tabelloni elettronici connessi alla rete e dislocati in vari punti della città, non solo del centro ma anche dei quartieri esterni e dei principali accessi urbani.

Utile risulterebbe anche una newsletter destinata agli utenti iscritti all’ipotizzato servizio di agenda digitale. Al riguardo, detto per inciso, è incomprensibile che le pubbliche amministrazioni ancora non provvedano ad acquisire un’anagrafe digitale che, accanto ai principali dati sensibili di ciascun cittadino residente (nome e indirizzo), includa anche il recapito mail per la trasmissione di informazioni e documenti digitali.
Nel nostro caso un database del genere sarebbe utilissimo (passo preliminare) per realizzare un censimento dei bisogni formativo-culturali, tracciare una mappatura degli utenti dei servizi, favorire l’aggregazione di comunità web, promuovere forum e confronti tematici, agevolare lo scambio di esperienze, ricevere feedback e richieste, focalizzare tematiche e problemi da approfondire sulla base degli interessi espressi, anche per fornire ad a enti e associazioni elementi di orientamento delle loro attività.

Secondo punto: far vedere. Si può immaginare uno sforzo ulteriore: non solo far sapere, ma mostrare. Ecco, allora, un impegno mirato a ‘portar fuori’ gli eventi, farli uscire dai luoghi chiusi e sfruttare le piazze, i giardini, i parchi pubblici, ossia i luoghi dove le persone si muovono, affinché possano ‘inciampare nel sapere’, trovarlo anche senza cercarlo, imbattercisi anche senza una precisa intenzione. Replicare cioè quel meccanismo trascinante tipico dei festival, quando le città sono invase dalla cultura e dagli spettacoli.

Quello atmosferico è un problema superabile. Parlando della nostra città, si può osservare come Ferrara sia ricca di portici e di luoghi coperti contigui alle piazze, che potrebbero fungere da riparo in caso di condizioni avverse. Qualche esempio? La galleria Matteotti e il portico di San Crispino accanto al Listone. E, sempre nei paraggi, i portici di via Gobetti, tristi a causa dei negozi ormai quasi tutti chiusi: rianimarli non sarebbe male… In fondo a San Romano c’è il chiostro della chiesa sconsacrata che ospita il museo della cattedrale. Sul fronte di Porta Reno la chiesa di San Paolo di portici ne ha due, accessibili da piazzetta Schiatti e dallo sterrato attualmente inutilizzato sotto la torre dei Leuti, all’angolo con via Capo della Volte. E anche davanti alla banca c’è un ampio loggiato.
Ma c’è un piccolo portico anche nella piazza del Municipio e un altro accanto a piazzetta Sant’Anna. E poi ce n’è uno lungo e suggestivo in piazza Ariostea, quello delle suore Stimmatine. E poi in piazza Savonarola e dai giardini del castello. L’elenco potrebbe continuare ed estendersi alla periferia. Questo per dire che immaginare di organizzare eventi all’aperto non è assurdo perché molti spazi sono riparati o vicini a luoghi pubblici coperti, come appunti portici e loggiati.
Fare ‘cultura in piazza’ con continuità per tutto il tempo dell’anno, oltre a garantire visibilità immediata offrirebbe una forte e trascinante sensazione di fervore, di laboratorio sempre attivo, di città che pulsa sapere e conoscenza. Appunto.

Terzo passo: conservare. Infine sarebbe necessario serbare memoria. A vantaggio di chi è interessato ma non ha la possibilità di esserci e magari di chi vuole rivedere e riascoltare, offrire l’opportunità di recuperare i materiali in forma audiovisiva, creando archivi multimediali e banche dati accessibili online che consentano di rivedere e ascoltare. In questo modo si garantisce l’opportunità di un ‘accesso differito’ e si salvaguarda la documentazione di ciò che si è fatto.. Trattenere in un archivio multimediale – accessibile gratuitamente a tutti – reperti audio e video di eventi, incontri, conferenze è un dovere civile.
Non si deve pensare a grandi costi per un’operazione del genere. Tecnicamente la realizzazione non comporta oneri significativi. E prevedibilmente gli organizzatori e gli stessi utenti volentieri potrebbero collaborare, conferendo i loro filmati, le loro immagini fotografiche, le loro registrazioni digitali. Servirebbe principalmente un lavoro di coordinamento e di razionalizzazione. Ma in questo modo si preserverebbe e si renderebbe fruibile nell’interesse di tutti (e senza barriere spazio-temporali) un grande patrimonio che ora va colpevolmente disperso.

Una ‘città della conoscenza’ è ben più delle cose elencate e realizza un progetto per certi versi rivoluzionario. Ma mentre si ragiona dei suoi connotati e si definiscono le linee teoriche di sviluppo è bene anche cominciare concretamente a declinare in azione l’intenzione, traducendo i presupposti astratti in piccole ma significative esperienze.

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Sergio Gessi

Sergio Gessi (direttore responsabile), tentato dalla carriera in magistratura, ha optato per giornalismo e insegnamento (ora Etica della comunicazione a Unife): spara comunque giudizi, ma non sentenzia… A 7 anni già si industriava con la sua Olivetti, da allora non ha più smesso. Professionista dal ’93, ha scritto e diretto troppo: forse ha stancato, ma non è stanco! Ha fondato Ferraraitalia e Siti, quotidiano online dell’Associazione beni italiani patrimonio mondiale Unesco. Con incipiente senile nostalgia ricorda, fra gli altri, Ferrara & Ferrara, lo Spallino, Cambiare, l’Unità, il manifesto, Avvenimenti, la Nuova Venezia, la Cronaca di Verona, Portici, Econerre, Italia 7, Gambero Rosso, Luci della città e tutti i compagni di strada

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Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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