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La vigilia è un giorno di aspettative. La vigilia di Natale è attesa, suono di campane, fede, rito e leggenda. Per rendere l’atmosfera nell’aria a Luciana Guberti non servono tante parole, l’invito è lasciarsi trasportare. In una seconda poesia l’autrice si interroga sul perchè pensa e parla in dialetto: i ricordi dell’infanzia, le espressioni dei familiari, il richiamo del focolare, gli angoli del paese sono le radici della sua esistenza.

La vźìlia ad Nadàl

La vźìlia ad Nadàl
l’è uη gióraη speciàl..!
T’al sént int la źént
chi’è tuti cuntént
i t’al diś ill campàη
che a festa li sóna
da vśin e luntàn.
I t’al diś i culór e tant lampadìη
che i s’impìza e i sa śmorza
su fnèstar e zardìη.
La vźìlia ad Nadàl
l’è uη gióraη speciàl…
parché a meźanòt i’ànźul dal ziél
i’arcòrda a la źént,
cmè cla nòt ai pastór,
che a nas nòstar Sgnór
int na stala, col fréd, seηza gnént!
Ma iη véta ala stala
agh’è granda na stéla
coη la cóa luśénta
c’la fa luś aηch par déntar,
e par chi vol capìr,
aη gh’è àltar da dir..!

La vigilia di Natale
La vigilia di Natale / è un giorno speciale..! / Lo senti nella gente / che è tutta contenta, / te lo dicono le campane / che suonano a festa / vicino e lontano. / Te lo dicono i colori e tante luminarie / che si accendono e si spengono / sulle finestre e nei giardini. / La vigilia di Natale / è un giorno speciale… / perché a mezzanotte gli angeli del cielo / ricordano alla gente, / come quella notte ai pastori, / che nasce il nostro Signore / in una stalla, col freddo, senza niente! / Ma in cima alla stalla / c’è grande una stella / con la coda lucente / che fa luce anche dentro, / e per chi vuol capire, / non c’è altro da dire..!

 

Parché al dialèt

“Parché iη dialèt?” al m’à dmandà uη profesór un dì.
Mi, lì par lì, ag ho rispòst: “Parché l’im vien acsì!”.
Ma la risposta giusta, da dar al profesór,
l’era lugàda déntar int al me cuór
e al n’è sta fàzil niaηch par mi, capìr par ben,
al parché acsì l’im vien.
Al me scrìvar in dialèt l’è turnàr int la cuna,
l’è la téta ad me mama,
l’è ciuciàr in sla tomàna
e acsì pulacìda, far aηch uη sunìη,
col me zié e me mama clì zcór piaη pianiη…
L’è al profum dill ciapeli iη sla piastra dla stùa,
l’è l’udór dla calìźna dal camin ad ca’ tóa,
l’è me fradèl, coη mi sóra ill spal,
ch’à rid e al cmand cmè s’al fuss uη cavàl.
L’è me babo c’al riva coη zastìn ad sfuracèl,
l’è me mama c’la sténd coη corda e furzèl.
L’è la Madona ad piazéta, coη set spad int al cuór,
c’l’at guarda int i oć seηza raηcór,
i’è ill radìś dla me vita, iηgumbiàdi int al pet,
che quand i fa uη fiór al zcór in dialèt.

Perché il dialetto
“Perché in dialetto?” mi ha chiesto un giorno un professore. / Lì per lì, gli ho risposto: “Perché mi vien così!”. / Ma la risposta giusta, da dare al professore, / era nascosta dentro al mio cuore / e non è stato facile neanche per me capire bene, / perché così mi viene. / Il mio scrivere in dialetto è tornare nella culla, / è la tetta di mia mamma, / è succhiare sull’ottomana / e così appollaiata, fare anche un sonnellino, / con mia zia e mia mamma che parlano pianino… / È il profumo di fette di frutta sulla piastra della stufa, / è l’odore di caligine del camino di casa tua, / è mio fratello, con me sulle spalle / che rido e lo comando come fosse un cavallo. / È mio babbo che arriva con un cestino di spugnole, / è mia mamma che stende con corda e forcella. / È la Madonna della piazzetta, con sette spade nel cuore, / che ti guarda negli occhi senza rancore; / sono le radici della mia vita, aggrovigliate nel petto, / che quando fanno un fiore parla in dialetto.

Tratte da: Luciana Guberti, La piazéta, poesie recitate dall’autrice, CD, Modena, Forte House, 2006.

Luciana Guberti
(Bondeno 1935) Orologiaia di Bondeno, con la famiglia ha condotto per anni lo storico negozio laboratorio avviato dal padre Leonello nel 1926 e ubicato int al Stracantón (angolo via Turati). Inizia scrivendo zirudele per gli amici e in parrocchia. Socia del Tréb dal Tridèl, ha ricevuto riconoscimenti e premi in concorsi provinciali e regionali.

Al cantóη fraréś: testi di ieri e di oggi in dialetto ferrarese, la rubrica curata da Ciarin per Ferraraitalia, esce ogni 15 giorni al venerdì mattina. Per leggere le puntate precedenti clicca [Qui] 

Cover: Davanzale invernale, foto di Marco Chiarini

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Ciarin


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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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Francesco Monini
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