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Da: Ufficio Stampa Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah – Meis

Prorogata fino a domenica 10 marzo la mostra di Dani Karavan “Il Giardino che non c’è”, allestita al Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah (Via Piangipane 81, Ferrara). Ispirata dal “Giardino dei Finzi-Contini” di Giorgio Bassani (che sotto il regime fascista fu detenuto proprio nel carcere poi trasformato in MEIS) e dall’omonimo film di Vittorio De Sica, si snoda tra il modello del Giardino e diversi materiali dell’installazione pensata da Karavan per la città di Ferrara, il manoscritto originale del romanzo di Bassani e un itinerario tra alcuni degli oltre cinquanta lavori site specific firmati dallo scultore israeliano in giro per il mondo: il memoriale sui Sinti e i Rom a Berlino, la camminata sui diritti umani a Norimberga, l’omaggio a Walter Benjamin a Portbou e il monumento al deserto nel Negev.

Il biglietto di ingresso unico da 8 € comprende, poi, il docufilm “Eravamo italiani”, commissionato dal MEIS al regista Ruggero Gabbai su iniziativa della Presidenza italiana dell’IHRA – International Holocaust Remembrance Alliance nel 2018. Prodotta con il contributo del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, la pellicola raccoglie le testimonianze dei sopravvissuti italiani alla Shoah.

Ad attendere i visitatori al MEIS anche lo spettacolo multimediale “Con gli occhi degli ebrei italiani”, a cura di Giovanni Carrada (tra gli autori di “Superquark”) e Simonetta Della Seta (Direttore del Museo): duemiladuecento anni di storia e di cultura italiana in ventiquattro minuti, visti e raccontati attraverso gli occhi degli ebrei.

Dagli occhi si passa alle voci, con i totem de “Lo Spazio delle domande”, dove gli ebrei ferraresi spiegano il proprio rapporto con l’ebraismo.

E se il percorso espositivo “Ebrei, una storia italiana. I primi mille anni” è attualmente in fase di riallestimento (riapre martedì 12 marzo), al MEIS il pubblico può passeggiare nel Giardino delle Domande che, tra piante di alloro, mirto, timo, lavanda e maggiorana, disegna quattro percorsi alimentari (uova, pesce, carne e latte), illustrando che cosa prescrive la normativa ebraica sul cibo e quali sono gli ingredienti di alcune ricette casher.

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di Piermaria Romani

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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Francesco Monini
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